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Parma. “Donna o madre?”. I danni della propaganda antiabortista

Oggi 10 aprile l’amministrazione comunale di Sorbolo (PR) ha promosso una giornata di riflessione sulla maternità invitando come unica relatrice una dottoressa antiabortista. Secondo voi, alla domanda che risuona come titolo dell’iniziativa “donna o madre?”, lei quale risposta potrà dare? Qual è il senso della scelta dell’uso della negazione “o” tra le parole “donna” e “madre”? Si sottende forse che le “vere donne” debbano essere per forza madri?
Questa espressione rinvia alla vecchia dicotomia tra “sante” e “puttane” utilizzata per normare i nostri comportamenti. Rimanda inoltre al “mito della donna del focolare” di fascista e clericale memoria in cui la “vera donna” è relegata a ruoli di cura familiare.
Noi siamo stuf* delle ingerenze delle istituzioni e della chiesa nella nostra sfera privata, sui nostri corpi, e non ci stancheremo mai di batterci per l’autodeterminazione delle donne, per la libera sessualità e la libera maternità! Crediamo che non esistano dei “ruoli di genere” a cui le donne e, le persone in generale, debbano essere ricondotte “naturalmente” e che la nostra sessualità non possa essere vista solo ai fini riproduttivi e possibilmente all’interno del matrimonio. Crediamo che la genitorialità debba essere una scelta! Ognuna dovrebbe poter scegliere se essere madre o meno e come esserlo, senza per questo essere giudicata, considerata “anormale”.
L’“istinto materno” non esiste in tutte! Troppo spesso le donne introitano la cultura sessista dominante e al momento della scelta sulla propria maternità non sono effettivamente libere: potrebbero in un attimo diventare da “sante”, “peccatrici”! Spesso poco conoscono sulla propria sessualità, sui metodi anticoncezionali ecc. a causa di una sorta di tabù sull’argomento e ai pochi momenti di confronto pubblici e privati sul tema. Troppo spesso la maternità, inoltre, non può essere una scelta, a causa della quota eccessiva o totale di personale sanitario obiettore di coscienza negli ospedali o in altri presidi sanitari (ricordiamo a tal proposito che la pillola anticoncezionale non è un farmaco abortivo e quindi non può essere oggetto di obiezione di coscienza) e delle lungaggini burocratiche per l’interruzione volontaria di gravidanza (sia essa chirurgica o farmacologica).
E affinchè la maternità sia veramente un’opzione da perseguire con responsabilità, piuttosto che discorsi moralisti, paternalistici e colpevolizzanti nei confronti delle donne che ad esempio scelgono l’aborto, dovremmo ragionare sulle condizioni socio-economiche in cui le donne sono spesso costrette a vivere proprio a causa della classe dirigente, di destra e di sinistra, che poi si dice attenta alla famiglia! In altri termini, non è possibile svincolare il discorso della maternità da un discorso di classe in termini anticapitalistici, da una riflessione sul lavoro, sulle necessità abitative, la libera circolazione e l’eguale accesso alle risorse. Vogliamo scegliere noi quando e come essere genitori e vogliamo piuttosto essere mess* nelle condizioni di farlo liberamente!

Coordinamento Antisessista Parma

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