Bologna sta diventando una città governata dalla questura più che dagli organi rappresentativi di cui sarebbe il compito.
Ieri l’ultimo grave attacco è stato quello di intervenire con la polizia celere per bloccare preventivamente una festa regolarmente programmata alla facoltà di Scienze Politiche da parte del collettivo Hobo. Agenti della Digos supportati dai poliziotti in antisommossa hanno identificato e poi allontanato i militanti dalla facoltà per poi chiuderla alle ore 18. La scena si ripete poco dopo in un’altra sede universitaria in Fillpo Re, dove nuovamente la celere interviene per bloccare gli stessi militanti che stanno provando a spostare la festa.
Uno schieramento di forze di tale portata all’interno dell’università non si vedeva da anni, e l’immagine della polizia che blocca l’entrata di una facoltà è preoccupante guardato da qualunque prospettiva, non solo quella dei collettivi militanti ma anche più in generale della vita democratica di Bologna.
Dopo una lunghissima serie di decreti penali in assenza di sentenza, dopo la militarizzazione della manifestazione #libertàdidimora del 26 settembre, e contemporaneamente alla notifica di 20 denunce per i fatti dell’8 novembre durante la provocazione di Salvini (denunce a orologeria in attesa della prossima provocazione del fascio-leghista alla città lʼ8 novembre), l’università chiusa dalla polizia è l’ennesimo campanello di allarme per la salute democratica della città. Toccherà ora ai Bolognesi mostrare se vogliono continuare a essere governati dalla questura.
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