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Allarme in Val Susa: due donne morte di amianto

La Procura di Torino sta indagando su due casi di decessi per mesotelioma pleurico (infermità di tipo tumorale) che potrebbero essere riconducibili all’esposizione all’amianto nella zona tra Oulx e Sauze d’Oulx, nell’alta Val di Susa. I due episodi sono emersi dalle analisi epidemiologiche realizzate dall’Arpa regionale del Piemonte nella zona su incarico del pubblico ministero di Torino, Raffaele Guariniello. Le due donne decedute coltivavano terreni nelle frazioni di Jouvenceaux, a Sauze, e San Marco di Oulx e, secondo l’indagine, non svolgevano altre attività che avrebbero potuto esporle direttamente all’amianto. Due casi su 300 abitanti nella zona, evidenziano dalla Procura, mostrerebbero un’incidenza 2-3 volte superiore, in proporzione, a quella registrata a Casale Monferrato, paese in provincia di Alessandria che però è stato per decenni sede di uno stabilimento della Eternit che lavorava proprio l’asbesto. La spiegazione per l’altissima incidenza dei mesoteliomi nell’Alta Val di Susa potrebbe essere che nel terreno delle frazioni dove vivevano le due donne ci sarebbero diversi affioramenti di rocce amiantifere che con la lavorazione dei campi potrebbero essersi sbriciolate rilasciando la pericolosa polvere nell’aria. Se questa è la spiegazione emerge con ancora più forza la pericolosità degli scavi per il tunnel dell’Alta Velocità – la linea Torino-Lione – da sempre denunciata dal movimento no Tav oltre che da numerosi geologi. In passato circa 80 medici di base delle zona avevano denunciato in un appello la pericolosità della costosa e inutile grande opera proprio per le conseguenze della forte presenza di amianto – e di uranio – nelle rocce della Val di Susa.

I magistrati devono ora valutare i primi provvedimenti delle amministrazioni locali che, avvalendosi proprio di un geologo, hanno adottato una variante al piano regolatore che vieta l’edificazione su 300 ettari di territorio a causa dell’alta presenza di amianto. Rimane però aperto il problema di una manutenzione e di una gestione di fognature, acquedotti, linee elettriche interrate che eviti la dispersione delle fibre di amianto. Oltre ad evitare che le popolazioni della valle vengano esposti alle fibre cancerogene, il problema è anche proteggere gli operai che eseguono gli scavi e le movimentazione di terra.

Per la prima volta in Belgio, il Tribunale correzionale di Bruxelles ha condannato nei giorni scorsi la società Eternit a risarcire, con 250mila euro, la famiglia di una vittima dell’amianto. La decisione dei giudici di Bruxelles – accolta da applausi e grida di gioia di familiari ed esponenti delle associazioni che si erano costituite parte civile – giunge in anticipo di pochi mesi sulla sentenza italiana – attesa a partire dal 13 febbraio – nel più grande processo per amianto d’Europa per numero di imputati e casi relativi. In Italia, la Procura di Torino procede per migliaia di persone morte o ammalate a causa dell’amianto lavorato in quattro stabilimenti italiani della multinazionale: Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). I fatti contestati vanno dal 1952 al 2008. Le parti civili ammesse dal Tribunale sono oltre seimila, principalmente ammalati (di asbestosi, tumori e altre patologie) o parenti di vittime.

Nel caso belga la vittima è una donna, Francoise Jonckheere, abitante a Japelle-op-den-Bos, cittadina situata nel Nord del piccolo paese europeo, morta nel 2000 per un cancro alla pleura; un mesotelioma causato dall’amianto. Era stata la signora Francoise, insieme ai suoi figli, a portare l’Eternit in tribunale perché il cancro della pleura aveva colpito gran parte della sua famiglia. Prima il marito, che per anni aveva lavorato alla Enernit, e morto in conseguenza del tumore. Poi sono morti Francoise e due dei suoi figli, sempre per cancro alla pleura. Il Tribunale correzionale di Bruxelles ha riconosciuto Eternit colpevole in quanto ha continuato ad utilizzare dell’amianto quando era già stato riconosciuto da anni che il prodotto era altamente pericoloso. Uno dei figli sopravvissuti, Eric Jonckheere, dopo la lettura della sentenza, ha auspicato che le altre vittime, o i familiari, seguano il loro esempio portando in tribunale imprese e istituzioni inadempienti. 

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