La Sla, sigla che sta per sclerosi laterale amiotrofica, è una micidiale malattia che non dà scampo a chi ne viene colpito. Fino ad ora era nota per il rischio elevato tra i calciatori. Ma sulla base di alcune rilevazioni adesso viene associata anche agli agricoltori: in questi ultimi anni ci sono stati 123 casi in Piemonte di contadini ad essersi ammalati di Sla.
Questa connessione emerge dall’analisi delle schede di dimissioni ospedaliere che il magistrato torinese Raffaele Guariniello aveva chiesto di raccogliere alla Regione Piemonte attraverso le Asl. Dei 123 casi presi in esame, venti risultano avere un’età inferiore ai 30 anni. Il prof. Adriano Chiò, direttore del centro regionale per la Sla, presso l’ospedale Molinette afferma che : “Il periodo di esposizione più importante al rischio è fra i 15 e i 30 anni di vita. Per quanto riguarda l’agricoltura, non è detto che siano quanti svolgano o abbiano svolto questo lavoro ad essere più a rischio di altre categorie. Conta l’essere stati a contatto, e a lungo, con l’ambiente agricolo”. Ed è questo il nesso su cui sta indagando il procuratore Guariniello, reduce dalla lunga inchiesta e dalla condanna inflitta all’Eternit. Secondo Guariniello: “Vi sono solo ipotesi di lavoro, in questo caso sospettiamo dei pesticidi e di altre sostanze tossiche largamente usati in agricoltura, analogamente con quella del trattamento chimico per i campi di calcio, almeno di certi campi di calcio”. Il magistrato torinese ha chiesto alla Regione di estrapolare dalle schede di dimissioni ospedaliere i dati relativi a questa malattia ma anche ai tumori al cervello suddivisi per categorie professionali. Per i tumori al cervello intende verificare l’eventuale correlazione con l’uso prolungato del cellulare, ma su questo versante l’incrocio dei dati ospedalieri con quelli in possesso dell’Inps è ancora in fase di elaborazione.
Secondo uno studio condotto dalla dott.ssa Gentilini “Possiamo con ragionevole certezza affermare che la relazione fra pesticidi/fitofarmaci e tumori umani, in particolare linfomi, mielomi e leucemie, ma anche diversi tumori solidi, è stata ormai dimostrata in modo inequivocabile per gli agricoltori o per i lavoratori esposti; la dimostrazione che l’esposizione a dosi “ambientali” sia parimenti pericolosa è certamente più ardua (anche perché è ormai difficile trovare popolazioni di controllo veramente non esposte), tuttavia è difficile pensare di poter “assolvere” queste molecole, ormai entrate nel nostro habitat, anche se assunte a dosi inferiori rispetto alle esposizioni lavorative”.
Molte di queste sostanze usate in agricoltura rientrano fra gli “endocrin disruptor”, ovvero “inferenti” o “disturbatori endocrini”: si tratta cioè molecole in grado di interferire, anche a dosi bassissime, con funzioni delicatissime quali quelle ormonali, immunitarie, metaboliche, riproduttive: la diminuzione della fertilità maschile con diminuzione sia nel numero che nella motilità degli spermatozoi, disturbi alla pubertà, endometriosi, malformazioni (in particolare a carico dell’apparato genitale), patologie neurodegenerative come il Parkinson, disfunzioni tiroidee sono solo alcuni degli effetti segnalati. Tutto ciò dà ragione della crescente attenzione e preoccupazione circa gli effetti di queste molecole da parte delle più importanti istituzioni a livello nazionale ed internazionale.
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