Menu

Provocazione Ilva: “chiudiamo tutto”

In una nota, l’azienda comunica che il sequestro della produzione disposto dalla magistratura «comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonchè la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto».  Ovvero: Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. La Fiom che ha invitato gli operai a non lasciare il proprio posto di lavoro. L’Usb ha chiesto l’intervento del governo e la nazionalizzazione della società, chiamando i lavoratori alla mobilitazione.

Nel frattempo, «proporrà impugnazione avverso il provvedimento di sequestro e, nell’attesa della definizione del giudizio di impugnazione, ottempererà all’ordine impartito dal gip di Taranto».
La precisazione sucessiva suona tanto cavillo da azzeccagarbugli: «ilva non è parte processuale nel procedimento penale ed è quindi estranea a tutte le contestazioni ad oggi formulate dalla pubblica accusa»; «lo stabilimento di taranto è autorizzato all’esercizio dell’attività produttiva dal decreto del ministero dell’ambiente in data 26.10.2012 di revisione dell’Aia» (ovvero l’indecoroso regalo fatto dal ministro per (contro) l’ambiente Clini; «infine il provvedimento di sequestro emesso dal gip di taranto in data odierna si pone in radicale e insanabile contrasto rispetto al provvedimento autorizzativo del ministero dell’ambiente.
Ciò – aggiunge il comunicato – comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonchè la chiusura dello stabilimento di taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto».

Discorso chiarissimo: lo Stato italiano decida se comanda la magistratura che fa rispettare le leggi o il governo che dispone autorizzazioni contro la legge.
Da parte nostra, vediamo qui in azione un dispositivo decisamente eversivo nel senso stretto del termine. Perché viene messo apertamente in discussione che il rispetto della legge possa valere anche per l’impresa. E sappiamo dagli eventi di questi mesi che il governo è con le imprese, non con lo Stato di diritto e quindi con la magistratura, potere addetto esclusivamente al “controllo di legalità”.
Ma la faccia come il culo di un’impresa capitalistica non ha limiti.
Nella stessa nota la società annuncia inoltre di aver messo a disposizione sul proprio sito le consulenze, redatte da i maggiori esponenti della comunità scientifica nazionale e internazionale, le quali attestano la piena conformità delle emissioni dello stabilimento di taranto ai limiti e alle prescrizioni di legge, ai regolamenti e alle autorizzazioni ministeriali, nonchè l’assenza di un pericolo per la salute pubblica. «Ilva – conclude il comunicato – ribadisce con forza l’assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile alla propria attività industriale, così come le consulenze epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano».

Il che pone un problema anche per la stessa attendibilità degli “scienziati” consultati e comunque pone fine al concetto – più ideologico che reale – della pretesa “neutralità” della scienza stessa. È ovvio e risaputo che numerosi comitati scientifici hanno provato, analisi alla mano, il livello abnorme – nell’area di Taranto – di tumori e altre malattie direttamente riconducibili alla presenza di uno stabilimento che non rispetta nessuna normativa prudenziale, né italiana né tantomeno europea. Ma è evidente che un’impresa potente, ricca di liquidità, in gradi di comprarsi interi sindacati, consiglieri comunali e/o regionali, avvocati, ispettori… è in grado anche di comprarsi una perizia scritta da qualcuno che poi, a Taranto, non ci metterà mai piede. Neppure di passaggio.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *