Tra chi è andato a votare ieri a Taranto ha vinto il Sì alla chiusura dello stabilimento della famiglia Riva. Ma la stragrande maggioranza dei tarantini ha disertato il referendum sul futuro dell’Ilva: in pochi sono infatti andati a votare e alle 22, orario di chiusura dei seggi, il risultato dell’affluenza non dava scampo, niente quorum del 50% più uno. L’affluenza è stata davvero bassa, visto che hanno votato solo 33.774 dei 173.061 aventi diritto, cioè il 19,5%. In alcune sezioni durante la giornata ci sono state file ai seggi, ma la maggior parte delle sezioni sono rimaste deserte. Ai tarantini, il referendum promosso dal Comitato ‘Taranto Futura’ (che in città ha raccolto 12.000 firme) ha posto due domande: sì o no alla chiusura totale dello stabilimento; sì o no alla chiusura parziale dell’Ilva, cioè della sola area a caldo, quella sottoposta a sequestro dalla magistratura dal luglio 2012 perché altamente inquinante.
Questi i risultati nel dettaglio: hanno detto Sì alla chiusura totale dello stabilimento (primo quesito) 27.506 elettori (pari all’81,29% dei votanti) e no 5.838 elettori (17,25%), mentre sono stati 494 i voti non validi. Per la chiusura parziale della sola area a caldo (secondo quesito) hanno votato Sì 31.335 elettori (pari al 92,62%) e no 1.792 cittadini (5,30%); 706 i voti non validi. Nel quartiere ‘Tamburi’, il più martoriato dall’inquinamento, ha votato solo il 14,57% degli aventi diritto. Il rione in cui si é votato di più é stato ‘Italia-Montegranaro’ (23,68%) e quello in cui si é votato di meno ‘Paolo VI’ (meno del 10%).
Insomma il referendum, dal valore solo consultivo, non ha convinto la gran massa dei tarantini, impauriti dai danni ambientali e alla salute che provoca da decenni il mostro, ma anche timorosi che la sua chiusura trasformi la città in un deserto industriale in un sud dove le occasioni di lavoro sono sempre più scarse. Malgrado gli appelli diffusi nei giorni scorsi da associazioni ambientaliste come Peacelink i tarantini non si sono mobilitati. Secondo il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, sul referendum ”é stata fatta una scientifica opera di boicottaggio perché non solo non c’é stata una informazione adeguata in grado di raggiungere tutta la popolazione ma l’amministrazione comunale ha tagliato del 50% i seggi elettorali e gli scrutatori”.
Scrive invece il Comitato ‘Donne per Taranto’ su Facebook: ”Noi non molliamo. Che sia chiaro a tutti coloro che ci avrebbero voluti vedere a fustigarci ad un angolo della strada, a piangerci addosso o magari a fare le valigie per scappare”. Per Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, ”non é un flop. Secondo me 34 mila persone che vanno a votare é la più grande mobilitazione che c’é mai stata a Taranto sulla questione dell’inquinamento Ilva. Ora talloneremo l’azienda sulle inadempienze dell’Aia. Ai parlamentari chiederemo una legge che cancelli la legge salva-Ilva. Sulla questione dei piombo nel sangue dei bambini scateneremo una campagna senza precedenti”. Scrive Fabio Matacchiera, presidente del Fondo Antidiossina Onlus: ”Siamo una forza di oltre 30mila persone che vogliono il cambiamento. Vinceremo. Su la testa tarantini e lo dico anche a quelli che la testa l’hanno tenuta sempre china”. Infine, Nicola Russo, coordinatore del Comitato ‘Taranto Futura’, che ha raccolto le firme per il referendum: ”Il referendum raddoppia il fronte civico-ecologista rispetto alle amministrative: 34mila votanti circa. E’ nato, in una battuta, l’esercito napoleonico civico-ecologista tarantino”.
Alcuni tra i promotori dell’iniziativa hanno attaccato il disimpegno del Movimento 5 Stelle, a livello sia locale che nazionale. ”Se questo referendum sarà poco partecipato, una grossa responsabilità ce l’avrà anche il Movimento 5 Stelle. A Taranto non l’abbiamo visto ‘sbracciarsi’ più di tanto” aveva affermato prima della chiusura dei seggi Alessandro Marescotti. “I grillini a livello nazionale finora – scriveva Marescotti sul suo blog – non hanno pubblicato alcun documento sul referendum nel sito ufficiale. Un appello al voto é apparso solo sulla pagina Facebook locale degli amici di Beppe Grillo di Taranto. Veramente poca cosa. Avrebbero potuto fare come con la Tav. Ma in questo caso é stato mantenuto un basso profilo, senza neanche dire se votare per il sì o il no alla chiusura”. ”Solo Sel – aggiunge Marescotti che parla di una ‘sinistra che frena su tutto’ – ha detto che si può votare ‘sì’ alla chiusura dell’area a caldo e ‘no’ alla chiusura totale. Una presa di posizione così poco convinta che se chiedessimo a Vendola risponderebbe: no a entrambi i quesiti. Un significativo freno alla partecipazione e’ la presa di posizione della Cgil di Taranto che ha detto di non andare a votare”. E, prosegue Peacelink, ”non andranno a votare anche gli iscritti di Cisl e Uil, a meno che non ragionino con la loro testa. Con i sindacati confederali – aggiunge Marescotti – c’é Confindustria, acerrima nemica del referendum sull’Ilva”. ”Anche Coldiretti, stranamente, – prosegue – ha preso le distanze dal referendum. Segue a ruota Legambiente, che non si é espressa ed é rimasta in un impenetrabile silenzio. Ma conosco autorevoli attivisti di quell’associazione che mi hanno espresso la loro contrarietà al referendum. E anche i Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti – sostiene – hanno preso le distanze dal referendum, senza tuttavia dire cosa faranno esattamente”.
Ma una posizione critica nei confronti del referendum è stata diffusa dopo la chiusura delle urne anche dallo Slai Cobas: ”Il referendum si é rivelato inutile. Abbiamo sempre detto che la strada era e resta un’altra: unire la lotta per lavoro e salute contro i padroni, lo Stato e il governo dei padroni”.
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