Non ha avuto il clamore mediatico che necessitava l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” a carico di tutti gli imputati per il processo sul disastro causato in Campania dalla gestione governativa e regionale del ciclo dei rifiuti.
Dopo una vicenda giudiziaria durata 10 anni risultano assolti, tra gli altri, l’ex governatore Antonio Bassolino, l’ex vicecommissario alla bonifiche, Vanoli, l’ex manager di Impregilo, Piergiorigio Romiti ed altri top manager di imprese e consorzi attinenti alla filiera finanziaria ed industriale del ciclo dei rifiuti.
Magicamente non esistono responsabili dello stupro consumato ai danni della Campania per decenni, non esistono entità imprenditoriali o politiche a cui chiedere conto degli spaventosi danni causati all’insieme delle forme di vita in questa regione.
Magicamente, quindi, tutto ciò che è accaduto viene scaricato sulle responsabilità di una non meglio criminalità organizzata la quale risulta l’unica colpevole del biocidio in atto mentre il sistema politico e quello imprenditoriale ritrovano – almeno nelle aule della cosiddetta giustizia – una loro verginità.
Quanto accaduto ieri nelle aule del Tribunale di Napoli grida vendetta.
Una vendetta che già sta iniziando a palesarsi nelle mobilitazioni di quanti, in questi ultimi mesi, stanno riscoprendo il protagonismo sociale contro un uso antisociale della cosiddetta emergenza rifiuti, contro l’autentico dispositivo di produzione di morte incarnato dal biocidio in corso e che troverà nel fiume in piena del prossimo 16 novembre un momento di rappresentazione organizzata di questa nuova consapevolezza popolare.
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