Non è facile scrivere dell’assemblea nazionale costituente di Fridays for Future che si è tenuta a Milano, nell’aula magna “Levi” dell’Università Statale sabato scorso 13 aprile, preceduta da una conferenza scientifica nella serata precedente.
Si tratta di un movimento nato da poche settimane, che ha avuto un immediato successo di adesioni, come dimostrato dallo sciopero internazionale del 15 marzo e che quindi, almeno per il momento, vede al suo interno identità e posizioni variegate, che hanno palesato la loro diversità durante i lavori dell’assemblea.
L’assemblea di sabato scorso era la prima occasione d’ incontro dei giovani aderenti a Fridays for Future delle diverse città italiane, che sentivano l’esigenza di “uscire dai social” dove il movimento è nato, per un confronto più diretto e, alla fine, per conoscersi veramente. Tra l’altro, era anche la prima assemblea nazionale di tutti i paesi in cui il movimento sta costituendosi.
L’assemblea ha visto la partecipazione di circa 500 persone, nella stragrande maggioranza giovani o giovanissimi motivati ed impegnati. (il movimento è nella sua quasi totalità di origine studentesca). Tuttavia si notavano in sala parecchie teste grigie di vecchi militanti politici e ambientalisti curiosi di vedere cosa bolle in pentola al di là dei lanci mediatici su Greta Thunberg. In sala nessuna bandiera o striscione, e l’uso, per chiamarsi, del termine “ragazzi”.
Erano presenti i portavoce di 105 situazioni cittadine, un dato che testimonia la ramificazione del movimento e la sua presenza anche in città medie e piccole. Alla fine della giornata tutte le 105 delegazioni erano intervenute, tre minuti ciascuna rigidamente controllati. Forte la presenza dal meridione, dalla Sardegna e dalla Sicilia.
Un primo punto su cui si sono rivelate le differenze è la contestualizzazione della lotta al riscaldamento climatico e la conseguente ampiezza del raggio della riflessione del movimento. Per numerosi portavoce locali, il movimento deve assumere una caratterizzazione dichiaratamente anticapitalista, poiché proprio il capitalismo e il suo sfruttamento delle risorse del pianeta sono la causa principale del degrado ambientale.
Questo punto di vista non è stato esplicitamente contraddetto da nessuno, tuttavia diversi interventi sono stati più vaghi, limitandosi a richiedere un cambio radicale del sistema economico e sociale, senza assumere una posizione apertamente anticapitalista. Questo anche se è apparsa largamente condivisa l’idea che non possa esistere giustizia climatica senza giustizia sociale e che la battaglia ambientalista sia legata a tematiche quali la difesa della salute, la lotta alle discriminazioni di genere ed etniche.
Su quest’ultimo punto più di un intervento ha ricordato che a pagare le conseguenze del riscaldamento climatico sono oggi soprattutto le popolazioni che hanno un’impronta ecologica minore, costrette a lotte tra poveri, a condizioni di vita umilianti, alla mancanza di acqua e cibo e spinte a migrare per sfuggire alla fame e alla desertificazione (ogni critica alla politica italiana sulle migrazioni è stata a lungo applaudita).
Totalmente condivisa, invece, la posizione apartitica di Fridays for Future, intesa come totale indipendenza dai partiti, unita a un forte timore di strumentalizzazioni. Un timore peraltro giustificato poiché si sa che il gatto e la volpe sono sempre in agguato quando un movimento dimostra di poter diventare influente. Tuttavia i giovani di Fridays for Future hanno più volte sottolineato che l’apartiticità non significa affatto rifiuto della politica, anzi essi vogliono esserne protagonisti perché rilanciare la priorità climatica è un fatto pienamente politico tanto più se realizzato da un movimento dalle forme e dai metodi che si vogliono nuovi. Durante l’assemblea e nella conferenza stampa che le ha fatto seguito è così stata affermata l’identità apartititica ma politica, antirazzista, contro le discriminazioni e, non da ultimo, antifascista del movimento.
Un aspetto significativo della discussione in Friday for Future, cosi come appare dall’assemblea milanese, è quello del rapporto tra lotte locali e lotte globali, a cui è collegata, probabilmente, la volontà di costituire un movimento ambientalista che sia presente a pieno titolo nelle lotte territoriali oltre che nelle denunce e nelle giornate di manifestazione internazionale. Diversi portavoce hanno testimoniato infatti della loro partecipazione a denunce e lotte sul loro territorio: dalla Basilicata si è ricordata la necessità di impedire lo scempio estrattivo, da Spezia si è denunciato l’inquinamento provocato dalle basi navali e dalla discarica di Pitelli, i portavoce sardi hanno parlato del Petrolchimico di Sarroch e delle basi militari e quello di Scafati del fiume Sarno, il secondo al mondo per tasso di inquinamento, per citare solo qualche esempio.
Da queste denunce discende la necessità di collegarsi ad altri movimenti e comitati che lottano su queste situazioni. Non sono mancati peraltro, i riferimenti ripetuti alle lotte che partendo da situazioni locali hanno assunto un senso nazionale, prime fra tutte quelle contro le grandi opere inutili, quali il TAV, il TAP ecc. Per altri, molto meno numerosi portavoce locali, invece, il movimento dovrebbe semplicemente denunciare la situazione del riscaldamento climatico, proponendo una visione scientifica della lotta a tale fenomeno e limitarsi a richiedere una stretta applicazione degli accordi di Parigi e, sul piano nazionale, una sollecita decarbonizzazione dell’energia.
Altro tema sentito quello dell’intreccio tra battaglia politica e comportamenti personali ecologici. Diversi interventi hanno insistito sulla necessità di cambiamento dello stile di vita e sull’abbandono del consumismo e delle abitudini dannose per l’ambiente. Un argomento da sempre importante che pone l’eticità dello stile di vita personale in relazione all’impegno politico pubblico.
A dimostrazione delle differenze esistenti nel movimento e dei diversi livelli di consapevolezza politica, una parte degli interventi ha avuto invece un orizzonte più limitato e un approccio meno complesso e globale al tema del riscaldamento climatico. Mi riferisco agli interventi che si sono limitati a proporre obiettivi più ristretti e meno ambiziosi, meno dirompenti anche se corretti, come l’abolizione dell’uso della plastica nelle scuole, lo sviluppo del riciclo dei rifiuti ecc. Proposte certamente giuste, ma che non appaiono, senza l’inquadramento in un contesto più ampio, in grado di mettere in discussione la drammatica situazione planetaria che viviamo e il sistema economico che a essa ci ha portati.
Friday for Future è un movimento nato nelle scuole e nelle università, quindi limitato, almeno per ora, al solo ambito studentesco e giovanile. E’ stata quindi evocata la necessità di stabilire un rapporto con i lavoratori e le loro organizzazioni, anche nella consapevolezza che una lotta contro il disastro climatico deve coinvolgere tutte le situazioni sociali e tutte le generazioni. Un corretto sentire sul quale, tuttavia, non sono ancora emerse proposte concrete.
Dal punto di vista più interno alle situazioni delle scuole, invece, si è richiesto un adeguamento dei programmi e dei testi scolastici che, di fatto, ignorano la questione del riscaldamento climatico e contestata l’alternanza scuola-lavoro e i dottorati di ricerca in aziende responsabili di crimini ambientali.
Infine, per un movimento di nuova costituzione sorge il tema delicato del rapporto con le istituzioni. Questione difficile da risolvere, soprattutto perché una parte del movimento sembra dell’idea che i governi possano essere “convinti” a combattere il cambiamento climatico quando in realtà ne sono i responsabili consci e conseguenti al servizio del capitale e dei grandi gruppi economici.
Questa posizione, piuttosto velleitaria, è forse la conseguenza dell’atteggiamento di Greta Thunberg (e del suo staff familiare) più volte evocata come fondatrice del movimento che, come è noto, non disdegna di essere presente in contesti istituzionali per “convincere i politici”. Così, mentre la portavoce fiorentina ammonisce dal palco che “quando le istituzioni ci chiamano a parlare ci stanno prendendo in giro”; ci si prepara ad accogliere trionfalmente Greta a Roma dopo un invito della presidente del Senato Casellati, che non ha certo un brillante curricolo ambientalista.
La vivace e partecipata assemblea, ricca di idee, di proposte e di entusiasmo è stata attraversata da queste contraddizioni e quando, al termine, è stato presentato un “report di sintesi” si sono levate diverse voci che lo valutavano troppo vago e non adeguato alla discussione svolta.
In effetti, si tratta di un testo (che riportiamo a parte) che non raccoglie tutta la ricchezza del dibattito e in cui vari nodi sulla collocazione e le prospettive del movimento non vengono sciolti. Tuttavia, i giovani del movimento chiedono una legittima apertura di credito in considerazione del fatto che in un primo incontro non tutti i temi potevano essere sviscerati.
Tra questi, anche quello della costituzione di un coordinamento nazionale, che non è stato formalmente costituito, rimanendo quindi, per il momento, Friday For Future soprattutto una rete di situazioni locali. E’ anche bene tenere conto che la volontà di dare la parola a tutti i portavoce locali confluiti a Milano ha comportato che gli interventi dovessero essere contenuti in tre minuti, fatto che ha contribuito alla vivacità e alla ricchezza del dibattito, ma ne ha sacrificato le possibilità di approfondimento.
Mi preme poi sviluppare un’ultima considerazione sulla questione del rapporto con la ricerca scientifica. Da più di un portavoce si è inteso dire che, anche data la giovane età degli aderenti al movimento, esso dovrebbe necessariamente avvalersi della collaborazione degli scienziati come guida del movimento. In qualche caso, si è sentito affermare che il movimento dovrebbe essere una sorta di “megafono” degli scienziati che denunciamo il prossimo disastro ambientale.
Questa posizione sottovaluta che la ricerca scientifica non è al di fuori della politica, e che al di là di quegli scienziati esplicitamente venduti al capitalismo, ne esistono anche altri che partecipano felicemente ai balletti della green economy, vale a dire ancora i falsi amici del movimento ambientalista di cui qualcuno, purtroppo, era presente anche alla conferenza scientifica di venerdì 12 e all’assemblea di sabato 13.
Probabilmente è necessario anche su questo che il movimento faccia una riflessione su quali siano i veri compagni di strada possibili e sulla non neutralità della scienza e della ricerca liberandosi da abbagli scientisti. E’ noto che la ricerca scientifica è orientata dagli interessi e dai principi di chi la finanzia e la conduce, come peraltro è dimostrato dalle difficoltà dei ricercatori più indipendenti dal capitale e dalle grandi multinazionali che detengono il potere anche in questo campo. E comunque è più corretto che sia la politica a servirsi del contributo di scienziati democratici e non al contrario porsi al loro servizio e che, soprattutto nelle situazioni locali, viga il principio del controllo da parte delle popolazioni.
Molte discussioni sono forzatamente rinviate ai mesi futuri e alla prossima assemblea che si terrà a Napoli dopo l’estate, mentre la scadenza più importante nell’immediato è quella della manifestazione internazionale del 24 maggio, a cui Friday for Future desidererebbe anche la partecipazione dei lavoratori per aprire una nuova fase coinvolgendo nella lotta anche le generazioni più mature.
Per il momento si può constatare che Friday for Future rappresenta un importante e diffuso tentativo di molti giovani di ribellarsi al destino di degrado ambientale e sociale che il capitalismo e il colonialismo stanno preparando per loro, tra l’altro nella consapevolezza, più volte ribadita, di essere “l’ultima generazione” che può opporsi al riscaldamento climatico e alla conseguente distruzione planetaria che esso comporta.
Se tutto questo, in futuro, sarà indirizzato nella giusta direzione e darà i frutti che è bene attendersi, non possiamo oggi dirlo, ma certamente sperarlo.
Il report di sintesi dell’assemblea è scaricabile qui: Documento FFF
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Clelia
Faccio parte di FfF e sono d’accordo con alcune vostre osservazioni ma altre no. Però ringrazio Contropiano di essere l’unico giornale che ha fatto un report attento e politico dell’assemblea, Tutti gli altri ci hanno presi in giro trattandoci da ragazzini e facendo solo pettegolezzi folcloristici, magari non venendo nemmeno a sentire quello che ci dicevamo.
Ciao
Donato Perreca
Sono convinto che non possa esserci lotta contro il cambiamento climatico e per la giustizia senza una coerente scelta vegetariana o vegana .
Redazione Contropiano
La sua è una opzione molto opinabile
zipbibrok
Non serve a niente, come tutte le piazzate
Per avere un modo di vita sostenibile bisogna prendere scelte molto sgradevoli, che quelli ce sono scesi in piazza non vorranno mai condividere.
Primo problema: siamo sette miliardi. Troppi. E la crescita è maggiore nei paesi che hanno meno coscienza ambientale.
Secondo: per risparmiare energia bisogna rassegnarsi a non viaggiare, a non fare i nottambuli e i vacanzieri.
Terzo: fare a meno dell’aurtomobile (e quella elettrica inquina uguale, anchje perché le batterie contengfono litio ed altroi metalli pesanti. Usate i mezzi pubblici e basta (tram e filobus, naturalmente.
Quarto: le pale eoliche si fanno, non si bloccano perché stanno sul percorso dell’uccello migratore (è successo in Italia!) o perché deturpano il paesaggio.
Quarto:fate la TAV e demolite TUTTE le autostrade (queste si che inquinano!
Quinto: Basta con le bottiglie di plastica e gli imaballaggi non riciclabili a perdere (tutti)
Sesto: non tenete NESSUN animale domestico: usano risorse che servirebbero agli esseri umani e i loro parassiti danneggiano la fauna selvatica (la toxoplasmosi dei gatti sta sterminando i beluga dell’Artico ; non sono solo le buste di plastica).
Vi piace tutto questo? Io lo faccio, non ho la macchina, non ho lo smartphone, uso lo stesso PC da 12 anni, e faccio anche molte altre cose che mi rendono molto sgradevole.
P.S.: Il pianeta B lo ridurremmo come la Terra in due o tre generazioni, quello slogan è una cazzata. Bisogna abbandonare questo infame culto del consumo e del successo. E diventare vegani fa solo fare figli neurolesi!!!
zipbibrok
Vedo che nessuno ha replicato. Adesso rincariamo la dose.
Prima cosa sgradevole: il cambiamento climatico fa più danni dell’energia atomica. Guardate come la natura si è ripresa Pripiyat (ci pascola anche il bisonte europeo, e gli esemplari vaganti nella zona sono perfettamente normali), e pensate alla desertificazione (un quarto del territorio italiano è a rischio)
Secondo: ogni anno un terzo del cibo prodotto finisce nella spazzatura (a proposito: a casa mia non voglio sprechi alimentari, e mia moglie prende sempre cazziatoni per avere fatto spese esagerate)
Terzo: il cosiddetto Earth Overshoot Day è un parametro farlocco. Vedere su Wikipedia le critiche fatte da ecologisti veri, e sappiate che nessun articolo serio sul degrado ambientale menziona questo parametro. E’ solo pubblicità. E inoltre, per certi aspetti le cose vanno moltp peggio (vedi la sesta estinzione di massa, che quella ONG che si è inventata questa stupidaggine non prende nemmeno in considerazione).
Quarto: adesso è agosto. Quanti di quei ragazzini che hanno fatto sega a scuola il venerdi ci sono andati accompagnati in SUV e adesso stanno sulle spiagge (a inquinare)?
Quinto: O cambiamo registro, o i nostri discendenti (purtroppo siamo infestanti e ce la caveremo finendo per mangiarci le blatte e i ratti) ci malediranno per un bel po’ di milioni di anni!
Zipbibrok
Vedo che nessuno ha replicato. Chissà perché.
E va bene. Ne approfitterò per parlare di altre due cose sgradevoli che si devono fare.
1)Ripensare all’uso dell’energia atomica (a Pripiyat e Chernobyl, il bisonte europeo pascola tra gli alberi e la zona sta diventando una fertile oasi ecologica; non altrettanto si può dire del Sahel desertificato dall’effetto serra.
2)Rassegnarsi ad attraversare l’Atlantico in 48 ore col dirigibile e simili. I superjet inquinano.E non una sola persona (preciso che non ho nulla contro quella ragazzina, ma il problema dei cambiamenti climatici è fin troppo notoi), ma tutti.