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Addio a Cesaria Evora

Il ministro della cultura di Capo Verde, Mario Lucio Sousa, ha precisato che Cesaria, 70 anni, conosciuta come ‘la cantante scalza’, è morta in un ospedale di Capo Verde. L’artista, famosa in tutto il mondo, si era ritirata dalle scene per motivi di salute lo scorso 23 settembre.

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da Il manifesto”

Da piccola a grande, andata e ritorno
Marco Boccitto

Il nome e la voce di Cesaria Evora identificano subito il carattere schivo e risoluto di Capo Verde, ma sono anche espressione diretta, sfoggio della sobria eleganza che abita su questo arcipelago sbriciolato in mezzo all’Atlantico, al largo delle coste occidentali africane, tra capre e ciuffi di aloe. Malgrado la tipica riluttanza delle isole a dar di che vivere alla propria gente, tardivamente insediata nella mescolanza violenta della tratta schiavistica. Un posto da cui spesso non si può che partire ma nel quale poi non si desidera che tornare. Cizé e la sua voce non fanno eccezione. In più hanno dato lustro e vanto, oltre che un legame indissolubile con queste terre, a tutti i capoverdiani costretti a emigrarsene (circa metà della popolazione).
Nessuno ne parla mai, di Capo Verde, se non di striscio, appunto, tra le note biografiche della cantante scomparsa ieri a Sao Vicente. In mancanza di spiagge memorabili il paese non ha mai potuto godere di un testimonial più persuasivo. Anche se ha un «padre della patria» come Amilcar Cabral, agronomo, poeta e guerrigliero anti-colonialista, uno che con Lumumba e Sankara poteva salvare l’Africa e forse il pianeta da quel che lo attanaglia ora, e invece niente, tutti e tre assassinati sul più bello. Anche se un musicista acuto come Mario Lucio Sousa sta al governo e ieri, da ministro della cultura, si è preso la briga di comunicare la brutta notizia al mondo. Un mondo divenuto vasto, variegato, bisognoso, appassionato di Cesaria Evora, disco dopo disco. Ma quel che ne deriva in termini di attenzione e seguito internazionale non ha mai messo in discussione in Cesaria Evora il sentimento della tipica pequeñeza capoverdiana, intesa come dimensione poetica raccolta, il vezzo di esibirsi scalza indugiando intorno a un tavolino con l’abat-jour accesa, l’atmosfera scarna dei bar di Mindelo in cui è cresciuta cantando a cottimo per i marinai di passaggio. Una «piccolezza» che ha finito per farla giganteggiare. E che insieme alla maledizione struggente della sodade e all’accogliente concetto di morabeza costituisce i termini del rebus musicale luso-africano elaborato a Capo Verde, in forma di morna e coladeira innanzitutto. Il tratto socio-emozionale più intenso delle isole e di chi le abita. Un minuscolo universo che nell’aprirsi a tutte le rotte intercontinentali possibili non ha mai sofferto di agorafobia. «Sono passata da un posto piccolo e semplice a uno molto più grande e complicato – raccontava la cantante al manifesto nel 2001 – ma non mi sono affatto persa. Quando ho lasciato Capo Verde per venire in Europa ho pensato che se non fossi piaciuta potevo sempre tornarmene a casa. Nel qual caso ora sarei ancora lì, come un pesce secco abbandonato sulla spiaggia. Oggi passo buona parte dell’anno in giro per il mondo, ma la mia casa, la mia famiglia, la mia cultura sono a Capo Verde». E precisamente nella cucina di casa sua, crocevia degli affetti e delle ammirazioni più conviviali. Al centro del mondo che ha imparato ad amarla.

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Da Wikipedia

Cesária Évora perde il padre all’età di sette anni. Sua madre si sforza così di mantenerla impiegando i magri guadagni che le venivano dal lavoro di cuoca, e alla fine affidandola alle cure di un orfanotrofio. È stato nel coro dell’orfanotrofio che Cesária ha cominciato a cantare.

A sedici anni, Cesária conosce un marinaio capoverdiano di nome Eduardo che le insegna gli stili tradizionali della musica di Capo Verde, la coladeira e la morna. Le morne sono canzoni di tristezza, malinconia e desiderio, caratterizzate da un tempo lento. Comincia allora a cantare nei bar e negli hotel. Con l’aiuto di musicisti locali, raffìna il suo talento tanto da farsi soprannominare “Regina della morna” dai suoi ammiratori. Diviene famosa a Capo Verde, pur rimanendo relativamente sconosciuta all’estero.

Cesária aveva uno zio noto musicista e autore di canzoni che usava lo pseudonimo di B. Leza (un gioco di parole su beleza, ossia “bellezza”). Molte delle più belle canzoni nei primi album di Cesária sono sue.

Cesária Évora era famosa al tempo ma la fama non le portò benessere economico. Frustrata da problemi di ordine personale quanto economico, sommati alle serie difficoltà politiche ed economiche di Capo Verde, Cesária Évora rinunciò a cantare per mantenere la famiglia. Non ha cantato per dieci anni, periodo che lei descrive come dieci “anni oscuri”.

Cesária riprese a cantare dopo essere stata incoraggiata da un esule capoverdiano, musicista e patrono delle arti, Bana, che viveva in Portogallo. Le procurò inviti in Portogallo dove lei eseguì una serie di concerti con il supporto di un’organizzazione femminile.

José Da Silva, un francese di origine capoverdiana la persuase ad andare a Parigi dove lei registrò un nuovo album. La diva aux pieds nus (La diva a piedi nudi) nel 1988. La canzone “Sodade” è stato il suo primo successo internazionale, il primo successo per una canzone non francese in Francia, e segnò l’inizio della sua fama internazionale. La parola portoghese saudade significa nostalgia, struggimento, rimpianto. L’espressione della “sodade” è un elemento importante della musica di Capo Verde. L’album segnò il suo ritorno sulle scene e ottenne successo di critica e di vendite che è aumentato con l’album Miss Perfumado. È diventata una stella della musica internazionale all’età di quarantasette anni.

 

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