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Parole a ruota libera, una paccata tira l’altra

La tentazione di “parlare come il popolo” è da sempre una tentazione irresistibile per gli uomini e le donne di potere. Specie per dei “tecnici” e “professori” piovuti da Marte, c’è il bisogno fisico di farsi “vedere umani”. Esserlo è notoriamente un’altra faccenda…

Elsa Fornero, anche perché esposta sulla trincea più visibile in tempi di crisi – lavoro, welfare, ecc – subisce la tentazione più degli altri. Come del resto il suo vice iper-raccomandato, Michel Martone, che sentenziò: “è da sfigati laurearsi a 28 anni”.

Lei iniziò con una lacrimuccia sparsa sulla riforma delle pensioni che lei stessa aveva disegnato, guadagnandosi un primo appellativo: “killer compassionevole”.

Poi disse del marito, Mario Deaglio, economista di vaglia, che “le faceva sangue”, rivelando una sessualità hard sotto il tailleur accademico (o da cda di IntesaSanPaolo).

Ora è arrivata alla “paccata”, al termine di un ragionamento che voleva volgarizzare un concetto simil-ricattatorio esibito in sede di “confronto”: 

“Ho pensato a un nuovo mercato del lavoro con maggiore facilità in entrata e un po’ più di facilità in uscita. Le risorse sono una funzione dell’accordo. Se c’è un accordo più avanzato mi impegno a trovare risorse più adeguate per fare in modo che questo meccanismo degli ammortizzatori funzioni abbastanza bene. È chiaro che se si comincia con il dire no, perché noi dovremmo mettere lì una paccata di miliardi e poi dire ‘voi diteci di si’?”.

La sua cultura sabauda l’ha tradita. La parola è immediatamente rimbalzata per tutta Italia, dove ha inevitabilmente significati diversi.

L’effetto comico è stato però moltiplicato stamattina da Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che entrando nel suo studio per discutere di art. 18 (ahi!), ha ripreso il termine per dimostrare di saper anche lei parlare come il volgo che guarda la tv: dal Governo arriva una paccata di soldi? «Non mi pare, da quello che ho capito ci danno una paccata e basta».

E’ ora che qualcuno spieghi a queste signore che dalle loro parti il termine significa quel che loro intendono: “un sacco di”…

Purtroppo in molte altre parti di questo paese la “paccata” è termine che descrive i preliminari dell’atto sessuale che, un tempo, era il massimo di quanto era conveniente concedere  dalle ragazze di buona famiglia ai loro fidanzatini posseduti dai fumi del testosterone. Petting, insomma, per chi è abituato a parlare inglese a tavola.

Non ci possiamo poi nascondere che, dal punto di vista dei lavoratori di ogni tipo (pubblici e privati, stabili e precari, in servizio o pensionati o cassintegrati o “esodati”), il termine “paccata” sia ormai inteso come quel gesto della mano che tocca le parti bassi del posteriore.

Anzi – visto quel che esce dal tavolo di “confronto” sulla cosiddetta riforma del mercato del lavoro – come un preannuncio di sodomia.

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