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Torino Film Festival. Poco panem e molti circenses

La scena più divertente della serata di inaugurazione del TFF – ieri sera all’Auditorium G. Agnelli del Lingotto, tra Maserati che portavano gli ospiti di riguardo, attrici in abiti da sera smanicati nonostante la serata gelida – si è verificata all’arrivo del sindaco Piero Fassino.

La banda musicale che accompagnava l’ingresso delle celebrità, alla vista del primo cittadino, ha intonato (forse ironicamente) “Bandiera rossa”, con Fassino che attraversava imbarazzato il Red Carpet e raggiungeva il “compagno” Paolo Virzì, neo direttore del festival, e la madrina dell’iniziativa, Luciana Littizzetto. La saldatura politico-culturale del sistema PD era così al completo, in una delle città che di questo sistema di potere è luogo di elaborazione.

A ricordare che le cose non sono esattamente come sembrano, e che l’idea di trasformare una delle capitali produttive del paese in città di eventi culturali si regge in realtà sul super-sfruttamento del lavoro precario, ci hanno pensato i militanti dell’Usb e il gruppo politico di Riscossa proletaria, insieme a protestare contro il mancato reintegro del lavoratore Federico Altieri nella cooperativa REAR che gestisce i lavoratori del Museo del Cinema di Torino, nonostante le sentenze della magistratura e le vane promesse della politica.

In questo senso, la scena più veritiera di questo “evento”, proprio perché lontana dai riflettori, è lo scambio di battute tra Federico Altieri e il sindaco di Torino. Quando il primo, presentatosi provocatoriamente con la sua ex divisa da lavoro e mostrandogliela, chiede a Fassino: “Cosa me ne devo fare di questa, sindaco?”, il signor sindaco risponde infasidito “Fanne quello che vuoi”. Il che ricorda il fastidio di un sindaco democristiano siciliano di fronte a una donna che lottava per la casa popolare: “Ma lei è sempre qui?”. 

Più impegnato a creare “eventi” che a dare risposte ai lavoratori, il signor sindaco può finalmente contento fare la sua apparizione cittadina.

Ad un anno di distanza dalla venuta di Ken Loach a Torino e dalle importanti prese di posizione di Ettore Scola, dunque nulla è cambiato. Seppure importanti quelle prese di posizione di uomini di cultura non possono sostituire la costruzione di un fronte politico-sindacale che rapprensenti il blocco sociale privo al momento di una rappresentanza politica. Fino a quando non l’avremo costruito, il festival di Torino rimarrà l’unica risposta alle immutate domande delle classi subalterne. Mai come oggi è necessario separarsi dall’autorappresentazione di questo ceto politico; mai come oggi è necessario quello “spirito di scissione” di cui parlava Gramsci.

* Redazione Contropiano Torino

 

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