PCSP (Piccola Controstoria Popolare) di Alberto Prunetti, edizioni Alegre, non è un romanzo, non è soltanto un libro di memorie popolari e neppure un inno al tempo che fu. È tutto questo e molto altro, miscelato nel linguaggio popolare della Maremma Toscana che spunta a connotare la realtà delle storie che vi si narrano e tracciano una scia luminosa per il futuro.
I racconti partono da Potassa, un paesino dell’Alta Maremma; camminano sui sentieri della Toscana per poi emigrare in Francia, Spagna, Russia.
Le vite di compagni socialisti e anarchici di un altro tempo, cronologicamente prossimo ma a tratti lontanissimo dal nostro presente, accompagnano il lettore in un passato di miti popolari, di canzoni in ottava rima che urlavano la rivolta contro i padroni.
Prepotente protagonista la Maremma e i suoi figli; coloro che fin dalla fine dell’Ottocento, preferivano darsi alla macchia, renitenti e disertori che sparavano agli agrari che affamavano la gente, ma non ai propri fratelli costretti a combattere le guerre dei potenti. Il tessuto sociale maremmano simpatizzava naturalmente con i ribelli che non volevano morire per ingrassare i borghesi.
Tra le due guerre il fascismo attaccherà con particolare ferocia i luoghi simbolo del potere popolare in quelle terre: Case del popolo, giornali, Camere del Lavoro e persino osterie e luoghi di ritrovo. Nessun esercito si schiera a protezione della gente: i carabinieri restano chiusi nelle caserme, salvo poi intervenire contro gli anti-fascisti; ieri come oggi non sembra cambiato molto.
Gli agrari dal canto loro, sono ben contenti dell’ordine imposto dalle camicie nere: il biennio rosso, li aveva costretti a cedere a molte richieste dei braccianti.
Eppure la Maremma fu domata solo in parte dal fascismo, restò nel profondo anti-militarista e ribelle, nonostante gli eccidi nazi-fascisti e la feroce repressione. Nessun rivoltoso, sottolinea l’autore, si è mai percepito come perdente o perseguitato; nessuno di questi si è perciò rassegnato alla dittatura e all’ingiustizia: ciascuno si sentiva protagonista e vero motore della storia.
Anche nel dopo-guerra queste terre furono palestra repressiva da parte dello Stato. Nel 1948, dopo l’attentato a Togliatti, i ribelli della montagna riprendono le armi e Scelba manda i militari a porre sotto assedio quelle terre. Viene scatenata una violenza terribile contro la popolazione civile. Lo Stato resta, come sotto il fascismo, un essere informe dal volto violento e lontano dai problemi reali.
Come quando moriranno 43 minatori di Ribolla che non avranno mai giustizia, perché per la legge “il fatto non sussiste”; capita ancora, per i morti causati dall’Ilva o dall’amianto di tanti profittatori detti industriali, mai chiamati a rispondere delle proprie azioni. Ieri come oggi agisce il sottile ricatto tra lavoro e malattia: si può morire di lavoro fra vent’anni o di fame subito.
Prunetti ci racconta un altro tempo, quasi una terra mitica, scomparsa come la favolosa Atlantide. La Maremma fu domata con il boom economico e la fine del latifondo, come accadde nel resto d’Italia. Le vite narrate però non sono uno sterile esercizio di memoria storica; il fascismo agisce in mille forme nella contemporaneità, ed è utilissimo riannodare i fili delle vite di compagni mai dimenticati.
Il libro è un regalo, un breviario rivoluzionario per leggere diversamente il nostro tempo. Un tempo in cui sembra che i fratelli Ancarani, il Marchettini e il Maggiori abbiano perso per sempre la guerra. Eppure le vite dei tanti signor Nessuno che hanno forgiato la nostra, rappresentano un potente anticorpo sociale contro le ideologie razziste e guerrafondaie che attraversano il nostro tempo. Un manuale di strategia per ripensare a quelle storie e tenderle verso l’oggi.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa