…finalmente sono andato a vedere il film “lo chiamavano Jegg robot”; in tutta sincerità e onestà debbo dire che il film mi è piaciuto molto e assai. Avendo letto le diverse recensioni e suggerimenti – alcuni dei quali molto esaltanti, insieme ad altri di contenuto ultra-emotivo e socialmente molto “partigiano” – tutto ciò aveva creato in me una aspettativa quasi spasmodica. Frutto anche della riuscitissima e partecipatissima manifestazione del 19 marzo all’insegna del “Roma non si vende”, dove faceva la sua bella figura come “angelo sterminatore del male” la sagoma di “Jeeg robot”!
Il film è comunque di ottima narrazione e fattura specialmente nella scelta dei personaggi che realizzano la narrazione filmica; colonna sonora del tutto adeguata ai temi sviluppati, con un pregio consistente nell’accompagnare, senza invadere troppo, il susseguirsi e il ritmo del film stesso.
Mi sento di dare un suggerimento e consigliare una precauzione. Non date troppo retta ai commenti o alle narrazioni che ne esaltano messaggi del tutto impropri e, molto probabilmente, del tutto casuali. Il film racconta lo sviluppo reale di come nelle periferie, in questo caso la Roma di Torbellamonaca, spesso abbandonate e lasciate nel degrado più assoluto, in cui convivono soggetti spesso dediti a comportamenti al limite della legalità oppure interessati a crimini più o meno efferati o di rilievo. Il come in questa realtà sociale si arrivi poi ad un riscatto sociale e soggettivo è tutto da vedere e constatare nel film stesso. Ripeto mi è piaciuto veramente; stavolta sono stati soldi ben spesi, a differenza di altri “spettacoli” di ben altra levatura ma di spessore piuttosto ridotto; misero, nel migliore dei casi. Consiglio a tutti di andare a vederselo; è già diventato un “cult” e lo merita.
Un grazie di cuore a Gabriele Mainetti (regista e ideatore del film) agli interpreti: Claudio Santamaria (nella parte del “miracolato” coattello di periferia Enzo Ceccotti): Luca Marinelli (stupefacente, nella parte del coattissimo Zingaro); Ilenia Pastorelli nei panni della “visionaria e favolistica” Anita, vera “chiave di orientamento” della stessa narrazione filmica.
Insomma tutti bravi e all’altezza dei rispettivi ruoli. Finalmente. Non se ne poteva più di film raffazzonati, appiccicaticci, smelensiti e paccottari. Il cinema sta trovando i suoi veri interpreti. Speriamo che ne sappia approfittare almeno prima che qualcun altro più furbo e “pieno di soldi” ce lì “scippi”. Prosit
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