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Il riscatto delle periferie ha bisogno di Jeeg Robot?

di Sergio Cararo

“Quando stai facendo un picchetto contro gli sfratti, uno con i superpoteri potrebbe fare molto comodo”. E’ solo una delle battute nel vivacissimo e ricco dibattito pubblico tenutosi ieri sera a Tor Bella Monaca. Ospiti graditi, disponibili e soprattutto sintonizzati il regista Gabiele Mainetti e l’attore Claudio Santamaria che hanno realizzato proprio nel quartiere simbolo della rabbiosa e ribollente periferia est di Roma, il film “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Nel film un piccolo malavitoso cade nel Tevere inquinato da rifiuti radioattivi e ne esce dotato di superpoteri che però mette a disposizione della giustizia – senza lesinare l’uso della forza – e del riscatto. Ed è stata proprio la parola “riscatto” il tema intorno a cui è ruotato il confronto tra una sala gremita di gente e i due protagonisti del film che ha ottenuto ben 18 nomination per il “Premio Oscar” del cinema italiano, ossia il Davide di Donatello.

L’incontro, organizzato dalla Carovana delle Periferie e dal comitato di quartiere, si è tenuto al teatro delle Cornacchie ospite dell’Associazione Culturale Sirio 87, una associazione  “di frontiera” che cerca di mantenere aperto un presidio culturale tra i palazzoni di Tor Bella Monaca, dove da anni è chiuso il teatro aperto con fanfare dal Comune anni fa e gli effetti positivi del Piano Urban negli anni ’90 (fondi europei per le periferie) sono ormai completamente dissolti. Il deserto culturale nelle periferie è in totale simbiosi con il deserto sociale che consegna a  questi quadranti urbani tutti i record degli indici di disagio sociale. Mainetti e Santamaria hanno accettato in pochi giorni e di buon grado di tornare sulla scena del loro film per confrontarsi con la gente della periferia e lo hanno fatto con grande empatia, simpatia e semplicità. I ragazzini rasati si affacciano curiosi alla porta della sala. “Aoh, ma quello è quello che ha fatto er Dandy su Romanzo Criminale!”. Si, perché il cinema o la televisione creano anche miti e mitologie, talvolta con effetti negativi, come ha rimproverato al regista e agli attori un giovane attivista riferendosi proprio alla serie sulla Banda della Magliana (cosa diversa ma più pervasiva del film vero e proprio).

E allora perché attraverso il supereroe Enzo Ceccotti, borgataro che diventa Jeeg Robot non si può cercare di veicolare una idea di riscatto sociale? Il riscatto delle periferie è infatti lo slogan identitario da cui è partita la Carovana delle Periferie poco più di un anno fa. E nella recente assemblea cittadina è emerso come anche il fronte culturale debba e possa affiancare il fronte della resistenza e del conflitto sociale. Lo sottolinea un altro giovane attore romano, Giordano De Plano, anche lui figlio della periferia (Casalbruciato) e divenuto popolare più per le serie televisive che per un film da protagonista con un mostro sacro del cinema italiano come Montaldo.

In sala c’è una composizione sociale variegata, c’è la gente di Torbella, ci sono gli attivisti che ogni giorno vanno a fare i picchetti contro gli sfratti o organizzano le liste dei disoccupati nei territori, ci sono gli operatori culturali di ”frontiera”, una verità che rende ricco il confronto che dura fino a tardi. Più volte viene evocato Pasolini e la sua rappresentazione e frequentazione della vecchia periferia romana, oggi per molti aspetti irriconoscibile o gentrificata (vedi il Pigneto o Garbatella) rispetto a quella immensa che si è esteso oltre il Grande Raccordo Anulare creando condizioni di disagio, impoverimento e disgregazione immensamente peggiori.

La disponibilità dunque di attori, registi, intellettuali a venire nelle periferie diventa così una possibilità in più di ridare identità e strumenti di ricomposizione, resistenza e riscatto ai settori popolari nella disgregazione dell’area metropolitana e delle sue periferie. Può prendere corpo l’idea di luoghi in cui la quantità e la qualità delle contraddizioni sociali vanno a sintesi e riaprono l’ipotesi del cambiamento, a partire certo da una visione della città ma con in testa un intero e nuovo modello di società.

MAINETTI E SANTAMARIA A TOR BELLA

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