L’ultimo “regalo” della buona scuola, prima dell’estate, sembra essere stato sancito con l’accordo tra il MIUR e le OO.SS., riguardo alla chiamata diretta. L’USB da tempo ha già espresso chiaramente la propria contrarietà a questa nuova modalità di reclutamento dei docenti. Ne parliamo con Luigi del Prete, uno dei protagonisti dell’opposizione alle politiche scolastiche del Governo, punto di riferimento di USB Nazionale e noto al mondo dei lavoratori di ruolo e a quelli del precariato scolastico per la competenza e la qualità politica del suo intervento.
Caro Luigi, potresti spiegarci come cambierà il sistema e quali settori della scuola pubblica coinvolgerà?
Sulla chiamata diretta USB Scuola si è espressa più volte e ha messo in campo iniziative di lotta dai tempi del tentativo di sperimentarla in Lombardia, dove la Aprea aveva tentato di avviare la chiamata diretta nel 2012. Oggi, alla luce del raggiunto accordo tra il MIUR e le OOSS “rappresentative”, siamo ancora più convinti che il sistema messo in atto rappresenti la trasformazione definitiva delle scuole in aziende dominate da una logica gerarchica e clientelare, con un solo uomo al comando che elargisce assunzioni e bonus meritocratici. La scelta dei docenti da parte del Dirigente scolastico avverrà sulla base di alcuni indicatori stabiliti a livello nazionale, tra i quali il dirigente scolastico sceglierà i più adeguati alla propria azienda, stilando una graduatoria di istituto sulla base del numero dei requisiti/indicatori posseduti dai candidati. In queste ore stiamo assistendo a quella che sembra una marcia indietro, dovuta all’intervento dell’ANP (associazione nazionale presidi) che reclama la totale libertà di scelta per i dirigenti, e alla denuncia che in primis USB ha fatto dell’accordo. Lo dico perché in queste ore il nostro sito ha fatto registrare decine di migliaia di accessi, e il nostro volantino sulla “chiamata per competenze” ha fatto saltare i nervi a più di un dirigente CGIL. Diamo molto fastidio perché non rappresentiamo solo la “protesta” ma grazie alla struttura confederale del nostro sindacato e alla sua posizione politica generale, noi rappresentiamo una potenziale alternativa!
Perché allora dici che la marcia indietro è solo apparente?
Perché si tratta della solita dinamica. Ora fanno finta di fare saltare tutto per poi alla fine fare passare come conquista e riduzione del danno ciò che invece non è altro che l’accettazione del modello, che d’altra parte i sindacati complici in tutti questi anni hanno anticipato nelle loro analisi e proposte. Basterebbe andare a rileggersi quanto scrivevano qualche anno fa sulla valutazione.
Per completare la spiegazione che cercavo di darti prima, rimane nella facoltà del dirigente scolastico realizzare il colloquio così come stabilito dalla legge 107. Passiamo dalla chiamata diretta alla chiamata indiretta, attraverso una graduatoria che il dirigente potrà “costruire” sui docenti graditi, senza alcuna considerazione dell’anzianità di servizio e del lavoro in classe, ma valutando solo certificazioni acquisite in enti accreditati, compresi quelli dei sindacati complici, che organizzeranno la corsa al “pezzo di carta” da far valutare. La Commissione europea, nell’esprimere il suo apprezzamento sulla legge si è soffermata soprattutto su una “riforma” che, una volta attuate pienamente, consentirebbero al sistema di istruzione e formazione italiano di compiere un deciso salto di qualità: la sostituzione del sistema di carriera degli insegnanti basato solo sull’anzianità di servizio con un sistema basato sul merito. L’accordo tra il MIUR e OO.SS. elimina proprio il “valore” dell’anzianità di servizio e in un combinato disposto con il bonus meritocratico elargito dal comitato di valutazione, prova a realizzare il quadro strategico ET2020. Servilismo arrivista, accettazione passiva delle decisioni del dirigente scolastico e svuotamento degli organi collegiali saranno l’eredità che ci lascerà la “buona scuola”, un’eredità che dovremo combattere con forza scuola per scuola, posto di lavoro per posto di lavoro, per impedire la definitiva distruzione del sistema di istruzione pubblico laico e democratico post resistenziale.
Tutto fa sembrare insomma un sistema per favorire non tanto la meritocrazia, quanto piuttosto il tentativo di creare scuole di serie A e scuole di serie B anche all’interno della scuola pubblica. Questo, se messo all’interno del contesto europeo, fa pensare che la logica sia quella di formare in Italia una classe dirigente preparata e un enorme esercito di riserva. È così? Pensi che questo sia collegato alla condizione di PIGS dell’Italia?
Il Consiglio europeo nella sessione straordinaria del 23 e 24 marzo 2000 a Lisbona ha concordato l’obiettivo strategico per l’Unione per il decennio 2000-2010 al fine di sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un’economia basata sulla conoscenza. Con la Strategia globale concertata l’Unione si è prefissata l’obiettivo strategico di: “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Per garantire l’attuazione del quadro strategico ET2020, gruppi di lavoro composti da esperti nominati dagli Stati membri e altri interlocutori chiave definiscono strumenti e orientamenti politici comuni a livello europeo. Nel 2009, ET 2020 ha fissato quattro obiettivi comuni dell’UE per affrontare le sfide per i sistemi di istruzione e formazione entro il 2020: 1) fare in modo che l’apprendimento permanente e la mobilità divengano una realtà; 2) migliorare la qualità ed efficacia dell’istruzione e della formazione; 3) promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; 4) incoraggiare la creatività e l’innovazione, compreso lo spirito imprenditoriale, a tutti i livelli dell’istruzione e della formazione. Imprenditorialità, competitività e mobilità sono i cardini di una politica europea, che superando i confini nazionali, promuove la trasformazione del sistema di istruzione in struttura formativa che costruisca una massa di lavoratori di riserva pronti ad accettare le nuove logiche del mondo del lavoro che hanno investito l’Italia (Jobs act) e che stanno agitando la Francia. Le nuove norme italiane che riguardano il reclutamento e la valutazione degli insegnanti sono in perfetta linea con quanto previsto dal programma europeo “ET 2020”, nel settore di cooperazione dedicato al “Forte sostegno agli educatori”, cioè agli insegnanti. Un sostegno che, secondo l’Unione europea, dovrebbe focalizzarsi attorno a quattro precisi elementi: 1) potenziare il reclutamento, la selezione e l’inserimento dei candidati migliori e più idonei alla professione di insegnante; 2) aumentare l’attrattiva e il prestigio della professione di insegnante, anche mediante strategie globali; 3) sostenere la formazione iniziale e lo sviluppo professionale continuo degli insegnanti, in particolare per affrontare la sempre maggiore eterogeneità degli studenti, l’abbandono scolastico, l’apprendimento basato sul lavoro, le competenze digitali e le pedagogie innovative, anche mediante strumenti predisposti dalla stessa Unione europea; 4) promuovere l’eccellenza nell’insegnamento a tutti i livelli, mediante la concezione dei programmi, l’organizzazione dell’apprendimento e strutture di incentivi, ed esplorare nuovi modi per valutare la qualità della formazione degli insegnanti. E’ chiaro che la “buona scuola” non ha inventato niente, ha solo messo in pratica i dettami dell’Unione Europea, spingendo uno dei PIGS a piegarsi alle logiche pseudo-meritocratiche e di controllo sociale; non a caso l’Italia ha la percentuale più alta dell’UE di insegnanti che non sono mai stati formalmente valutati (70% secondo i dirigenti scolastici) e di insegnanti che non hanno mai ricevuto osservazioni sul loro rendimento nella scuola in cui lavorano attualmente (43%). Secondo la Commissione europea l’introduzione di una progressione di carriera basata sul merito sarebbe un’importante innovazione nel sistema d’istruzione italiano. Provo a sintetizzare e a mostrare il passaggio storico: fino a questo momento la scuola italiana è stata un carrozzone dove, con condizioni varie e tendenzialmente sempre peggiori, l’insegnante bravo e quello scadente potevano abbastanza agevolmente ritagliarsi il proprio spazio. Il primo per fare una scuola di qualità ad alto contenuto di pensiero critico, il secondo per passare serenamente la sua esistenza svolgendo una professione che se non lo faceva diventare ricco, per lo meno gli garantiva il quieto vivere. Ora, per ragioni diverse, il sistema europeo dell’istruzione non può accettare né l’uno né l’altro: il primo perché rompe, il secondo perché è improduttivo. Come fare? Accrescere, irrigidire, obbligare alla scelta di sistemi di insegnamento standard, che tarpino le ali a chi prova a fare pensare i ragazzi, e che faccia emergere l’inadeguatezza di chi non riesce a stare al passo con i tempi: ecco la scuola delle competenze, di cui tutti si riempiono la bocca ma delle quali sfido a trovare due persone che diano la stessa definizione. La Commissione europea controlla i progressi generali stabiliti in ET 2020 e in collaborazione con le autorità nazionali, valuta come migliorare gli indicatori.
Parliamo dei fruitori della scuola pubblica, gli studenti: un modello di scuola personalizzata ad hoc sulla base della scelta di un dirigente scolastico rischia di diventare un sistema pubblico per finta. Qual è il senso di smantellare la scuola pubblica, e di conseguenza il diritto ad un educazione libera, laica e aperta a tutti? Come verrà assicurata la qualità del processo pedagogico che la scuola dovrebbe offrire come diritto?
Gli studenti non sono i protagonisti della legge 107, se non sotto forma di manovalanza gratuita da utilizzare nell’alternanza scuola-lavoro ormai diventata obbligatoria nel triennio delle superiori, coinvolgendo per 200 ore i Licei e per 400 ore i professionali. L’obiettivo è ormai chiaro: trasformare gli studenti in una manodopera di riserva da utilizzare nel mercato mondiale, con sempre meno conoscenze e capacità critica ma con una serie di certificate competenze da spendere nel mercato del lavoro. Attraverso il duro colpo inflitto alla libertà d’insegnamento, non si vuole solo trasformare la scuola in un’azienda, ma l’obiettivo chiaro sono gli studenti, creando insegnanti assuefatti alla logica del potere in grado di inculcare le stesse dinamiche nella testa dei propri studenti. Sempre meno didattica e sempre più competenze, sempre meno costruzione di uno spazio di riflessione e sempre più educazione alla concorrenza, sempre meno scuola come spazio di socialità condivise e sempre più luogo asettico in cui “formare” da una parte la classe dirigente e dall’altro la massa corposa di lavoratori da sfruttare e sottopagare. Il processo pedagogico non è più una priorità per le strutture sovranazionali della Troika, basta guardare il quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità che fa parte di una serie di iniziative europee volte ad incoraggiare la mobilità dei lavoratori. Esso aiuta i paesi a promuovere e a monitorare i miglioramenti dei loro sistemi di istruzione e formazione professionale (IFP). Centrale in questo documento è il termine “educazione all’imprenditorialità”, inteso secondo i principi dell’Agenda di Oslo e della strategia ET 2020 come la capacità di una persona di tradurre le idee in azione. In ciò rientrano la creatività, l’innovazione e l’assunzione di rischi come anche la capacità di pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. Formare all’imprenditorialità significa preparare le persone che dispongano di una mentalità imprenditoriale, delle competenze, delle cognizioni e delle attitudini essenziali per essere creative, responsabili ed efficaci in qualsiasi attività intraprendano e indipendentemente dalle loro scelte professionali. I giovani con mentalità e abilità imprenditoriali possono trasformarsi in imprenditori di successo, o possono contribuire a una maggiore efficienza e innovazione nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni, nonché nella società in generale. Pensi che il diritto ad un educazione libera, laica e aperta a tutti sia ancora una priorità in questo sistema d’istruzione sovranazionale, di cui le politiche nazionali hanno solo il compito di valutare come migliorare gli indicatori in termini di imprenditorialità e concorrenza?
Parliamo ora dei lavoratori: CGIL CISL e UIL si sono mostrati tutto sommato d’accordo con le scelte della buona scuola, mentre USB ha diffuso comunicati che condannano nettamente questa loro scelta. Come pensi che questo inciderà sui rapporti tra sindacati e tra i lavoratori? Ma soprattutto… chi favorisce il sistema di chiamata diretta?
A CGIL, CISL, UIL e SNALS questo accordo piace e la sequenza contrattuale verrà firmata a breve. Un accordo che consente a questi sindacati complici di continuare a proclamarsi difensori dei docenti attraverso il “superamento delle criticità” della legge, e che invece legittima la chiamata diretta e lo strapotere che sarà appannaggio dei dirigenti scolastici. Con questo accordo si aprono le porte a una vera e propria corsa alla certificazione rilasciata dagli enti accreditati controllati dagli stessi sindacati o indicati dal dirigente scolastico interessato alla “formazione” dei propri insegnanti/dipendenti, trasformando la carriera del docente in una funambolica accumulazione di titoli e togliendo qualsiasi valore al lavoro che ogni giorno si porta avanti faticosamente nelle classi. I 500 euro che il ministero ha erogato (e sostiene che continuerà ad erogare annualmente) ai docenti di ruolo per l’autoaggiornamento serviranno proprio a questo! USB Scuola vede le “criticità” come inaccettabili pericoli e il “superamento” dichiarato dai sindacati complici come un mero specchietto per le allodole, come già dicevamo prima. Questo accordo non consentirà di superare i rischi del clientelismo, non permetterà di evitare le discriminazioni, non salverà gli insegnanti dalla ricattabilità e dall’abuso di potere, contribuirà solamente a far aumentare servilismo e sottrazione di diritti. Il sistema favorisce solo coloro che saranno disposti a diventare ingranaggio silenzioso del sistema aziendale, pronti a piegarsi al volere del dirigente e della suo staff di presidenza, disponibili a educare alla competitività i propri studenti. Cgil, Cisl, Uil ricevono in cambio ancora una funzione di “stampella” delle decisioni governative, il potere contrattuale di ingannare i lavoratori con un gioco a ribasso che toglierà sempre più diritti, con il compito di gettare acqua sul fuoco delle proteste che si sono evidenziate sulla questione “bonus meritocratico” e che già stanno montando in queste ore contro la chiamata diretta. I lavoratori però in questi mesi hanno preso consapevolezza di qual è la funzione di questi sindacati, degli interessi governativi che difendono e dell’acquiescenza al renzismo. Come USB dobbiamo il dovere di intercettare questo malcontento ed essere un punto di riferimento chiaro e coerente nelle lotte dei prossimi mesi.
Ma che fine faranno tutti i precari in graduatoria da anni, quelli che aspettano un concorso per l’abilitazione o che sono in terza fascia?
Proprio in questo periodo si sta svolgendo un concorso, per soli abilitati. È un concorso farsa, visto che già molti insegnanti immessi in ruolo nell’anno scolastico 2015/16 rischiano la soprannumerarietà, dato che le immissioni fatte lo scorso anno non hanno seguito un reale criterio di necessità, ma soltanto il tentativo di sfuggire alle sanzioni della Corte di Giustizia Europea, che ha condannato l’Italia per abuso di contratti a Tempo Determinato nella scuola (e non solo). Se a questo dato aggiungiamo il fatto che a causa della riforma Fornero troppi colleghi non possono andare in pensione, quindi i posti non si liberano, chi si sta sottoponendo alla fatica di questo concorso, molto probabilmente non sarà immesso in ruolo entro il triennio, come prevede il bando, e il rischio realistico è l’avvio di un ennesimo contenzioso giudiziario.
Per i precari di terza fascia la situazione è ancora più drammatica. Non essendo abilitati, non hanno neanche potuto pensare di partecipare al concorso e la legge 107 prevede, sempre per evitare sanzioni, che dopo tre anni (a partire dal 2016/17) di contratti a tempo determinato su posti vacanti, se non subentra l’assunzione, non si potranno avere ulteriori supplenze. Insomma, il governo interpreta in modo molto originale una sentenza che imporrebbe la stabilizzazione per risolvere il precariato: il licenziamento definitivo. Intanto, per abilitarsi all’insegnamento, i Lavoratori dovranno sobbarcarsi ingenti spese per i TFA o per i percorsi, rigorosamente a pagamento ed esosi, che il Ministero andrà ad ideare all’uopo.
Nel vostro comunicato scrivete, in merito alla raccolta firme della FLC sul referendum: “Noi continuiamo a combattere seriamente e a denunciare la firma di questi finti accordi che non salveranno alcun docente e metteranno a serio rischio la libertà di insegnamento nel nostro Paese”. Qual è la progettualità che metterete in campo?
Non si può superare la deriva aziendalista della legge 107 con un accordo al ribasso, non si possono emendare le derive autoritarie dei dirigenti scolastici, non si può correggere la totale assenza di un progetto didattico-pedagogico e di un’idea di come si fa scuola, si può solo cancellare la Legge 107 ed è per questo che abbiamo raccolto con i comitati cittadini più di 500 mila firme per i referendum contro la “Buona scuola”! Noi come USB manteniamo la nostra coerenza, non giochiamo come la Flc-CGIL sulla pelle dei lavoratori della scuola, ingannandoli con una raccolta firme per un referendum contro la chiamata diretta, per poi, nello stesso giorno in cui si depositano i quesiti, firmare l’accordo sulla chiamata diretta consentendo così al sottosegretario Faraone di inneggiare alla “svolta epocale”. Le nostre idee sono chiare: dal mese di settembre inizieremo la nostra campagna in difesa dei diritti dei docenti potenziatori, che si trovano in un limbo contrattuale che ha permesso in questi mesi ai dirigenti scolastici di utilizzarli come tappabuchi nelle scuole. Continueremo nella nostra lotta contro il bonus premiale con lo slogan “a tutti o non lo voglio”, che ha avuto ampia diffusione nelle scuole ed è stato uno strumento di resistenza contro la divisione dei lavoratori generata dalla valutazione. La chiamata diretta inoltre tra Agosto e Settembre ingolferà le segreterie delle scuole, aprendo contenziosi tra lavoratori e dirigenti sui criteri di assunzione; noi saremo pronti ad intervenire accanto ai docenti con il doppio obiettivo di difenderli dalle logiche clientelari che domineranno e mostrare chiaramente come il sistema ha l’obiettivo chiaro di creare delle scuole/caserme. Saremo presenti anche nella progettazione e nell’attuazione del percorso dello sciopero generale e del referendum costituzionale, i nostri convegni saranno concentrati sulla scuola della Costituzione, in un parallelismo tra lo smantellamento della Carta Costituzionale e il sistema di Istruzione Pubblica Statale, mettendo entrambe le questioni in nell’ottica ampia delle politiche europee che sono i veri mandanti di queste iniziative.
Crediamo inoltre che anche nella scuola avverrà quanto sta avvenendo nei più diversi ambiti lavorativi, dai metalmeccanici a tutto il pubblico impiego, dove registriamo un costante travaso verso la nostra organizzazione: anche diversi gruppi di Flc-CGIL cominciano a capire che il proprio sindacato ha assecondato tutti i passaggi di questa controriforma scolastica, e un fatto del genere avrà delle conseguenze. Al tempo stesso esiste un nucleo maggioritario di lavoratori della scuola non sindacalizzati. I nuovi rapporti dentro le scuole, l’inasprimento inevitabile dello scontro fra dirigenze e lavoratori non disposti ad accettare passivamente aumenti dei carichi di lavoro ed intromissioni e limitazioni della libertà di insegnamento, ebbene tutto questo condurrà ad una nuova ondata di sindacalizzazione che noi crediamo di potere intercettare e rappresentare.
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