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Agosto 1892: fondazione del Partito italiano dei lavoratori

Anche quest’anno ho atteso qualche giorno ma non ho colto segnali di memoria al riguardo della ricorrenza della fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani progenitore diretto del Partito Socialista, dal quale poi con la scissione di Livorno originò anche il Partito Comunista.

Mi pare allora il caso di ritornare sul ricordo di quella scadenza anche per il fatto che da qualche settimana a questa parte abbiamo avviato con altre compagne e compagni appartenenti a diverse aree politiche della sinistra italiana un lavoro tendente a promuovere un processo di vera e propria “ricostruzione di soggettività” fondato sul superamento delle divisioni del ‘900 e sull’attualizzazione di un progetto basato sull’analisi dell’inedito intreccio di contraddizioni che ha caratterizzato quest’avvio di XXI secolo.

Questo ricordo si misura allora con questa idea di fondo della ricostruzione posta oltre le antiche separatezze rievocando l’importanza storica di quel momento fondativo.

Un esempio di coraggio e di lungimiranza politica datato 1892 ma di grande attualità nella sua essenza di capacità nel progettare il futuro: forse quella capacità che a noi manca nel saper riproporre oggi l’essenza di una presenza della sinistra rivolta sempre coerentemente al riscatto dei ceti sociali sfruttati in modo diverso, ma forse sempre eguale, da un capitalismo sempre più tentacolare (per descriverlo sommariamente con un semplice slogan).

In Italia la crescita del movimento operaio si delinea sulla fine del XIX secolo. Le prime organizzazioni di lavoratori sono le società di mutuo soccorso e le cooperative di tradizione mazziniana e a fine solidaristico. La presenza in Italia di Michail Bakunin dal 1864 al 1867 dà impulso alla prima organizzazione socialista-anarchica, ma aperta anche ad istanze più generalmente democratiche e anche autonomiste: la Lega Internazionale dei Lavoratori (opposta all’Associazione internazionale dei lavoratori di Karl Marx). L’episodio anarco-socialista di propaganda più noto è quello del 1877 (un gruppo di anarchici tentò di far sollevare i contadini del Matese). La strategia insurrezionale fallisce mentre riscuote molto successo il partito Socialdemocratico nelle elezioni del 1877.

In merito alla formazione dei socialisti in Italia (che a tutti gli effetti si configuravano come prima realtà partitica moderna) è interessante notare l’eredità mazziniana e della struttura di “partito” che, decenni addietro, si era data la Giovane Italia di Mazzini. Essa, infatti, pur scevra da costrutti dottrinali ideologici per come li intendiamo noi, basava la propria attività su tre punti fondamentali: proselitismo, coordinamento centrale e autofinanziamento del movimento. I socialisti, volontariamente o meno, si strutturarono quindi in maniera simile, poggiando le basi su una concettualità ideologica, e formando così il primo partito moderno italiano.

Intanto la Lega Internazionale dei Lavoratori nel 1874 si era sciolta e l’anima più moderata, guidata da Andrea Costa, sosteneva la necessità di incanalare le energie rivoluzionarie in un’organizzazione partitica disposta a competere alle elezioni. Tra i più convinti sostenitori di questa linea troviamo Enrico Bignami e Osvaldo Gnocchi – Viani, fondatori nel 1876 della “Federazione Alta Italia dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori” e, nel 1882, del Partito Operaio Italiano, con la rivista “La Plebe” (di Lodi), alla quale poi si affiancano altre pubblicazioni.

Nel 1879 Costa, uscito dal carcere, si trasferì a Lugano in Svizzera

Qui scrisse la lettera intitolata “Ai miei amici di Romagna”, in cui indicava la necessità di una svolta tattica del socialismo, che doveva passare dalla «propaganda per mezzo dei fatti» a un lavoro di diffusione di principii, che non avrebbe presentato risultati immediati, ma avrebbe ripagato sul medio periodo.

La lettera fu pubblicata nel n. 30 del 3 agosto 1879 de “La Plebe”.

La presa di posizione di Costa determinò nel movimento socialista italiano una prima separazione dei socialisti dagli anarchici. Nel 1881 questi organizzò il Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna, che sosteneva, fra l’altro, le lotte dei lavoratori, l’agitazione per riforme economiche e politiche, la partecipazione alle elezioni amministrative e politiche. Il partito di Costa incontrò grandi difficoltà, anche se egli riuscì ad essere eletto alla Camera nel 1882: fu il primo deputato socialista della storia d’Italia.

Anche il Partito Operaio Italiano di Costantino Lazzari e Giuseppe Croce si presentò alle elezioni del 1882, ma senza successo.

Frattanto il movimento operaio si organizzava in forme più complesse: Federazioni di mestiere, Camere di lavoro, ecc. Le Camere di Lavoro si trasformano in organizzazioni autonome e divengono il punto di aggregazione a livello cittadino di tutti i lavoratori.

Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l’esperienza del Partito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese (d’ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Filippo Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno al socialismo di ispirazione marxista.

La scelta di Genova come città in cui svolgere il congresso il 14 e 15 agosto del 1892, tra le altre cose, fu dovuta alla contemporanea presenza delle manifestazioni Colombiane per il quattrocentenario della scoperta delle Americhe: le ferrovie infatti in tale occasione avevano concesso degli sconti sui biglietti per il capoluogo ligure, che vennero sfruttati dai convenuti al congresso (la maggior parte dei quali provenivano dalle regioni del nord). La decisione generò attriti con i rappresentanti della locale Confederazione operaia genovese, inizialmente tenuti fuori dall’organizzazione dell’evento, e mediaticamente si rivelerà controproducente, essendo in quei giorni l’interesse dei quotidiani e delle riviste concentrato proprio sugli eventi (gare ginniche e regate) correlati alla grande esposizione colombiana, che finiranno per mettere in ombra il congresso. 

Al congresso si presenteranno circa 400 delegati, rappresentanti d’interessi e posizioni non sempre allineate tra di loro.

I fondatori ufficiali della nuova formazione politica furono Filippo Turati e Guido Albertelli. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Enrico Ferri, che erano provenienti dall’esperienza del Positivismo.

Turati ed altri (Camillo Prampolini, Anna Kuliscioff, Bosco, ecc..) furono a Genova fin dal 13 e proprio la sera di quel giorno si riunirono per discutere delle proposte da presentare nel congresso dei giorni seguenti. Gli esponenti anarchici, commentando al tempo questa riunione preparatoria, la descrissero come una riunione che aveva come tematiche le decisioni da prendere contro la corrente anarchica stessa. Gli attriti tra le due anime proseguirono il giorno successivo, nella sala Sivori, con la richiesta della parte anarchica (Pellaco, Galleani e Gori) di sospendere i lavori e la posizione di Turati e Prampolini che invece chiesero ed auspicarono una netta separazione tra le due correnti del movimento.

 Turati decise quindi di riunire i congressisti che erano fedeli alla sua linea non più alla sala Sivori, ma nella sede dell’associazione garibaldina “Carabinieri Genovesi“.

Il 15 agosto si ebbero quindi due incontri, quello degli appartenenti alla linea di Turati (circa i 2/3 dei rappresentanti convenuti a Genova), che, dopo alcuni infruttuosi tentativi di mediazione tra le due correnti portati avanti da Andrea Costa, fonderà il Partito dei Lavoratori Italiani, e quella nella sala Sivori dove l’ala anarchica ed operaista (circa 80 delegati) darà vita ad un omonimo partito, la cui esistenza, di fatto, terminerà con la fine del congresso.

Viene eletto Segretario del neocostituito Partito Carlo Dell’Avalle, fondatore nel 1882 della “Società Genio e Lavoro”, che riuniva le principali organizzazioni operaie milanesi, tra cui i ferrovieri e i lavoratori della Pirelli.

Nel 1893, nel II Congresso di Reggio Emilia, il partito si dà un’autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano di Andrea Costa. È confermato Segretario Carlo Dell’Avalle.

Nell’ottobre del 1894 il partito viene sciolto per decreto a causa della repressione crispina. Il 13 gennaio 1895 si tiene in clandestinità il III Congresso a Parma che decide di assumere la denominazione di Partito Socialista Italiano. È eletto Segretario Filippo Turati.

Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, è legato alla socialdemocrazia tedesca ed alle associazioni operaie lombarde. Considera il socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche.

Alle elezioni del 1895, in contrapposizione alla repressione, viene creata un’alleanza democratico -socialista. Vengono eletti in Parlamento 15 deputati socialisti, tra i quali Bissolati, Costa, Prampolini, Turati. Poi verranno, nel maggio 1898, le giornate milanesi delle cannonate di Bava Beccaris, la repressione fino all’inserimento graduale nel contesto delle istituzioni di allora. Per adesso basterà ricordare quella prima stagione proprio per sottolineare il coraggio di chi seppe promuovere l’organizzazione dei lavoratori, la fedeltà ai principi del riscatto sociale, la forza nel saper coniugare teoria e prassi in quel momento storico”.

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