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La rivolta nel ghetto di Varsavia

La casa editrice Red Star Press ha da poco pubblicato un libro illustrato sulla “Rivolta del Ghetto di Varsavia”, realizzato da Giorgio Pratolongo si intitola “Noi conosciamo i sistemi di Hitler“. Un piccolo volume rivolto prevalentemente ai giovani (ma anche ai giovanissimi) e a coloro che non conoscano la vicenda. Per tutti gli altri può comunque essere un modo diverso d’approcciare il tema: per immagini.

Questa scelta non sminuisce la narrazione, bensì la facilita: in certi casi le parole non sono sufficienti a descrivere l’orrore, soprattutto perché lo scrittore potrebbe tendere ad autocensurarsi. Viceversa, una descrizione scritta troppo meticolosa potrebbe disturbare alcuni lettori, mentre con l’immagine ognuno può liberamente decidere quanto soffermarsi, su quali dettagli e quanto approfonditamente. Per questo motivo alcune vicende oltremisura dolorose si descrivono meglio attraverso le immagini.

La Polonia venne invasa dalla Germania il primo settembre del 1939 e cadde repentinamente. A Varsavia esisteva un quartiere ebraico intorno al quale i nazisti isolarono un’ampia zona da destinare a ghetto (che assunse la sua fisionomia nell’autunno del 1940). Vi vennero ammassati tutti gli ebrei della città e delle aree limitrofe, vi si trovavano circa mezzo milione di persone.

Le condizioni di vita erano disumane e le morti per stenti e malattie erano migliaia ogni mese. Quasi ogni diritto era annullato. La repressione nel ghetto era affidata ad un corpo di polizia ebraica agli ordini dei nazisti, mentre la parte amministrativa era gestita da un consiglio ebraico (Judenrat).

Nel 1942 i nazisti avviarono la “soluzione finale”, ossia il genocidio degli ebrei. A quel punto iniziarono le deportazioni verso i campi di concentramento. La Rivolta del Ghetto di Varsavia durò meno di un mese, scoppiò il 19 aprile e venne stroncata il 16 maggio del 1943. All’epoca nel ghetto erano rimaste circa 70mila persone, vennero quasi tutte uccise o deportate. I nazisti persero circa 300 soldati.

Non si deve fare l’errore di credere che ci fosse una qualche prospettiva di vittoria, era una lotta disperata per morire combattendo e uccidendo più nemici possibile.

Questa sintetica ricostruzione ci offre degli elementi per fare delle ineludibili valutazioni che nel libro non emergono ma che dovrebbero fare da doveroso compendio, soprattutto perché ci offrono degli spunti di riflessione utili alla nostra azione.

La prima è sul fatto che l’insurrezione è scoppiata due anni e mezzo dopo la creazione del Ghetto, ma soprattutto in una fase in cui gli abitanti erano stati quasi tutti già deportati verso i campi di sterminio. In certi casi l’attendismo è sinonimo di morte. Se la rivolta fosse scoppiata al momento della creazione del Ghetto, poteva avere esiti assolutamente diversi. Ma le componenti più moderate della Comunità, insieme a quelle addomesticate dai nazisti, frenarono per lungo tempo ogni ipotesi di rivolta.

Questa esperienza ci dice che non ha senso aspettare tempi migliori, il futuro è nelle nostre mani e dobbiamo lottare per costruirci il domani.

I primi ad essere inviati ai campi di sterminio erano i vecchi e i malati, in quanto ritenuti inutili allo sforzo produttivo. Al giorno d’oggi in alcuni paesi questo macabro criterio sembra in qualche misura riproposto nella gestione della pandemia del Coronavirus.

La Resistenza polacca (egemonizzata da forze nazionaliste supportate dal Governo inglese) non diede un significativo supporto ai rivoltosi, ufficialmente perché riteneva che la loro azione non potesse portare a un qualche risultato. Tuttavia rimane forte il dubbio che le forze nazionaliste polacche non fossero esenti da pregiudizi antisemiti.

Il libro si legge in un paio d’ore. Può essere consigliato ai ragazzi per conoscere la storia, ai militanti per incitarli alla ribellione e per ricordargli che si deve sempre lottare fino alla fine, ma soprattutto lo si suggerisce agli israeliani, perché Gaza assomiglia troppo al Ghetto di Varsavia.

In varie forme il nazismo sta riemergendo in diverse parti del mondo, Israele fa finta di non vederlo per interessi geopolitici, ma se vorrà evitare il ripetersi delle tragedie, dovrebbe lasciare in pace i palestinesi per nuovamente andare a caccia di nazisti.

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