Io c’ero, al concerto di Bob Marley allo Stadio Comunale di Torino, il 28 giugno del 1980. Non per la musica, che non amavo, bensì per l’importanza dell’evento.
Andai davanti ai cancelli dello stadio senza biglietto, ben sapendo che alcuni di loro erano controllati da “compagni” del Movimento, che conoscevo e che mi fecero, insieme ad altre centinaia di persone, entrare gratis.
Mi misi ai lati del prato, all’altezza del centro campo, non troppo distante dal palcoscenico, sotto il quale si era formata una nuvola di polvere dolciastra a causa del numero spropositato di “canne”.
Di quel concerto, ricordo il piacere di stare in mezzo a quella folla variegata di persone: quella diversità mi affascinava e, al contempo, mi turbava. Mi sembrava impossibile che l’euforia che la folla sprigionava fosse depressiva, sterile, incapace di trasformarsi in una grande eresia collettiva.
Lo ricordo davvero: tutto intorno a me stavano, con gli occhi dilatati dalla gioia, migliaia di persone, dei piccoli soli che splendevano senza però bruciare. Mi sembrava di assistere a una funzione mistica, a una sorta di rito collettivo della dimenticanza. Divinità dello sballo.
Stava per essere sferrato il colpo di grazia al grande movimento di trasformazione iniziato nel biennio 1968-69.
Soltanto alcuni mesi prima del concerto di Bob Marley, nell’ottobre del 1979, la Fiat licenziò 69 sindacalisti accusati di violenza e di contiguità con il terrorismo. Le accuse erano false – e tali si rivelarono anche in sede processuale; ma segnarono l’inizio della grande offensiva padronale contro i diritti dei lavoratori.
Nel maggio del 1980 la Fiat annunciò la cassa integrazione per 78mila operai e, nel mese di settembre, il licenziamento di oltre 14mila lavoratori. Iniziò uno sciopero eroico, durato 35 giorni, che culminò con la famigerata “marcia dei quarantamila” (quadri e impiegati che si mobilitarono contro lo sciopero) e con la firma di un accordo favorevole alla Fiat, che infatti fu contestato duramente dalla base.
Ricordo molto bene la manifestazione che si svolse, subito dopo la firma dell’accordo, davanti ai cancelli e che si spostò sino alla palazzina principale di Fiat Mirafiori, quella dei dirigenti. Fu una manifestazione molto dura, ma che portava a spasso, insieme alla rabbia, la certezza di una sconfitta epocale. Mille, forse duemila persone, non di più.
Nessuna nuvola dolciastra, quel giorno; e nessuna euforia. Cominciavano gli Anni 80, quelli “del riflusso”. E cominciava la ristrutturazione della società in chiave liberista.
Il concerto di Bob Marley non fu solo un concerto. Quella folla saltellante non si accorse dello schiaffo che, facendoci cadere malamente, ci consegnò a uno dei periodi più bui della nostra storia – che non a caso culminerà in due eventi anch’essi epocali: l’avvento della televisione commerciale, che contribuirà a degradare immaginario e linguaggio, e la precarizzazione del lavoro.
Cosa importa poi che il concerto sia stato piacevole?
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