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L’amore per l’Università come scelta di vita

Luciano Vasapollo e l’orgoglio per l’eccellenza conquistata da La Sapienza.

L’Università La Sapienza è “la mia famiglia, la mia comunità accademica, la mia comunità sociale. È il mio posto di lavoro, l’impegno professionale cui mi dedico con tanto, tanto, impegno, ma anche tanta passione per la cultura.”

Il professor Luciano Vasapollo si vuol congratulare con la sua università, La Sapienza, per i meriti ancora una volta riconosciuti a livello mondiale. Proprio la Facoltà di Lettere nella quale insegna è stata riconosciuta prima nel mondo per le materie letterarie.

L’undicesima edizione dei QS World University Rankings by Subject la colloca infatti al primo posto al mondo per Studi classici & Storia antica, così da precedere anche l’Università di Oxford (ora al secondo posto).

Una grande soddisfazione per chi in quelle aule ci ha passato una vita. E Vasapollo ci tiene a far comprendere il suo attaccamento all’università più grande d’Europa, testimoniato dalla sua vita di studente militante prima e di docente dopo.

Sono stato dapprima, parliamo del ’69-’70, leader dei movimenti studenteschi liceali del collettivo Francesco d’Assisi a Centocelle.

L’Università già al tempo era il punto di riferimento al quale noi, giovani militanti, guardavamo. Tali rapporti erano momenti di sintesi e di confronto con i movimenti studenteschi di fine anni Sessanta inizio anni Settanta, nonché con la classe operaia, con i lavoratori, perché alle assemblee dell’Università La Sapienza partecipavano anche ovviamente le strutture e le organizzazioni sociali operaie.

Mi inscrivo all’università nel ’75, alla Facoltà di Economia e commercio e divento un elemento attivo anche dei collettivi e delle organizzazioni politiche giovanili di lotta rivoluzionaria dell’Università. Mi laureo nel 1980 e comincio a lavorare anche dentro l’università, stringendo un bellissimo rapporto di confronto, da allievo, con il professor Federico Caffè.”

A rallentare però la sua carriera ci si mettono varie “avventure” giudiziarie. “Avventure – spiega – tra virgolette perché in quegli anni dovevamo risolvere problemi giudiziari dai quali poi siamo ovviamente stati prosciolti all’inizio degli anni Novanta. Le accuse erano rivolte alla nostra attività politica.

Insomma alla fine non solo prende la laurea ma vince anche il concorso per ricercatore nel 1990 e poi per professore nel ’95.

Da allora – continua fiero il professore – è passata una vita. Dei miei 65 anni, ben 51 sono passati in rapporto con La Sapienza.

Perfino ora, nonostante i problemi di salute, il professore si dedica alla ricerca.

Non mi vergogno a dirlo, è tutto pubblico: ho avuto un tumore e sono riconosciuto invalido civile al 100% con l’articolo 104. Avrei potuto mancare qualche lezione, ma non l’ho mai fatto. Neppure una ne ho saltata, né tanto meno un ricevimento o un’attività accademica.

Tutto questo perché la sua è una dedizione fondata sull’amore: “Amo profondamente la ricerca ma anche il rapporto con i ragazzi.”

Il suo ruolo a volte gli impone distanza ma mai superbia: “Esser educatore significa più o meno essere come un padre: non sempre è accomodante, spesso è anche severo, a volte perfino rigido, a volte duro. Però sempre nel rispetto.”

Per passione ha scelto di rimanere ancora qualche anno a lavorare: “Mi è stato proposto, dal primo ottobre 2020, di andare in pensione anche per via della malattia. Ho optato per rimanere fino all’età di 70 anni”, quindi per altri 5 anni, “perché ci tengo a questo lavoro”.

Dopo la sua presentazione, l’economista giunge al punto per lui cruciale di questa intervista: l’eccellenza dell’Università La Sapienza.

Questa lunga premessa è per dire che è motivo di grandissimo orgoglio personale, politico, culturale e accademico sentire che ancora una volta l’Università La Sapienza, e in particolare la Facoltà di Lettere nella quale insegno, risulta prima al mondo per gli studi delle lettere antiche e per l’archeologia. Grazie al lavoro indefesso La Sapienza è fra le prime 100 università al mondo non soltanto per Lettere ma considerando 21 facoltà e 21 Discipline.

Un premio, sottolinea, che pone l’accento sull’“eccellenza dell’università pubblica non dell’università privata.

La Sapienza – continua – è una delle università più vecchie del mondo, essendo nata nel 1303. Quindi parliamo di lunghissimi secoli. È inoltre la più grande d’Europa in quanto contiamo diverse migliaia di docenti, personale non docente, e 130.000 studenti. Abbiamo come in tutte le buone famiglie le eccellenze e abbiamo le difficoltà.

Gli aspetti positivi certo sono innumerevoli: “Io penso che permane lo spirito della battaglia per la scuola e l’università pubblica, quindi la difesa del pubblico. Io ho avuto l’onore di essere parte della governance centrale della Sapienza fino a dicembre, cioè fino a due mesi fa. Sono stato delegato del Rettore per rapporti internazionali in particolare con l’America Latina, prima con il carissimo rettore e caro amico Luigi Frati e poi con un altro carissimo amico e rettore Eugenio Gaudio, rettore prima dell’attuale rettrice Antonella Polimeni.

Quindi per 13-14 anni ho rivestito questo ruolo di governance con forte passione e partecipazione e ho contribuito, insieme ad altri, all’internazionalizzazione della nostra Università La Sapienza, dando un posto di rilevanza a paesi che vengono considerati spesso di seconda fila e che invece sull’istruzione e sui rapporti universitari stanno al primo posto.

In particolare “ho aperto tantissimi spazi alle relazioni internazionali con Cuba, la grande Cuba della sanità pubblica e gratuita, eccellenza internazionale negli studi all’università. Poi ho stretto grandissimi rapporti con accordi bilaterali con tutti i paesi dell’America Latina: abbiamo perfino ricevuto il vice presidente del Venezuela, Jorge Arreaza, qualche anno fa.

Abbiamo dunque dato una spinta alle relazioni internazionali con le università e i centri culturali della Repubblica Bolivariana e con il Venezuela. I rapporti intensi con la Bolivia, di cui sono stato uno dei promotori insieme ovviamente a tutti gli altri colleghi, che hanno portato al dottorato honoris causa per il presidente boliviano Evo Morales, un presidente contadino, un cocalero, che significa coltivatore della coca e non trafficante di droga.

Questo riconoscimento lo abbiamo dato in quanto Morales ha svolto proprio un ruolo prioritario per la Bolivia nella lotta contro la cocaina, ed è uno tra i fautori della grande idea del Socialismo comunitario.

Come diceva il poeta cubano José Martí, “essere colti per essere liberi. Questo è lo spirito che noi trasmettiamo ai nostri studenti. Al di là della preparazione, ci auspichiamo che carpiscano i modi di formare la cultura viva per accompagnarci nella vita.

Io mi auguro – confida Vasapollo -, e lo auguro ai miei figli e a tutti gli studenti, di chiudere la loro vita a 300 anni. 300 anni non passati serenamente seduti su un divano, ma 300 anni con un libro in mano.

L’educazione a guardare l’altro da sé è il cardine dell’insegnamento per Vasapollo: “L’elemento interculturale per noi è estremamente importante. Dal mettere a confronto i popoli nasce l’amicizia fra i popoli. Per questo ho sempre cercato di unire le materie di carattere scientifico sociale con quelle di carattere scientifico sperimentale, come si vede dai miei libri per i quali io faccio un grande lavoro di ricerca. Ho scritto quasi 60 libri e non prendo assolutamente nessun diritto d’autore.

Questo per far capire – evidenzia – anche come questa eccellenza de La Sapienza è data da tanti che, come me, lavorano non per i diritti d’autore ma per l’amore per la ricerca. Io, come ho scritto su tutti i miei libri, rinuncio ai diritti commerciali perché ciò è in linea con la mia attività di fondatore della rete di intellettuali e artisti in difesa dell’umanità. Tra le battaglie che dalla nascita, nel 2004,portiamo avanti c’è quella contro le multinazionali dei brevetti. Il diritto d’autore dev’essere sempre riconosciuto a livello intellettuale, mai a livello commerciale. Ciò perché l’opera dell’ingegno è una ricchezza sociale e pertanto il patrimonio collettivo è patrimonio dell’umanità e deve esser modo per socializzare.

Io – riprende Vasapollo – sono un critico dell’economia, sono un marxista e ho notato come l’economia oggi si è velocizzata in una maniera incredibile. Pensate per esempio al ruolo che svolge l’Unione europea oggi o oppure la competizione aspra che oggi c’è fra Stati Uniti e altri. Eppure è possibile un passaggio dalla mondo unipolare a guida nord-centrica, quindi statunitense e dell’Unione europea, a quello in un mondo multi centrico che auspicava Fidel Castro e Chavez. Si veda ad esempio il ruolo oggi di Cuba, del Venezuela, della Cina e della Russia nonché dell’India, dell’Iraq.

Qui c’è “una multi polarità culturale e politica che noi come Sapienza dobbiamo assolutamente assecondare. Le mie linee di ricerca vanno in questo senso. Nei miei libri di economia o di politica economica sembra strano ma spesso faccio riferimento a Dante, a Gramsci, a papa Francesco, ai  Promessi Sposi, a Guerra e Pace

I miei libri sono ricchissimi di citazioni di letteratura ma non solo: durante le lezioni invito gli studenti a vedere una serie di film, i grandi film italiani del periodo post guerra, del Neorealismo. I grandi film di Fellini oppure grandissimi grandissimi altri film che hanno attraversato tutti gli anni Settanta, tra i quali quelli che trattano di Sacco e Vanzetti fino ai film su Gramsci. Ricordo con grande piacere La classe operaia va in paradiso, i lungometraggi con Gian Maria Volonté, i grandi film di Sergio Leone.

Servono perché in tal modo “lo studente può capire la società. Per capire l’economia si devono comprendere gli elementi culturali che ci sono dietro. Questo è un grande sforzo che noi cerchiamo di fare e di trasmettere chiaramente agli studenti.”

Tra i punti a sfavore, Vasapollo ritiene ve ne siano alcuni falsati dalle dicerie: “Ovviamente non è tutto oro quello che luccica. Ci saranno sicuramente, purtroppo anche in una buonissima famiglia come la nostra, docenti più attivi e docenti meno attivi, docenti che vivono con maggiore passione di educatore e chi meno. Però dà fieramente fastidio quando si sente per esempio dire che i professori de La Sapienza, o di altre università, sono tutti fannulloni. Questo è un falso. Nasconde la grande passione che c’è dietro. Ho sentito per radio l’altro giorno addirittura che i professori de La Sapienza sono dei privilegiati perché sono tutti vaccinati contro il Coronavirus. È falso. Ecco la mia testimonianza: io sono stato malato, ho avuto un tumore e sono cardiopatico con un infarto e appartengo peraltro alla categoria professore in età superiore a 65 anni. Nonostante tutto questo io non sono stato vaccinato.”

In più “noi cerchiamo di sollecitare una nuova cultura. Gli studenti sono spesso bombardati dalla cultura che permea questa società, la cultura del Grande Fratello, la cultura del centro commerciale, de L’isola dei famosi, dell’individualismo sfrenato, del corri da solo, dell’essere il furbo, del non appartenere alla comunità. Ma non è vero che non sono interessati: noi abbiamo molti studenti che studiano che riconoscono il tuo lavoro. Mi scrivono in continuazione mail ringraziandomi per l’educazione e per la passione che ci metto.

Ovviamente Vasapollo è realista: “Come dice un vecchio proverbio la mamma del cretino è sempre incinta. C’è sempre una piccola minoranza di cretini arroganti che addirittura cercano di svolgere furbescamente diciamo i loro esami, che non studiano, e che vorrebbero la promozione garantita. Questi perpetrano la società degli ignoranti e quindi a volte ci rimettiamo noi che invece ci dedichiamo con passione e impegno e invece veniamo messi sotto accusa, a volte addirittura in maniera indegna.”

Lo studioso ci tiene a puntualizzare che “la maggior parte di noi professori siamo persone perbene, che profondono un impegno professionale incredibile e la maggior parte degli studenti sono bravissimi e acquisiscono una grande cultura generale. Poi, come in tutte le famiglie, abbiamo minoranza da una parte che invece guasta questo. Ma il nostro compito è un compito molto più importante perché noi mettiamo in evidenza la funzione dello Stato nell’epoca della competizione globale. Dipende da noi il tipo di Stato che vogliamo mettere al centro. Imprescindibili sono la questioni della nostra Costituzione, come l’articolo 3 e l’articolo 33 che recitano di vedere come protagonista la sovranità popolare e mettere al centro l’autonomia della didattica, della ricerca e dell’insegnamento. La politica culturale più adatta per far progredire il nostro Paese, per amministrare e per allocare al meglio le risorse è la ricchezza sociale. Quindi bisogna lavorare contro il ruolo spesso coercitivo o spesso troppo commerciale di multinazionali oppure della fabbrica della comunicazione, contro la quale io muovo una battaglia contro la commercializzazione dei diritti d’autore.”

Io dico no – ribadisce Vasapollo – alle remunerazioni del diritto d’autore perché non voglio in nessuna maniera che la cultura vada a incrementare quelli che sono la logica del profitto delle multinazionali. Noi dobbiamo invece far sì che la nostra cultura esca dal produttività dall’economia e diventi così una relazione di sviluppo fra popoli. La tradizione che vede e porta avanti l’autodeterminazione è quella che fa risultare La Sapienza tra le prime al mondo. La nostra università riceve questi grandi riconoscimenti, prende questi grandi premi, perché abbiamo studenti che studiano e che vedono riconosciuti i loro meriti e il loro sacrificio. Ci sono professori che studiano e scrivono libri, le cui analisi sono frutto di 20 ore al giorno di ricerca. Noi facciamo costanti sforzi non solo per qualificare La Sapienza ma anche per dare un ruolo sociale alla ricerca e per far sì che la ricerca sia un patrimonio dell’umanità. Questa è la missione che vogliamo condurre e portare avanti.

 * da IlFarodiRoma

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