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“Bastava chiedere!”. Dieci storie di femminismo quotidiano

Dall’edicola si è affacciato un volume rosa e l’ho afferrato. Titolo: “Bastava chiedere!”. Sottotitolo: dieci storie di femminismo quotidiano. Lo compro e lo leggo in un baleno.

Il volume di cui parlo è un volume di vignette. Lo ha scritto e disegnato una blogger francese, Emma. Virale sui media già da un po’..

Perché è imperdibile? Perché mantiene la promessa. Funziona sia per chi femminista già lo è, sia per chi lo è, ma non sa di esserlo. Ma soprattutto funziona per chi femminista pensa di esserlo e NON LO E’. Con questa giocata tiriamo in ballo molti uomini intelligenti e gentili.

Le situazioni che mette in campo Emma sono una enciclopedia minima di come funziona la discriminazione in una coppia eterosessuale. Qui non si parla di violenza, di sopruso, ma di piccole azioni quotidiane che riguardano la distribuzione del lavoro e il riconoscimento.

La voce di Marx torna in campo per vie sottili e colloquiali, non ha il timbro di un manifesto, ma il tocco lieve e crudele di vignette leggere, che vedono protagoniste donne contemporanee, con pantacollant e t-shirts, pettinature etniche e opinioni ben formate.

Tutte donne, senza scampo per nessuna, coinvolte in una lotta di classe che lotta di classe non viene considerata. Una silenziosa lotta che si gioca nelle relazioni d’amore. Nelle relazioni familiari e di coppia. Lotta per conquistare del tempo.

Ma perché “bastava chiederlo?”. Perché è proprio la frase che molte donne si sentono rispondere quando, sfatte da una giornata di lavoro, mettono mano alla lavatrice, raccattano paperelle sparse, e poi, all’occasione, cominciano a dare segni di sofferenza e insofferenza.

Gli uomini che sono accanto a queste donne si sorprendono. Loro sono lì. Sono disponibili ad aiutare. “perché non me lo hai detto? Bastava chiedere!

E proprio qui è l’inghippo. BASTAVA CHIEDERE significa in altri termini: tu organizzi, pensi, io, all’occorrenza posso eseguire qualche lavoretto.

Il problema è IL CARICO MENTALE, dice Emma. Nelle relazioni di coppia del mondo opulento non si tratta più – chiaro – di gravidanze seriali, lavori pesanti o schiavitù. Si tratta di qualcosa di molto più sottile, proprio per questo difficile da intercettare.

In altre parole la lotta per l’uguaglianza passa per una distribuzione del carico, non solo fisico ma soprattutto mentale che il menage della vita familiare comporta.

Tutte le donne lo sanno. Anche gli uomini. Che le statistiche dicono che alle donne occidentali spetta ancora il 75% del lavoro di management della famiglia e dei lavori domestici. E non solo. Ma i passi da fare per rendere uguale la percentuale sono guerra di posizione estenuante, combattuta sul fronte delle ore quotidiane.

La lotta fra i sessi si gioca su dimenticanze strategicamente inconsapevoli, premure ridondanti, sorda ostilità. A cinquanta anni dalla seconda ondata di femminismo.

Allora perché ripeterlo? Perché le cose cambiano lentamente. Molto lentamente. Passare dalla consapevolezza ideologica al gesto quotidiano è un lungo bollire nel brodo della storia.

Le vignette fotografano con ironia momenti nei quali ci rispecchiamo, senza mediazione. Perché una donna diretta viene considerata “acida”, mentre un uomo brusco è semplicemente “diretto”? Come mai le donne si sentono ancora molto attaccabili sul piano dell’aspetto fisico? Che dire del limite sottile tra reciproco piacere e molestia?

Personalmente mi sono rivista nelle vignette che raccontano lo shock che ha una donna quando arriva un figlio. Allora, la sensazione di essere “pari” svanisce. Quando il compagno esce e va al lavoro lasciandoci sole a casa con il bebè, panni sparsi sul pavimento, un senso di inettitudine che sconfina nella colpa, ci accorgiamo di stare diventando delle donne.

Perché donne si diventa, come diceva Simone De Beuvoir. È una condizione che si apprende.

Quando affrante con dei calzini in una mano, il telefono nell’altra, e il bebè in braccio, giustifichiamo ogni dimenticanza del nostro compagno, e ci sentiamo acide nel volerlo rimproverare, ci accorgiamo di quanto, nonostante tutto, siamo “diventate donne”.

Le vignette di Emma ci ricordano che ancora nel 2021 il patriarcato agisce con mosse scacchistiche sottili, senza segni evidenti di oppressione. Tutte cose che sapevamo, certo. Ma allora perché vederle in queste vignette dà tanto sollievo?

Forse perché in modo trasparente e genuino ci fanno sentire parte di una intera comunità, spingono alla condivisione e alla discussione, ma soprattutto al riconoscimento del fatto che il risentimento delle donne non è una questione privata.

Clicca qui per vedere delle pagine del libro:

https://img.ibs.it/pdf/9788858139233.pdf

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