IL nuovo testo di Luciano Vasapollo in collaborazione con Joaquin Arriola, Efrain Echevarria Rita Martufi.
Mi preme sottolineare un esempio in particolare, tra i tanti a cui questo volume rende giustizia, offrendone la dovuta profondità analitica. Un florilegio di titoli ha accompagnato, negli ultimi anni, lo sguardo occidentale sulla Cina: quasi tutti, utilizzando il paradigma del “totalitarismo”, si limitavano a esprimere i lai degli Stati imperialistici, sempre alla ricerca di cause esterne per spiegare la crisi dell’economia impostata secondo un rigido assetto neoliberista, al massimo “adornato”, dal 2008 in poi, con qualche capzioso orpello keynesiano.
Il presente lavoro ci ricorda l’opportunità, nell’affrontare fenomeni considerati ormai propriamente globali, di stigmatizzare la perniciosa semplificazione insita in quelle rappresentazioni il cui unico obiettivo consiste nel demonizzare l’avversario politico, esorcizzando il rischio che possa esercitare un sorpasso – magari “definitivo” – nel Campionato Mondiale delle Nazioni.
Perché questo è il capitalismo globalizzato, fuori dalle polemiche politiche e dagli endorsement personali: l’idea di una competizione continua e interminabile, giocata sulla pelle dei più deboli (intesi come Stati e come classi sociali subalterne, tanto da poter parlare di colonialismo “interno” e “esterno”) e volta a imporre supremazie, a condannare (presunte) inferiorità, a sfruttare risorse naturali, a legittimare élites in declino, a imporre una sorta di “darwinismo” nelle relazioni internazionali, in base al quale è giusto, inevitabile e addirittura auspicabile che il più forte (nella declinazione unica di forza militare ed economica, non certo di capitale culturale e di solidarietà sociale) prevalga sul più debole.
Qui s’impone una scelta di campo, politica e insieme scientifica. Questo che il lettore si appresta ad affrontare è un vademecum che mette in guardia dall’offensiva che il capitalismo globalizzato inevitabilmente riserva a tutte quelle realtà (Stati, organizzazioni internazionali, comunità locali, strutture politiche, comitati di quartiere, sindacati conflittuali, collettivi studenteschi) che non riesce a “funzionalizzare”, a utilizzare a proprio vantaggio, a spolpare della loro umanità.
In questo senso, Si cantara el gallo rojo… – coerente con la bibliografia ormai sterminata di Luciano Vasapollo – riannoda i fili del pensiero critico marxista e di quella che è stata definita «la Chiesa dei poveri, la Chiesa senza frontiere», riunendo idealmente in un abbraccio tutti coloro che, per concludere con un’altra iconica citazione, tra “uomini” e “caporali” hanno scelto di essere “uomini”.
Dalla prefazione di Paolo De Nardis
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