C’è poco da girarci intorno. Se l’armistizio dell’otto settembre 43 fu inevitabile (l’Italia in realtà era assolutamente impreparata ad una guerra nel 1940, e vi fu buttata a tradimento da Mussolini, sperando di sparare soltanto qualche schioppettata contro una Francia ormai sull’orlo della sconfitta), il comportamento ambiguo nei giorni precedenti, e quello disastroso e codardo nei giorni successivi l’otto settembre – del governo italiano e della casa Savoia – furono una vigliaccata vergognosa e dalle conseguenze tragiche.
Anche l’esercito italiano, pur con l’attenuante della mancanza di direttive precise e salvo alcune eccezioni, diede una prova sconfortante, dovuta soprattutto alla penosa inadeguatezza dei suoi generali: in pochi giorni decine di divisioni si dissolsero e tutti vennero catturati o si diedero alla fuga, abbandonando Roma e l’Italia centrosettentrionale in mano ai tedeschi.
Seicentomila ragazzi italiani furono internati in Germania, un dramma misconosciuto ed evitabile.
Per la Germania, pur indebolita dalle catastrofiche sconfitte sul fronte orientale, l’invasione senza colpo ferire dell’Italia (operazione Alarico) fu un grande, e forse l’ultimo di tale portata, successo militare. La spoliazione delle risorse dell’Italia del nord costituì per l’industria tedesca una boccata di ossigeno insperata.
Pochissimi soldati italiani, in quel settembre 1943, decisero di resistere e costituirono il nerbo dei primi, ridottissimi nuclei partigiani. Altri, lasciati senza direttive, si opposero con poche speranze. Alcuni gruppi di soldati scelsero di continuare la guerra coi tedeschi, mentre la quasi totalità buttò armi e divise o si fece disarmare da forze nettamente inferiori senza opporre un minimo di resistenza.
Escludendo episodi eroici come Cefalonia ed altri (un nome per tutti, l’ammiraglio Mascherpa), in scenari all’estero, gli unici episodi di resistenza degni di questo nome furono ad opera di civili, come la resistenza a Roma (insieme a militari) o le quattro giornate di Napoli.
Nel frattempo, re sciaboletta, il suo inutile figlio Umberto Savoia e il “Grande Maresciallo Badoglio” erano bene al sicuro a Brindisi con i generali, i dignitari, e i ministri. Per proteggere la loro fuga, le uniche forze operative nella zona di Roma vennero dislocate fuori della capitale.
Se Badoglio fosse riuscito a “tenere” Roma, impedendo per qualche giorno l’invasione nazista, gli Alleati erano già pronti a prendere il controllo di Roma. Non erano pronti a una battaglia, perché stavano già sbarcando a Salerno.
I tedeschi presero il controllo di Roma, travolti a Napoli riuscirono miracolosamente a ritirarsi con ordine sulla linea Gustav (per intenderci, la linea lungo Cassino).
Grazie all’insipienza e vigliaccheria di Badoglio, Roma dovette attendere altri nove mesi per essere liberata, mentre gli Alleati, indeboliti su quel fronte dai preparativi per il D-Day in Normandia, davano inutilmente di cozzo a Montecassino per mesi. Churchill insistette fino allo stremo per non fare del fronte italiano un fronte secondario, ma dovette cedere.
Se Roma fosse stata liberata a settembre 43, la ritirata tedesca sarebbe stata rovinosa, l’Italia centrosettentrionale non avrebbe subito due anni di occupazione, non era impensabile avere gli Alleati in Pianura Padana prima dell’inverno. La guerra stessa avrebbe avuto uno sviluppo del tutto diverso, il D-Day sarebbe stato dal Sud della Francia, probabilmente. La guerra, per l’Italia, sarebbe davvero finita nel 43.
Dopo aver involontariamente causato l’esiziale ritardo dell’Operazione Barbarossa, spostata dalla Germania da aprile a fine giugno 1941 per porre rimedio al disastro italiano in Grecia, il governo italiano “rimediò” nel settembre 1943, abbandonando la sua stessa nazione e il suo popolo al facile colpo di maglio tedesco con l’operazione Alarico.
Secondo me, l’Italia visse, in quei giorni di settembre, il peggior momento della sua storia, il più vergognoso: ci sarebbero voluti due anni, con la Resistenza, per porre rimedio alla Badogliata dei Savoia.
A quale prezzo di sangue, lo sappiamo tutti.
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Ugo
Tutto quello che è qui raccontato è fin troppo vero. Io c’ero ma quanti contemporanei, giovani o vecchi, conoscono questi fatti?
Barbato Vetrano
Articolo ricco di spunti notevoli per uno studio critico delle vicende storiche vissute dal nostro Paese in quegli anni terribili. È un documento che proporrò al Dipartimento di storia della mia scuola, affinché gli studenti possano esercitare la necessità di un approccio autonomo nella comprensione degli avvenimenti, senza adeguarsi passivamente alle versioni “ufficiali” dei libri di testo. Grazie, Massimo.
Massimo Zucchetti
Barbara, lei è troppo generosa, si tratta di un articolo breve che propone spunti, ma che necessariamente è poco dettagliato. E mancano le fonti: i suoi studenti avranno molto da lavorare.
Mi vergogno un po’, se verrà utilizzato come lei propone, ma ne sono lusingato!
Massimo Zucchetti
Signor Ugo, l’apprezzamento di una persona che ha vissuto quel periodo, vale doppio. La ringrazio e, se permette, mi tolgo il cappello innanzi a lei.