Abdulhakim Belhaj, il capo del consiglio militare di Tripoli, uomo di Al Qaida ed ex leader della fazione islamica armata in Libia, ha incontrato a Istanbul i rappresentanti dell’esercito siriano dei disertori (Esl) offrendo aiuto economico e militare. Lo riporta il quotidiano britannico Telegraph. Secondo le fonti citate dal giornale, Belhaj sarebbe stato inviato in Turchia dal presidente del Cnt, Mustafa Abdul Jalil. La vicenda è venuta alla luce perchè Belhaj, in partenza per la Turchia, è stato «arrestato» da un fazione rivale di ribelli libici, che lo accusava di viaggiare con documenti falsi. Solo una lettera di Jalil ha evitato che la situazione degenerasse e ha consentito a Balhaj di partire. Il Cnt, scrive il Telegraph, «ha offerto soldi e armi» all’opposizione siriana, mentre Belhaj ha discusso con i disertori sull’ipotesi di inviare combattenti libici in Siria per offrire addestramento. Secondo le fonti citate dal quotidiano britannico, in Libia “molti combattenti vogliono andare in Siria per contribuire alla cacciata di Bashar Assad, in nome dell’unità araba”.
Mosca invita a mettere fine agli ultimatum a Damasco e dice no all’embargo sulle armi alla Siria: lo ha affermato – secondo l’agenzia Interfax – il ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov. “La cosa più importante è smettere di usare il linguaggio degli ultimatum e di ricondurre la situazione nell’alveo della politica”, ha dichiarato il capo della diplomazia russa. Lavrov suggerisce di usare l’approccio utilizzato per la situazione in Yemen. In quel caso, diversamente che in Libia, la comunità internazionale “manifestando pazienza, insistenza e influenza paritaria su tutte le parti del conflitto, ha ottenuto la firma del piano di pace che offre la possibilità di stabilizzare la situazione” ha detto Lavrov. Mosca non concorda neanche sull’ipotesi di un embargo sulle armi alla Siria : “Le proposte, fatte qualche volta, di imporre un bando sulla fornitura di ogni tipo di armi alla Siria sono abbastanza disoneste”, ha dichiarato Lavrov, citato dall’agenzia Ria Novosti. “Noi tratteremo questi appelli ad introdurre un ennesimo embargo, questa volta sulla fornitura di armi alla Siria, tenendo conto dell’esperienza libica”, ha aggiunto, ricordando che, nonostante l’embargo del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla vendita di armi a Tripoli, una serie di Paesi stranieri continuava a farlo solo ad una delle parti in conflitto, senza neppure nasconderlo. Lavrov inoltre ha sostenuto che la violenza in Siria è provocata più dall’opposizione armata che non dalle autorità. “Gli uomini armati trattano in modo molto feroce i civili. Questo non riguarda solo le autorità, e negli ultimi tempi sempre di più riguarda non tanto le azioni delle autorità quanto quelle dei gruppi armati che stanno provocando disordini”Lavrov.
Intanto il capo di Stato maggiore della difesa di Mosca, il gen. Nikolai Makarov, ha precisato oggi che due navi da guerra russe partiranno dopo il 10 dicembre per esercitazioni nel Mediterraneo e nell’Atlantico e visiteranno anche i porti siriani ma che questa tappa non è legata all’attuale situazione in Siria. «La Russia ha degli obblighi verso i partner occidentali con cui facciamo manovre comuni nel Mediterraneo», ha spiegato. «Si tratta dell’aggiornamento degli equipaggi marittimi e della garanzia della presenza regolare della nostra flotta nei mari del mondo», ha aggiunto Makarov.
Le sanzioni turche contro la Siria sono pronte e saranno annunciate dopo che il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, avrà incontrato il presidente Abdullah Gul e il premier Recep Tayyip Erdogan. Lo ha annunciato lo stesso Davutoglu nel corso di una conferenza stampa, senza precisare i tempi degli incontri. La notizia arriva dopo l’annuncio della Lega Araba di sanzioni contro la Siria e la Turchia dovrebbe seguire l’organizzazione con sede al Cairo nell’imporre misure restrittive contro il governo di Bashar al-Assad. “La Turchia non vuole considerare l’opzione militare per un intervento in Siria, ma è pronta a ogni possibile scenario” ha detto il ministro degli Esteri turco, in un’intervista alla tv Kanal 24 annunciando inoltre che “La comunità internazionale potrebbe decidere che in Siria c’è bisogno di una zona cuscinetto al confine con la Turchia, se centinaia di migliaia di persone dovessero provare a fuggire dalle violenza”.
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