Il fantastico mondo del neoliberismo, malattia senile del capitalismo, si è arricchito di un altro capitolo che avrebbe fatto la gioia di Guy Debord, il maggior esponente del situazionismo del secolo scorso e teorico della società dello spettacolo.
Nella vicenda che raccontiamo c’è l’essenza di un modello economico che guida il mondo verso l’autoestinzione grazie anche alla nostra complicità di spettatori apparentemente passivi.
L’apparenza è nota: Mr Big, uno dei personaggi della serie “Sex and the City” e del sequel appena iniziato, “And Just Like That…”, muore nella prima puntata. E sticazzi, direte giustamente voi, per una volta usando correttamente un lemma romanesco.
Senonchè Mr Big muore mentre è impegnato a pedalare sulla cyclette nel suo salotto e la cyclette in questione ha una marca ben in evidenza, Peloton. Il giorno dopo le azioni di Peloton perdono in borsa l’11,3% e quello dopo ancora un altro 5%. E da qui comincia il nostro racconto, che non è più fiction.
Peloton aveva dato il suo consenso per l’utilizzo del marchio nella serie tv, una delle più famose e viste di tutti i tempi, grande esposizione pubblicitaria garantita, anche se non è ancora chiaro se con questa definizione s’intenda che ha pagato per sponsorizzare lo show e l’azienda si è rifiutata di chiarire. Di sicuro però non avevano letto la sceneggiatura che colloca il prodotto nel frame in cui muore Mr Big.
Prima di occuparci dell’aspetto diversamente intelligente dell’andamento della borsa, bisogna ricordare alcuni aspetti diversamente onesti della Peloton. Una cyclette di questa società costa all’utente 2.200 dollari per il modello base, è collegata a Internet con programmi di training personalizzati.
Durante il lockdown negli Stati Uniti e la costrizione a restare in casa Peloton ha venduto oltre 3 milioni di pezzi del suo prodotto che in Europa però non è ancora arrivato.
La Peloton produce, oltre alle cyclette, tapis roulant e tutto quanto occorre per fare esercizio in casa. Sta affrontando una serie di azioni legali intentate dagli utenti rimasti feriti e dai familiari di quelli morti durante l’utilizzo di prodotti Peloton con richieste di risarcimenti per 165 milioni di dollari.
Alcuni prodotti della ditta sono stati tolti dalla produzione e Peloton è oggetto di un’indagine da parte della Securities and Exchange Commission. Il caso è in mano al Dipartimento di Giustizia e il Dipartimento della Sicurezza Nazionale, anche perché il ritiro è avvenuto dopo che molti incidenti si erano già verificati e Peloton lo scorso maggio aveva respinto una richiesta di ritiro della Consumer Products Safety Commission.
Un morto e 70 feriti accertati soltanto per i suoi tapis roulant. Alcuni bambini sono stati trascinati sotto il tapis roulant in funzione e anche animali domestici e oggetti domestici sono stati trascinati nelle macchine, causando lesioni agli utenti, secondo l’indagine della Commissione per la sicurezza degli utenti.
Adesso attenzione: nonostante le accertate responsabilità, nella vita reale, di Peloton nella morte e nel ferimento di alcuni suoi utenti a causa dei suoi prodotti il titolo non era mai sceso così pesantemente in basso come in conseguenza della scena di fiction in cui Mr Big muore d’infarto dopo aver pedalato su una Peloton.
E’ bellissimo questo mondo, credetemi, perché dopo il ribasso del titolo per una finzione artistica la Peloton per arginare il danno ha fatto scendere in campo un medico vero, una cardiologa, la dottoressa Suzanne Steinbaum, che dopo aver visionato le puntate precedenti di Sex and the city ha diagnosticato – la prima autopsia della storia su un personaggio di fiction – che Mr Big era morto “a causa del suo stile di vita” e che, anzi, l’uso della cyclette gli aveva allungato la vita.
Sembra un po’ quando da bambini chiedevamo ai genitori che fine ha fatto Bambi dopo il film o se Biancaneve è poi stata davvero felice con il principe azzurro.
Riassunto: tu puoi ammazzare la gente con prodotti pericolosi e prosperare in borsa con grande guadagno per gli azionisti, ma se il tuo prodotto viene in una fiction associato a uno sviluppo tragico con quelle azioni, bene, se fossero ancora di carta ci potresti lucidare i vetri delle finestre di casa come unica possibilità di dargli un po’ di valore.
Della causa che Peloton probabilmente non intenterà alla Hbo, produttrice della fiction, poco ce ne importa, ma deve essere tenuto a mente che, avendo lo streaming eliminato gran parte delle inserzioni pubblicitarie esterne, l’inserimento dei prodotti all’interno delle fiction stesse genera attualmente un volume di affari per 20 miliardi di dollari nel solo 2021.
Per questo ieri sulle tv statunitensi è andato in onda uno spot che rende ancora più surreale tutto il pacchetto: nello spot lo stesso attore che interpreta il Mr Big che muore in “And Just Like That…” guarda in camera dicendo “Facciamo un altro giro? La vita è troppo breve per non farlo”, il campo si allarga e si vede che sta parlando di due Peloton sullo sfondo.
Ne parlerei per ore ma vi annoierei, perché poi dovremmo analizzare anche il rimbambimento degli spettatori che non sono estranei al fenomeno, probabilmente molti di loro hanno azioni Peloton.
Chiudiamo allora con il già citato Guy Debord, unico pensatore in grado di districarci da questa catena di paradossi. “Lo spettacolo – scrive ne La Società dello spettacolo – è il capitale a un tal grado d’accumulazione da divenire immagine”.
Va ricordato che disse pure: “Le citazioni sono utili in periodi di ignoranza o di oscure credenze”.
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