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Perché i Rome hanno suonato in spazi antifascisti? 

La scorsa settimana il cantautore lussemburghese Jerome Reuter, e il suo gruppo “Rome”, si è esibito in diverse città d’Italia. 

In particolare, bisogna soffermarsi sulle date romana e bolognese, in quanto i concerti sono avvenuti in spazi (Innit e Freakout) rispettivamente afferenti al mondo ARCI e AICS, quindi antifascisti per costituzione. 

Partiamo dal progetto musicale in particolare: Rome, da un paio di decenni a questa parte, sta cercando di rendere appetibile ad un pubblico sempre meno ristretto sonorità storicamente afferenti al neofolk, sottogenere nato negli anni ‘80 nel Regno Unito dall’eclettismo del post-punk e dell’industrial, spogliandolo delle varie sperimentazioni fatte nel corso dei decenni dagli artisti più diversi ed arrivando quindi ad un suono decisamente più orecchiabile, per quanto ovviamente ancora lontano dall’essere mainstream. 

Componente fondamentale del genere neofolk è il rimando alla storia europea e agli stati d’animo che esprime l’artista verso un mondo attuale che sembra essere perduto. 

Chiaro che questa mancanza di visione politica della contemporaneità ha portato sin da subito il genere a fare rimandi espliciti all’occultismo e al misticismo, se non addirittura all’apologia, più o meno velata, del nazismo. 

Rome, quindi, come altri artisti, si pone immediatamente su un terreno scivoloso. Il suo primo album interamente in inglese “Flowers from Exile” (2009) dà spazio ai ricordi e alle voci di tutti i militanti politici, anarchici in particolare, scappati dalla Spagna alla fine della guerra civile vinta dai franchisti. 

La retorica dei “vinti” diventa quindi una costante nell’opera di Rome, che ricompare cinque anni dopo in “A Passage to Rhodesia”, vero e proprio lavoro di retorica sulla pugnalata alle spalle inferta ai colonialisti rhodesiani da parte del mondo occidentale nel loro tentativo di costruire uno stato esplicitamente fondato sull’apartheid. 

Il boicottaggio dei prodotti provenienti della Rhodesia, assieme a quello del Sud Africa, fu in realtà ciò che portò alla fine di regimi suprematisti in quell’angolo di mondo ed è tuttora un punto di riferimento per la campagna di boicottaggio dello Stato genocida di Israele. 

In seguito, nel corso dell’ultimo decennio, Reuter si sbraccia nel tentativo di difendere la superiorità occidentale nelle sue opere successive. 

Il culmine di questo suo sostegno è il concerto del 26 agosto 2023 a Kiev, in un periodo in cui ci veniva detto che la capitale ucraina sarebbe stata rasa al suolo da un momento all’altro, per lanciare il nuovo disco del gruppo, “Gates of Europe” (“Cancelli d’Europa”), che, neanche a dirlo, sulla copertina raffigura, assieme all’ormai onnipresente tridente, simbolo dei collaborazionisti nazisti dell’OUN, un leone stilizzato chiaramente ripreso dalla Divisione Galizia, componente a maggioranza ucraina delle SS. 

Crediamo che vada ribadita la necessità di stroncare la presenza di certi artisti soprattutto negli spazi che si dichiarano portatori dei valori dell’antifascismo. 

Se è vero che la “battaglia delle idee” deve essere combattuta contro governi occidentali che sempre più si pongono in termini autoritari e reazionari, realisticamente la capillarità, la totalità del Capitale in crisi influenza tutti gli spazi vitali della cultura. 

Di conseguenza, in campo artistico, retoriche e sonorità contrapposte all’industria culturale non sono antifasciste di per sé, né lo è la cosiddetta “libertà artistica”. 

Dare, quindi, per scontato che qualsiasi atto artistico, per quanto radicale nella forma o per quanto provochi emozioni forti nel pubblico, senza focalizzarsi sulla sostanza di ciò che vuole comunicare, sia meritevole di essere mostrato è un gioco se va bene banale, ma che può presto diventare pericoloso. 

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5 Commenti


  • p. trentotto ( il vostro form non consente numeri) punk

    bha… capire ciò che passa nella testa delle varie “famigghie” che gestiscono le serate a roma (e che spesso esulano dai gestori dei vari locali, i quali si trovano acriticamente di fronte ad una proposta di terzi, di cui non sanno spesso niente) è come scrutare nell’abisso di nietzschiana memoria.
    Noi, come band nel corso degli anni ci siamo visti precluse molte situazioni perchè troppo “filosovietici” ( ci han chiamato stalinisti e rossobruni, come se i termini fossero equivalenti) come e di contro abbiamo visto le stesse situazioni animate da artisti che per diplomazia ci limiteremo a definire “ambigui”.


  • Jak

    Bisogna tenerli fuori, fare un repulisti !


  • fabrizio

    E’ vero che Rome ha brani e scelte estetiche che fanno rizzare i peli sulle braccia. E più volte io stesso, che lo seguo da anni e lo adoro musicalmente, mi sono chiesto se il flirtare con l’immaginario di destra non sia pericoloso. E penso lo sia. Ma Rome pone anche riflessioni affatto banali sulla storia e il futuro europeo. E in molte interviste si è mostrato molto piu aperto alla riflessione e al discorso di come – sia a destra sia a sinistra – si vorrebbe un artista. Molte scelte – come il famoso riproporre l’infamo discorso di Enoch Powell – possono essere lette in entrambi i lati. Ma credo che questo sia anche frutto di un’onestà intellettuale nel cercare di guardare la complessità della storia europea da tutti i lati, anche quelli piu scomodi. E si, ha una posizione antiglobalista, che chiaramente vede il mescolamento di ovest e est come pericoloso, sia che si parli di immigrazione che di colonialismo. E’ una posizione urticante, e fastidiosa perché colpisce sia a destra che a sinistra. Ma censurare la riflessione su concetti spinosi è anch’esso pericoloso. Non è comunista nei suoi aspetti piu positivi. Lo è in quelli meno.


    • Redazione Contropiano

      Si può apprezzare le qualità di scrittore di Celine e sparagli quando lo si incontra. Basta non fare confusione…


  • Fabrizio

    Grazie alla ottima risposta che rende chiara la differenza di approccio: io non sparerei a nessuno per le sue opinioni.

    Apprezzo però la menzione di Celine, che appare anche in “Celine in Jerusalem” di Reuter, che anche scrive di lui come esempio di quanto sia difficile scindere bravura e posizioni politiche inaccettabili per gli artisti. Ora, Celine era un tremendo antisemita. Reuter non credo proprio. E ancora non mi è chiaro se non stia solo esplorando il concetto di identità europea, ben diverso dall’essere fascista, e stia solo toccando aspetti scomodi. Ma capisco il fastidio. Time will tell. Io nel frattempo continuerei ad ascoltare ed eviterei di sparare.

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