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No, non è cominciato tutto il 7 ottobre

La mia nascita è innanzi tutto il miracolo di mia madre. O meglio il miracolo di tutte le madri, fin dagli albori dell’umanità, e il suo in particolare. Perché partorì qualche ora dopo essere stata gravemente ferita da un proiettile.

La notte tra il 31 dicembre 1947 e il 1°gennaio 1948, tutti gli abitanti arabi di Balad al-Shaykh furono eliminati dagli uomini del Palmach, una sezione paramilitare dell’Haganah (la formazione a cui capo fu David Ben Gurion, uno dei fondatori di Israele, ndr) che sferrarono l’attacco mentre la gente dormiva.

Battevano alle porte, gridavano per le strade. Me l’ha raccontato mio padre. Voci dure, taglienti, che risuonavano nell’aria. Niente domande, nessun perché, soltanto ordini sbraitati, come per far scappare i cani randagi. Non si vedevano più uomini, solo sagome, ombre, futuri cadaveri.

Le famiglie aprivano le porte, la paura negli occhi, le mani tremanti, Mio padre, grazie agli amici ebrei alla fabbrica, aveva qualche rudimento di ebraico. Tentava di parlare, di ragionare, di chiedere un po’ di tempo. I soldati lo respingevano con la canna del fucile.

Una volta usciti tutti, l’uno dopo l’altro, sconvolti, sperduti, i militari raggruppavano gli uomini e li misero in fila, come animali al macello. Poi, d’improvviso, gli spari.

Le donne urlavano vedendo i lo mariti accasciarsi a terra. I bambini non parlavano più, mentre nei loro occhi si fissava per sempre quell’immagine. Una sessantina di abitanti furono massacrati così. Soprattutto uomini, ma anche qualche donna, qualche bambino.

Per vendicare gli ebrei uccisi dagli arabi alla raffineria petrolifera. Arabi che a loro volta erano stati vittime di ebrei dell’Irgun (organizzazione terroristica a capo della quale fu Manachem Begin tra il 1943 3 il 1948, che poi fondò il Likud – il partito il cui capo attuale è Netanyahu – per poi diventare capo del governo israeliano tra il 1977 e il 1983, ndr).

Questa terra è una litania di rappresaglie, di odio accumulato, di tristezza sommersa da altra tristezza.

Cessati gli spari, i soldati ordinarono ai superstiti di lasciare il villaggio e cominciarono a bruciare le case. Mobili tappeti, attrezzi, e poi i ricordi, le foto, le medaglie, le pietre, l’intera memoria della vita di persone care: tutto andato in fumo.

Vecchi, donne, bambini, stretti gli uni contro gli altri, privati di tutto ciò che componeva l’intimità della loro famiglia.

Mio padre tentò di opporsi quando attaccarono la nostra casa. Un colpo di pistola lo inchiodò al suolo all’istante, privo di sensi. Lo stesso soldato del Palmach sparò alla schiena a mia madre che si era precipitata accanto a mio padre. A terra, sanguinante, più morta che viva”.

  * da Il libraio di Gaza, Corbaccio 2025

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2 Commenti


  • Petrillo Angelina

    Pace e giustizia procedono insieme Che ci sia finalmente il riconoscimento dei diritti dei palestinesi e la giusta condanna e pene per i crimini che hanno subito. La pace, di cui tanto si parla, non sia la sanatoria del genocidio, dell’ assedio, della carestia indotta e delle crudeltà perpetrati dal governo sionista israeliano.


  • yuri

    Non può esserci alcuna pace senza intaccare la radice del problema, cioè senza fine dell’occupazione e smantellamento del sistema coloniale sionista in Palestina, ai quali pulizia etnica e genocidio sono legati. Tutto ciò è stato accettato, tollerato e finanziato da oltre mezzo secolo, con oggi alle porte un nuovo piano coloniale per Gaza.
    Boicottare, disinvestire e sanzionare sono i più potenti strumenti per la giustizia, ma non puoi convincere i colonizzatori di ieri che quelli di oggi stanno sbagliando, a maggior ragione se ne sono ancora complici. È la gente che deve capirlo, che le cose si impugnano dal basso. Ai potenti dovremmo ricordare il sacrosanto diritto all’autodeterminazione di un popolo, aspetto che la mente coloniale rimuove e rimpiazza con qualcos’altro e te lo spaccia per soluzione.

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