Gli ultimi scontri registrati sono quelli scoppiati ieri a Misurata, terza città del Paese a est di Tripoli, da giorni finita in mano ai ribelli, ma dove le forze fedeli a Gheddafi hanno ancora il controllo di una base aerea e di una caserma. Gli abitanti riferiscono infatti di attacchi e contrattacchi quotidiani. Negli ultimi giorni sono rimaste uccise 34 persone, mentre più di 300 sono state ferite.
Si va intanto definendo la prospettiva che i paesi della Nato si risolvano a usare la forza militare per costringere Gheddafi a lasciare il Paese. Stando a quanto scrive oggi il Times, l’Alleanza Atlantica starebbe mettendo a punto i piani per inviare una forza aerea in Libia e armare i ribelli. Ieri, il premier britannico ha fatto sapere di aver ordinato al Capo di Stato maggiore di “lavorare insieme ai nostri alleati su una no-fly zone militare”, mentre gli Stati Uniti hanno annunciato un riposizionamento delle sue forze aeree e navali e l’invio nel Mediterraneo di circa 2.000 marine. Tuttavia, ieri il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha dichiarato che non è prevista alcuna azione militare in Libia che coinvolga delle unità navali statunitensi.
In Francia, il premier François Fillon ha confermato che sono allo studio tutte le opzioni, compresa quella di interdire le operazioni di volo sul territorio libico, che richiederebbe il coinvolgimento della Nato dopo l’approvazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. L’Italia si è dichiarata favorevole a una no-fly zone. Tuttavia, il capo della diplomazia canadese Lawrence Canon ha fatto sapere che “non sembra esserci consenso” tra gli alleati occidentali sull’imposizione di una zona di interdizione di volo in Libia. Resistenze in ambito Onu e Nato potrebbero indurre Washington e Londra a fare affidamento su una “coalizione di volenterosi” come quella in Afghanistan per lanciare un intervento militare scrive oggi il Guardian.
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