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Egitto. La dissoluzione del regime libera le pulsioni peggiori

 

Sono salite a dieci le persone morte negli scontri tra cristiani copti e musulmani avenuti ieri al Cairo. Lo riferisce oggi l’agenzia di stampa egiziana, aggiungendo che un funzionario del ministero della Salute ha precisato che 110 persone sono rimaste ferite. L’attivista copto Naguib Gabrail, annuncia che sono attualmente gia’ quattromila i manifestanti davanti alla sede della tv pubblica, dove stazionano ormai da giorni in seguito all’incendio di una chiesa a Sud del Cairo. Sul bilancio degli scontri in nottata, le cifre pero’ sono discordanti. E’ tornata così altissima la tensione al Cairo. In particolare, le vittime sono si sono registrate nel quartiere Moqqata della Capitale, uno dei più “a rischio” in questi giorni. Nella stessa zona sono state date alle fiamme diverse abitazioni. A dare notizia di questa nuova strage è un prete copto. Secondo l’agenzia ufficiale Mena, scontri sono avvenuti anche nei quartieri Cittadella e Sayeda Aisha.
Martedì della scorsa settimana migliaia di copti avevano manifestato nel centro della Capitale egiziana dopo che una chiesa era stata data alle fiamme nella regione di Helwan. Secondo fonti tutte da verificare, in quel caso, all’origine del gesto, c’era una faida scatenata da una relazione sentimentale tra una cristiana e un musulmano.

Già il 23 febbraio oltre 3000 copti avevano manifestato ad Assiut, nell’alto Egitto, per protestare contro l’uccisione di un prelato. Il religioso della chiesa Abu Seifin, Daoud Boutros, era stato ucciso iil giorno prima nella sua abitazione. Le relazioni interreligiose sono tese da anni nell’alto Egitto dove si susseguono episodi di violenza.A gennaio a Samalut, un agente di polizia aveva sparato su una famiglia cristiana a bordo di un treno, uccidendo due persone.

‘Addirittura un ex ministro dell’interno egiziano del regime di Mubarak, Habib El Adly è finito sotto processo perché sospettato di aver “tollerato, se non incoraggiato” l’attentato ai cristiani copti di Alessandria del 31 dicembre scorso. n un’intervista al mensile ’30Giorni’, fondato da Giulio Andreotti, il cardinale Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti cattolici, aveva dato voce, per la prima volta pubblicamente, all’ipotesi che l’attentato alla chiesa copta ortodossa di Alessandria fosse stata “pianificata” dal ministero dell’Interno egiziano “per giustificare un rafforzamento dei controlli di polizia”. “Negli ultimi eventi – afferma il cardinale Aguib – si è detto che le forze di polizia che si erano ritirate nei primi tre giorni del sollevamento, e che così avevano aperto la strada a tutti gli atti di vandalismo che conoscete, avevano ricevuto quest’ordine dal ministro degli Interni, il quale voleva provare in questo modo che la sua persona era indispensabile per il presidente e per il regime. In quei giorni, nonostante l’assenza totale della polizia che abitualmente gestiva i posti di guardia davanti a ogni chiesa, non c’è stato nemmeno un attacco alle chiese”.

Ma ieri al Cairo, in occasione dell’8 marzo, era stata convocata anche la “Marcia di un milione di donne”, e doveva essere la loro festa. Ma gruppi di uomin hanno loro impedito di manifestare in piazza Tahrir, punto focale della rivoluzione del 25 gennaio, dove nelle settimane scorse si era avuta anche una forte parità di partecipazione tra uomini e donne, nella resistenza contro i gruppi di sostenitori dell’ex presidente Hosni Mubarak.

Due elementi decisivi di un sostanziale cambiamento nei rapporti sociali in Egitto – unità al di là della religione e parità dei sessi, – sembrano venuti improvvisamente meno in questa fase di sostituzione della leadership di Mubarak con quella della giunta militare guidata da Omar Suleiman. Da una parte le tensioni tra copti e musulmani, dall’altra gruppi di facinorosi che hanno bruscamente invitato le donne ad allontanarsi dalla zona della piazza a ridosso dell’edificio del Mugamma, dove hanno sede diversi uffici pubblici. “Non è il momento giusto per le vostre manifestazioni”, ha gridato qualcuno, “tornate a casa”. Qualcun altro ha perfino strappato dalle mani delle donne un cartello che inneggiava alle lotte delle donne e all’8 marzo e lo ha buttato per terra.

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