Soltanto la sera, quando il premieri Naoto Kan, infuriatissimo, ha ordinato loro di fare tutto quel che si poteva fare, la Tepco ha cominciato a iniettare acqua di mare invece di quella dolce (bloccata dalla rottura delle tubature).
Che differenza c’è? Una sola, banalissima: l’acqua salata danneggia irreversibilmente i reattori. Questi pazzi scatenati, insomma, per cercare di risparmiare qualche milioni di dollari, hanno favorito linnescarsi di un processo tendenzialmente incontrollabile di fusione dei nuclesi dei singoli reattori. Ben sei, ricordiamo. E dire che il numero uno di Tepco, Akio Komori, è andato a scusarsi in pubblico fino alle lacrime per i danni provocati dalle fughe di radioattività.
Identico ritardo è stato accumulato per ognuno dei reattori andati in crisi uno dopo l’altro. Tepco ha «esitato perche ha cercato di proteggere i suoi asset», ha detto al Wsj, Akiera Omoto, ex executive di Tepco e ora componente della Commissione nipponica per l’energia atomica. Un disastro che ha al «60% una natura umana», secondo un funzionario del governo: «Hanno fallito la risposta iniziale. È come se Tepco fosse caduta e avesse perso una moneta da 100 yen mentre cercava di raccoglierne un’altra da 10 yen»
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