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UN CONFLITTO PER IL PETROLIO

Nella situazione data è difficile pensare a una forte resistenza, anche se ci sarà e avrà le sue vittime. Il governo di Gheddafi non era certamente il migliore dei governi possibili, tuttavia poteva vantare un’indipendenza della Libia, antica colonia, prima ottomana e poi italiana. La fortuna-disgrazia della Libia è avere il petrolio, che – anche per i disastri giapponesi – diventa sempre più vitale per l’economia mondiale. Morale: il petrolio non può essere lasciato in mano a un soggetto come Gheddafi. Gli anglo-francesi, con il sostegno americano, sono intervenuti contro questa aporia. Ma in questo difficile contesto come sta messo il nostro paese, cioè l’Italia, che nonostante i trascorsi coloniali aveva realizzato un ottimo rapporto con la Libia gheddafiana? Come andrà a finire l’Eni quando la guerra di Francia, Gran Bretagna e Usa sarà conclusa?
Troppi sono gli interrogativi ai quali è difficile rispondere, ma viene il dubbio che siamo a una rinascita del famoso imperialismo: Francia e Gran Bretagna, con alle spalle gli Usa sono, pur nella recente globalizzazione, le potenze imperiali, per le quali di fronte ai guai del nucleare il petrolio diventa il prodotto massimamente imperiale. La Libia di Gheddafi era stata una irregolarità da sopportare, ma non da accettare. Ora questa irregolarità non è più accettabile. La ribellione, motivata, di buona parte della popolazione libica diventa un’ottima occasione per chiudere la parentesi gheddafiana e il petrolio dato a quelli che promettono la costruzione di una lunghissima autostrada, erede della via Balbia, che avrebbe dovuto sostanziare l’unità di un paese con molte diversità.
Non sappiamo come si regolerà tra i potenti la sconfitta di Gheddafi, ma una cosa almeno per noi italiani sembra certa: dopo cento anni dalla conquista della Libia (Giolitti presidente del consiglio) l’Eni rischia di essere messo fuori o, almeno, di non godere più degli attuali privilegi. Siamo al punto nel quale forse dovremo rimpiangere Gheddafi.

 


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