Italia e Francia si scontrano sul “comando” delle operazioni, con la prima che chiede passi alla Nato, la seconda che ritiene di poter liberamente interpretare il mandato Onu in modo tale da imporre i propri interessi su petrolio e gas libico (Total è al momento fuori da quei giacimenti) e sostenere le incerte sorti elettorali del “meno francese” tra i presidenti francesi del dopoguerra (ossia attento, berlusconianamente, alla propria fortuna personale che non a quelle dello stato. La diatriba è già arrivata al punto che l’Italia minaccia di non consentire più a nessuno l’uso delle proprie basi aeree meridionali (ma due caccia canadesi sono partiti stamatina da Trapani Birgi).
La confusione è aumentata dall’atteggiamento Usa, che sparano cruise su Tripoli e dintorni, ma danno a vedere di non essere interessati più di tanto alla vicenda. La Nato non può intervenire seguendo la linea “pesante” di Parigi per il buon motivo che la Germania non ci sta (non ha mutinazionali petrolifere proprie da supportare) e la Turchia è talmente contraria da aver aperto una linea di mediazione autonoma con Gheddafi e daricordare ogni minuto che “Le Nazioni Unite dovrebbero essere ombrello per un’operazione in Libia unicamente umanitaria”. Per non saper né leggere né scrivere, la Norvegia si è tirata indietro mentre ancora i suoi aerei stavano scaldando i motori.
Ma intanto “gli aerei della coalizione” (quali? I francesi o altri?) continuano a picchiare sulla capitale Tripoli, mentre altri missili partono dalle navi (quali? Quelle Usa certamente, le francesi anche, ma il vago sembra d’obbligo) portando con sé esplosivo e uranio impoverito (si veda lo studio condotto dal prof. Zucchetti e pubblicato su questo portale).
Tre fotografi occidentali – due reporter dell’agenzia France Presse e un fotografo della Getty Images – sono stati fermati dalle forze regolari nei pressi di Tobruk. Probabilmente entrati attraverso la frontiera con l’Egitto e quindi privi di accrediti ufficiali (succederebbe anche in Italia, se si entra “clandestinamente”).
Al momento, Gheddafi non mostra le vittime civili di questi bombardamenti. Diversi osservatori ritengono che per ora non gli convenga farlo, dovendo sostenere “il morale” della sua gente, che è stata in questi giorni armata. Ma intanto combatte a terra la sua guerra civile, e ha riconquistato Misurata, la città più a ovest tra quelle controllate dai suoi avversari. Un fatto che solleva dubbi anche sul “successo” delle azioni militari.
Espliciti, per esempio, quelli del generale a riposo Anthony Zinni, ex capo del Centocom, il Comando del Medio Oriente, intervistato dal Corriere della sera. «Gli alleati hanno cominciato alla rovescia. In operazioni del genere, prima si attacca l’antiaerea nemica, poi si attaccano i carri armati. Ma la nostra coalizione ha fatto il contrario». Dando perciò spessore startegico a quel che tutti stanno verificando: «più passano i giorni più sembra che i membri della coalizione vadano ciascuno per conto proprio in campo politico, più che in campo militare». La distinzione è importante: signific che tutti (per lo meno Francia, Gran Bretagna e Usa) sono concordi nel voler costringere Gheddafi a lasciare il potere (gli inglesi sono un po’ più esliciti e parlano apertamente di ucciderlo), ma hanno idee molto diverse sul “dopo”. E in questo senso si potrebbe dire che la “discordia politica” nella coalizione sia in realtà un conflitto tra interessi: chi controllerà il grosso delle risorse energetiche libiche?
Il rischio che anche un esperto maneggione come Zinni vede è che la missione potrebbe «sortire l’effetto contrario: non stroncherà la guerra civile in Libia e ci alienerà il mondo arabo». Lucida anche l’analisi della confusione sugli obiettivi di questa guerra: «è l’eliminazione di Gheddafi? È il suo contenimento, come nel caso di Saddam nel 2003? È la divisione della Libia?». E’ davvero singolare che si scateni una guerra senza aver prima deciso a cosa deve servire. O meglio, visto che si tratta di più soggetti statuali (la “comunità internazionale” è una figura retorica buona per le dichiarazioni in tv, non un fatto concreto), prima di essersi messi d’accordo sul reciproco vantaggio nel definire gli assetti futuri. In caso di vittoria, ovvio.
La cosa più razionale – dal punto di vista degli aggressori – sarebbe mettere insieme un “comando unificato”. Se questo non avviene, significa che gli interessi in campo sono davvero inconciliabili. E che quindi ognuno fa il suo gioco per assumere la posizione più vantaggiosa.
Il governo italiano, che sta collaborando alla distruzione dei propri interessi petroliferi in Libia, cerca di arginare “l’invasività” francese e chiede che ci sia questo “comando unificato” in cui far pesare di più questi interessi. Ma l’unica istituzione militare sovranazionale riconosciuta da entrambi i paesi è la Nato. La quale è a sua volta paralizzata dal’ostilità tedesca e soprattutto da quella turca (Erdoga ha aperto addirittra un proprio canale di mediazione con Gheddafi). Un bel caos, davvero poco “professionale” per degi imperialisti di lunga data…
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