In Siria anche oggi si segnalano manifestazioni e incidenti sia a Daraa che nella stessa capitale Damasco.
Migliaia di persone si sono riunite oggi nel centro di Daraa, nel sud della Siria, teatro delle più massicce proteste anti-governative, per intonare al termine della preghiera del venerdi slogan per «la libertà» e per «vendicare il sangue dei martiri».
A Daraa, secondo fonti mediche locali, in sette giorni di repressione da parte della polizia regime, sono morte 37 persone e non le 100 che venivano indicate ieri. La città rimane assediata dall’esercito e dalle forze di sicurezza.
Secondo la televisione satellitare qatariota Al Jazeera, la polizia è intervenuta per disperdere una manifestazione organizzata anche a Damasco Stando a quanto riferiscono testimoni citati da Al-Jazeera, gli agenti hanno disperso i manifestanti radunati nella zona di nei pressi del viale Mezze, nella parte orientale della città. La tv concorrente, la saudita Al-Arabiya, riferisce che i manifestanti a Damasco erano meno di 200 e che nella carica delle forze dell’ordine tre di loro sono stati arrestati.
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Qui di seguito riassumiamo gli avvenimenti della giornata di ieri e le risposte date da Assad (il presidente-padrone della repubblica siriana) alle proteste dei giorni scorsi.
In mattinata alcune Ong hanno diffuso la notizia che circa 100 persone erano state arrestate dalle forze di sicurezza. Epicentro della repressione la città meridionale di Daraa. Fonti mediche degli ospedali della zona parlano di 25 cadaveri, dopo gli scontri degli ultimi giorni. Altre fonti riferivano di 20.000 partecipanti al funerale di 9 dei manifestanti uccisi a Daraa.
In giornata si è saputo anche che erano stati arrestati il giornalista Mazen Darwish e il blogger Ahmad Hadifa, che avevano dato voce alle proteste.
In serata – ora siriana – il presidente Bashar al-Assad, attraverso la sua consigliera Bushaina Shaaban, apparsa alla tv panaraba al Arabiya, ha detto di non «aver mai dato l’ordine di sparare contro i manifestanti».
Inoltre, Assad avrebbe ordinato a una speciale commissione di preparare un piano contro la corruzione, per aumentare i salari dei dipendenti pubblici e la distribuzione di sussidi in ambito sanitario, e per creare nuovi posti di lavoro per i giovani. Un insieme di “riforme sociali” chiaramente indirizzate a smorzare il malcontento popolare.
In più, lo scrittore e militante siriano Louai Hussein, arrestato martedì scorso dai servizi di sicurezza, è stato liberato oggi. Hussein, 51 anni, era stato arrestato a casa sua a Sehnaya dopo aver pubblicato lunedì su internet un comunicato per raccogliere firme in solidarietà con gli abitanti di Daraa.
Assad è arrivato al potere nel ’94, membro del clan più potente del apese, gli alawiti. dopo la morte del padre Hafez. Da allora si porta dietro una fama di «riformatore», ma resta al centro di una robustra trama di potere sia economico che, ovviamente, militare.
Tra le riforme più attese, c’è certamente l’abrogazione della legge d’emergenza in vigore da 48 anni. Domani ci dovebbro essere nel paese «manifestazioni anti-regime di massa», in base ai messaggi diramati sui social network
L’opposizione avrebbe respinto le aperture del governo, giudicate insufficienti. Da Parigi, alcuni esuli hanno auspicato la caduta del regime, chiedendo sostegno (armato) all’Europa per rovesciarlo.
Possiamo dire che stiamo assistendo alla ripetizione del copione seguito nel caso della Libia, dove un’opposizione tribale e politica, alimentata da un malcontento certamente ben motivato, viene “incentivata e supportata” dai paesi al momento più intraprendenti – la Francia in testa, per ora – nel cercare buone occasioni per abbattere regimi “troppo autonomi” (e certamente ben poco “democratici”, come lo sono anche quelli del Bahrein, Arabia Saudita, Qatar, Oman, Emirati Arabi e via dicendo).
Basterebbe guardare al martellamento che l’agenzia italiana AdnKronos, una volta sotto il controllo del Psi, sta conducendo da un paio di giorni per “attirare l’attenzione” dei media sul nuovo “target”, ma con l’identico format narrativo-mediatico.
Abbiamo davanti alcune settimane in cui vedremo “crescere” questo nuovo nemico. Non importante dal punto di vista petrolifero (la Siria è un piccolo produttore, anche se le entrate che il greggio garantisce sono molto importanti per il regime), ma perché l’unico confinante di Israele ancora non “normalizzato”.
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