Sette canali mediatici e 90mila account sui social network grazie ad un colossale investimento complessivo di 3 miliardi di dollari e gestito da un vero e proprio ministero dell’Informazione. E’ l’impero mediatico costruito dallo Stato Islamico (Isis) per la sua propaganda in rete, come emerge da un recentissimo studio elaborato da un ex dirigente dell’organizzazione della Jihad islamica, l’egiziano Sabrah al Qassimi.
Ma ecco, punto per punto, “testate”, finanziamenti, obiettivi e le sofisticate attrezzature tecniche usate dall’organizzazione terroristica in veri e propri studi di produzione, come raccontato alla tv al Arabiya dallo stesso autore dello studio intitolato: “Le sette braccia mediatiche dell’Isis: obiettivi”.
LE SETTE TESTATE: i tratta di sette entità media, quattro dei quali sono case di produzione di video e di suoni: Ajnad, al Furkan, al I’tissam e al Hayat; la rivista Dabiq; l’emittente radiofonica “al Bayan”; oltre a decine di “emittenti radio” locali in ogni una delle province del Califfato nero sia in Iraq che in Siria. Un impero diretto dal ministro del’Informazione, lo sceicco Mohammed al Adnani che è stato direttamente nominato dal Califfo Abu Bakr al Baghdadi. Il gruppo conta anche su 90 mila tra pagine e account sui social media come facebook e twitter.
TRE MILIARDI DI FINANZIAMENTO: La cifra investita dal Califfato per la sua propaganda in rete ammonta, secondo lo studio, a 3 miliardi di dollari; buona parte della quale spesa per acquistare “sofisticate strumentazioni e telecamere dalla Turchia”. E per diffondere il verbo di Allah in tutto il mondo i mezzi di comunicazione dell’Isis utilizzano ben 12 lingue. Lo studio ricorda che il gruppo può contare su immense risorse finanziarie dopo aver preso sotto il suo controllo molti pozzi petroliferi in Iraq come in Siria, oltre ad aver messo le mani su 480 milioni di dollari e 250 chilogrammi d’oro della filiale di Mosul della Banca centrale irachena la scorsa estate.
La fondazione Ajnad, è “il primo braccio mediatico dell’organizzazione” con tanto di “Studios” per la produzione degli inni jihadisti. Insomma un “centro produzione” paragonabili a quelli delle emittenti televisive mondiali con “professionisti e tecnici” dotati di moderne telecamere e persino di automobili attrezzate per le trasmissioni e le registrazioni video e sonoro dei “servizi dall’esterno”.
L’organizzazione, secondo questa ricerca, ha investito circa un miliardo di dollari per “gli studios” di Anjad il cui luogo non viene indicato; oltre 200 milioni di dollari sono serviti invece per finanziare la Fondazione al Furkan, passata sotto il controllo dell’Isis dopo essere stata la principale casa di produzione media di al Qaida.
Il canale I’Tissam per il quale sono stati destinati 500 milioni di dollari, conta su “numerosi corrispondenti”; una rete che ha il compito di filmare i combattimenti e le operazioni militari dei jihadisti all’interno del territorio controllato dal Califfato.
AL HAYAT, CANALE PER FORUM E DECAPITAZIONI: Un altro importante braccio mediatico dell’Isis è la fondazione “al Hayat”, per il quale l’organizzazione ha investito 500 milioni di dollari secondo la ricerca. Anche in questo caso si tratta di una casa di produzione ma è specializzata a diffondere i proclami del vertice dell’organizzazione come il califfo Abu Bakr al Baghdadi e il ministro della sua propaganda al Adnani. Questa finestra mediatica però si occupa di curare il sofisticato montaggio in studio dei video delle decapitazioni come nel caso dello “spettacolare” filmato dei 21 cristiani egiziani sgozzati su una spiaggia libica il mese scorso. Per il sonoro di questi filmati, al Hayat, si avvale della collaborazione di “psicologi e dotti della Shariya”, i quali scelgono i versi del corano da recitare negli inni religiosi che fanno da colonna sonora dei video.
EMITTENTI RADIO LOCALI, PER I COMBATTENTI: Lo studio di al Qassimi si sofferma molto sulla miriade di emittenti radio locali che trasmettono in ogni una delle province del Califfato; A dirigerle una “centrale” che si chiama “al Bayan” e trasmette da Mosul nel Nord dell’Iraq. Tutte queste radio trasmettono un notiziario giornaliero, inni e canti religiosi oltre ai discorsi del califfo; una propaganda martellante che “mira a infondere entusiasmo nel cuore e nelle menti dei combattenti sul campo”.
DABIQ, RIVISTA PUBBLICATA IN 4 LINGUE: Dabiq ha una elegante versione settimanale in Pdf che viene pubblicata in rete e una giornaliera on-line. Con un investimento di “500 milioni di dollari” viene pubblicata in 4 lingue per poi essere tradotta in altre 12 lingue. E’ principalmente diretta agli occidentali con l’obiettivo di “creare il panico tra i miscredenti”.
Tutti queste testate servono anche a diffondere informazioni riguardanti i corsi d’addestramento militare istituiti per i Jihadisti principalmente in Iraq. Lo studio sostiene che “finora sono stati svolti tre corsi d’addestramento della durata di 9 mesi ciascuno”. Nel corsi, con 2.000 combattenti “diplomati” per ciascuno, “oltre le scienze militari vengono insegnate anche materie teoriche sulla Shariya”.
I SOCIALE MEDIA SERVONO PER L’ARRUOLAMENTO: Al colossale apparato mediatico messo in piedi da al Baghdadi bisogna aggiungere 90mila ‘megafoni’ che secondo la ricerca sono le pagine e gli account di simpatizzanti, ma anche di “membri scelti” dall’organizzazione e attivati in rete. Principale compito di questo settore d’attività oltre la propaganda è dedicato al reclutamento di giovani musulmani sia nei Paesi occidentali che in quelli arabi. Lo studio indica in particolare 8 Paesi dai quali arriva il flusso maggiore di “reclutati” e sono: Tunisia, Sudan, Gran Bretagna, Germania, Algeria, Nigeria, Somalia e Ciad.
TURNI DA 12 ORE DAVANTI AL COMPUTER: Ciascun “operatore” dell’apparato media dell’Isis passa almeno 12 ore davanti al computer, come emerge della ricerca. I compiti sono vari: dalla diffusione dei comunicati e dei video dell’organizzazione al “monitoraggio” di tutto quello che viene scritto sull’Isis nei sito e sui media in tutto il mondo. Squadre specializzate hanno il compito invece di preparare le risposte agli attacchi mediatici contro il gruppo ma anche di scrivere ai loro superiori “analisi sulle reazioni ai video delle decapitazioni” e sugli altri orrori dei jihadisti che inondano sistematicamente la rete.
Fonte: Askanews
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