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Spagna, dilagano i giovani indignados

Circa 4mila giovani si sono accampati per la terza notte consecutiva nella piazza più centrale della capitale spagnola, da dove erano stati sgombrati manu militari ieri mattina dai reparti antisommossa della polizia spagnola.

Il movimento si ispira esplicitamente alle rivolte popolari nei paesi arabi. Un portavoce dei giovani antisistema, riuniti nella piattaforma “Democracia real Ya” (Subito un vera democrazia) e nel movimento ’15 M’, ha precisato che intendono restare accampati a Puerta del Sol fino alle elezioni amministrative e regionali di domenica prossima. Manifestazioni di appoggio ai giovani di Madrid si sono svolte in circa 40 città spagnole. A Barcellona alcune decine di giovani hanno occupato nella notte la centrale Plaza Catalunya. I giovani ‘indignados’ (indignati), come loro stessi si sono autobattezzati, denunciano fra l’altro le condizioni di vita sempre più dure create dalla crisi e dai successivi giri di vite decisi dal governo del premier socialista Josè Luis Zapatero, la disoccupazione oltre il 20%, soprattutto la “collusione” fra politici e banchieri, e chiedono un sistema di democrazia partecipativa.

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Ieri pomeriggio e la scorsa notte hanno effettuato sit-in nelle piazze in numerose città, dopo che domenica scorsa si erano mobilitati in 130.000 in oltre una cinquantina di comuni. Il loro simbolo sono diventati i circa 300 manifestanti rimasti anche oggi accampati alla Puerta del Sol, a Madrid, avanguardia dei circa 4mila che avevano affollato ieri sera la piazza simbolo del centro della capitale. E sit-in di protesta proseguono in Plaza de Catalunya, a Barcellona, dove alcune centinaia di giovani issano striscioni con slogan come: “Uniti per senso comune” o anche “Giovani senza futur” e “Psoe e PP corrotti”.

A Granada, tre giovani sono stati arrestati nello sgombero dei manifestanti effettuato nella serata di ieri dalle forze di polizia. Autoconvocati attraverso le reti sociali, gli autori di quella che è stata ribattezzata dal Washington Post la “Spanish revolution”, si dichiarano progressisti ma non si sentono rappresentati dalla politica tradizionale e puntano il dito contro i «responsabili della crisi: partiti politici e banchieri». Una crisi che in Spagna ha provocato 4,9 milioni di disoccupati, circa il 45% dei giovani, secondo l’ultima inchiesta sulla popolazione attiva.

La protesta ha colto di sorpresa i leader politici impegnati nella retta finale di una campagna elettorale dai toni stanchi, con i sondaggi dei quotidiani che prennunciano una vittoria del PP, mentre il Psoe perderebbe alcune storiche roccaforti come la regione di Castilla-La Mancha e le città di Siviglia e Barcellona, dove i socialisti sarebbero scalzati dal nazionalisti di CiU, che hanno già conquistato il governo della Generalitat. Nella regione di Valencia, il presidente uscente del PP, Francisco Camps, verrebbe riconfermato migliorando il risultato delle precedenti elezioni, nonostante sia indagato per lo scandalo di corruzione noto come “caso Gurtel”. In ogni caso, il risultato finale dipenderà da circa il 20% degli indecisi, ai quali si aggiungono ora i giovani del movimento “Democrazia ya”, dei quali è imprevedibile il comportamento nelle urne. Ed è il motivo per cui tutti i partiti tentano di cavalcare contro il tempo l’ondata giovanile di protesta.

È la “Spanish Revolution”, avverte Publico, il giornale della sinistra; la Generazione Tahir scrive El Periodico, un “Contagio Islandese”, spiega El Pais. La protesta dei giovani spagnoli è scattata a pochi giorni dalle elezioni amministrative e regionali di domenica, che secondo i sondaggi dovrebbero segnare una batosta per il Psoe del premier Josè Luis Zapatero, l’ex-icona della sinistra europea è oggi per i giovani di Puerta del Sol il “padre” dei giri di vite anti-deficit che colpiscono gli strati più deboli della società. Il movimento è antisistema, poco organizzato, un pò anarchico. Le rivendicazioni esposte sui dazebao incollati sulla stazione della metro di Puerta del Sol, vanno in tutte le direzioni. «Con l’euro le banche sono 4 volte più ricche», spiega un cartello che enumera le differenze di prezzi fra il 1999 e il 2011. «Un pane costava 25 pesetas, ora ne vale 100 (0,60 euro)» ma, rileva l’autore, «il mio stipendio da cameriere che era di 145mila pesetas è rimasto a 150mila (900 euro)».

Altri riprendono la poesia rivendicativa del maggio 68: «se non ci lasciate sognare noi non vi faremo dormire», annuncia un pezzo di cartone. «Non siamo merci nelle mani di politici e banchieri», accusa un foglio rosso. «No al Botellon, si a la Revolution» proclama un altro. «Sopportiamo, sopportiamo, ma a un certo punto diciamo basta: questo è il momento» spiega Cristina, 28 anni, laureata in biochimica e disoccupata. «Cosa vogliamo? Solo un mondo migliore». Pedro Gomez, uno dei portavoce dei giovani, precisa che per ora l’obiettivo è rimanere in piazza fino a domenica, «poi decideranno le assemblee». «Vogliamo la fine del bipartitismo aggressivo, dei privilegi delle banche», chiarisce. La polizia è presente in forze attorno alla piazza. Gli indignados si sentono vicini agli egiziani di piazza Tahrir, agli islandesi della Rivoluzione Tranquilla che hanno sconfessato politici e banchieri rifiutando per referendum di pagare i 4 miliardi di debiti delle banche e ottenuto la rifondazione del sistema politico, agli italiani di Beppe Grillo.

I partiti, presi di sorpresa dall’esplosione del movimento, tentano gesti di avvicinamento. Izquierda Unida (sinistra) spiega che si «riconosce» negli indignados. Tomas Gomez, leader del partito di Zapatero a Madrid, ha detto di «capire» la loro rivolta. Ma quando ha voluto farsi vedere a Puerta del Sol i giovani glielo hanno sconsigliato.

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