Roma, 04 giugno 2011, Nena News – Gli Stati Uniti sono impegnati in un inteso lavoro dietro le quinte per impedire la partenza per Gaza della seconda flottiglia pacifista, la Freedom Flotilla 2 «Stay Human», dedicata alla memoria dell’attivista italiano Vittorio Arrigoni. Tra le 15 navi c’è l’italiana «Stefano Chiarini», che porta il nome del giornalista del quotidiano Il Manifesto e specialista di Medio Oriente scomparso prematuramente nel 2007.
Il quotidiano turco “Zaman” – citando un altro giornale “Hurriyet” – riferiva ieri che Washington avrebbe offerto al governo turco, in cambio di uno stop alla Flotilla 2, la possibilità di tenere ad Ankara un summit israelo-palestinese, sul modello della Conferenza di Pace di Madrid del 1991 e degli Accordi di Oslo del 1993. Gli americani tuttavia, aggiungeva il giornale, sanno che la Turchia difficilmente accetterà l’offerta senza aver prima ottenuto le scuse ufficiali di Israele per l’assalto alla Freedom Flotilla del 31 maggio 2010, nel quale vennero uccisi nove civili turchi e feriti molti altrisulla nave Mavi Marmara, abbordata da commando dello Stato ebraico. Le Ong turche sono in prima fila nella organizzazione della Flotilla 2 che, comunque, era e resta una missione internazionale alla quale, quest’anno, dovrebbero prendere parte navi di molti paesi, forse anche statunitensi.
Negli ultimi giorni sono state tante le prese di posizione a sostegno della Flotilla 2 da parte di attivisti e dirigenti politici turchi. «I governi democratici non possono fermare i loro cittadini che intendono far partire un’altra flottiglia di aiuti per la Striscia di Gaza e sfidare un blocco (israeliano) illegale», ha affermato in una recente intervista alla agenzia di stampa britannica Reuters il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu, rispondendo indirettamente all’appello ad impedire la partenza della nuova flottiglia umanitaria, rivolto ai governi del mondo dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. «Nessun paese democratico può pensare di avere il pieno controllo di queste Ong», ha spiegato Davutoglu riferendosi alle organizzazioni non governative, non solo turche, che si preparano a salpare per Gaza. Davutoglu ha ammonito Israele dal ritentare un’azione di forza: «Nessuno può aspettarsi che la Turchia o altri paesi membri dell’Onu possano dimenticare i nove civili uccisi lo scorso anno. Inviamo un messaggio chiaro alle parti interessate (Israele): quella tragedia non deve ripertersi».
E’ massiccia la mobilitazione intorno alla Flotilla 2. I promotori, in buona parte europei, sono decisi a violare il blocco navale che la Marina militare israeliana attua davanti alle coste di Gaza, ufficialmente per «impedire il traffico di armi». La nuova missione umanitaria è anche una risposta al raid di un anno fa che oltre a provocare nove morti causò il ferimento di numerosi attivisti, pacifisti e giornalisti di diversi paesi. Tra le centinaia di stranieri fermati in mare e rinchiusi per alcuni giorni in prigioni israeliane (prima di essere espulsi) c’erano anche cittadini italiani, tra i quali i giornalisti Angela Lano e Manolo Luppuchini. La strage in mare provocò un forte sdegno e le relazioni tra Turchia e Israele arrivarono al punto di rottura. Nelle settimane successive tuttavia il veto degli Stati Uniti e le posizioni assunte da alcuni governi occidentali, incluso quello italiano, impedirono l’approvazione di risoluzioni di condanna di Israele che pure, per l’assalto alla Freedom Flotilla, è stato duramente criticato dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu.
Il governo israeliano da parte sua ha sempre parlato di «legittima difesa» e di «aggressione» subita dai soldati (alcuni dei quali rimasero feriti sulla Mavi Marmara). Ha inoltre incaricato due commissioni «interne» – una civile e l’altra militare – di svolgere inchieste che si sono concluse con l’approvazione dell’operato dei militari e con qualche blanda critica rivolta solo alla pianificazione del raid contro la Flotilla. Il premier Netanyahu ha anche disposto un leggero allentamento del blocco terrestre di Gaza.
La tensione aumenta con l’avvicinarsi del giorno, non ancora annunciato ufficialmente, della partenza della nuova flottiglia pacifista. Fiancheggiato dall’Amministrazione Obama, Netanyahu sta lavorando ai tavoli della diplomazia affinchè la spedizione sia impedita. Ma un’azione di forza contro i pacifisti non viene esclusa neppure stavolta. Secondo quando riferiva qualche giorno fa il quotidiano di Tel Aviv “Haaretz”, il primo ministro ordinerà l’uso del pugno di ferro contro le navi che non obbediranno agli ordini della Marina israeliana. Sono stati richiamati i riservisti e l’intelligence militare sorveglia diversi siti internet. La Marina israeliana lavora a «misure di contenimento» di eventuali azioni di resistenza passiva degli attivisti, ma una qualche forma di arrembaggio viene ritenuta dai comandi israeliani «ineluttabile».
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