Tagli, tasse, licenziamenti, svendite: la tragedia greca è «solo agli inizi»
TENE
La ribellione di un movimento eterogeneo di funzionari, studenti, pensionati, lavoratori del settore privato e tassisti ha registrato una piccola vittoria psicologica ad Atene costringendo alla ritirata i rappresentanti della troika europea, che hanno abbandonato da due giorni la sede dell’assediato e occupato ministero delle finanze, in piazza Syntagma, per riunirsi con i ministri e funzionari del governo Papandreou in un posto più sicuro.
Atene vive questi giorni una vera rivolta di quasi tutte le categorie ed età contro la nuova raffica di tagli e l’ulteriore giro di vite nell’amministrazione pubblica. La gente protesta e assedia i ministeri, funzionari e studenti occupano. Più di 600 scuole sono già occupate, come tanti istituti professionali e facoltà. Il tempo per le iscrizioni è stato allungato. Come quello per pagare le nuove tasse. Gli scioperi e gli effetti del licenziamento del personale con contratto a termine ha paralizzato le officine del fisco.
Ad Atene vive quasi la metà dei greci e si concentra gran parte della burocrazia di un apparato statale che fino a due anni fa si gonfiava con il voto di scambio. I mercati e la troika hanno firmato il certificato di morte di questo stato. Chi fino a ieri garantiva posti di lavoro per un pugno di voti si ritrova oggi a fare le liste di proscrizioni dei funzionari.
Papandreou e il suo ministro delle finanze Venizelos hanno garantito in parlamento e in tv che il taglio dei primi 30.000 statali nel le prossime settimane avverrà con trasparenza e per meritocrazia. Una presa in giro. Poi ci sarà un secondo giro. Un terzo e chissà quanti altri.
Poche centinaia di metri dal parlamento c’è piazza Clathmonos, la piazza di quelli che piangono. Ha preso il nome perché lì si concentravano piangendo gli impiegati che il governo di turno licenziava quasi un secolo e mezzo fa. Da questa piazza ha cominciato venerdì la marcia degli statali verso il ministero delle finanze, mentre Papandeou vuole alleggerire i conti statali sacrificando 100.000 di loro.
«La direttrice della scuola mi ha detto che prenderò 1110 euro al mese dopo 6 mesi e la liquidazione dopo 4 anni se vado via ora», dice Makis Barbanis, insegnante da 25 anni, che pensa di lasciare per la paura che con il probabile fallimento del paese perderà ancora di più. Le paure, le miserie umane, i bassi istinti si fanno avanti queste ore. L’eterno ricatto.
La maggior parte della gente crede ancora nello sforzo collettivo e lotta con coraggio contro la macelleria sociale di Papandreou e della troika.
«Il governo cerca di spaventarci e di ricattarci perché abbiamo detto che non dobbiamo riscuotere la nuova tassa sulle case attraverso la bolletta elettrica e vuole mettere Deh, la società elettrica, contro i lavoratori», ha detto al manifesto Nikos Fotopoulos, il presidente del sindacato di Denop-Deh, in mezzo alle polemiche per la posizione presa dal sindacato contro le indicazioni date a Deh dal governo di Papandreu (che en passant è anche presidente dell’Internazionale socialista…) di tagliare la luce a chi non paga la nuova tassa per la casa. «Nessun consumatore ha firmato con Deh un contratto che prevede il pagamento di tasse attraverso la bolletta», dice Fotopoulos, mentre aumenta rapidamente il numero di case che restano senza luce e di imprese che chiudono. «E’ disumano tagliare la luce a chi non ha soldi per pagare la tassa. I lavoratori di Deh saranno al fianco di chi soffre», continua Fotopoulos, impegnato anche contro i tentativi del ministro dell’ambiente Papakonstantinou di smembrare e svendere la società.
«Gli ultimi tagli del governo hanno scatenato una rabbia collettiva. Il sindacato cerca di organizzare il malcontento tra la gente. Per il 5 ottobre abbiamo programmato manifestazioni, per il 19 uno sciopero generale di 8 ore e molte altre iniziative tra cui la occupazione dei ministeri e dei comuni da parte dei loro lavoratori», dice al manifesto Giorgos Gabrilis, dell’esecutivo della Gsee, l’unica centrale sindacale del settore privato. Per questo sindacalista di sinistra «il governo perde anche le sue ultime alleanze nei sindacati a maggioranza socialista e ogni legittimità nel paese». «La “mobilità” nel settore pubblico farà crescere la disoccupazione a livelli mai visti. Secondo i calcoli di Gsee la disoccupazione sfiorerà il 30% il 2012: un dato terribile, perché il numero dei disoccupati sarà più alto di quello della gente che lavora» Per Gablilis «ormai c’è uno slogan che unisce tutti, compresi i sindacalisti socialisti nei sindacati: questo governo di deve dimettere».
La Gsee sembra aver sposato la linea della disobbedienza civile contro il pagamento delle inique tasse e ora collabora con il movimento «Non pago-Non pago», mentre la nascita del Comitato di coordinamento di statali, settore privato e studenti può creare le condizioni per l’unificazione del movimento di protesta e lo scontro frontale con il governo e la troika della Ue. Papandreou cercherà nel consiglio di ministri di oggi di convincere l’opinione pubblica che lui «ha salvato la patria» con i suoi viaggi a Berlino e Parigi, ma anche tra i suoi fedelissimi appaiono le prime crepe. Tra il governo e la società, pur così distanti, esiste una convinzione comune: la vera crisi non è ancora cominciata.
Atene vive questi giorni una vera rivolta di quasi tutte le categorie ed età contro la nuova raffica di tagli e l’ulteriore giro di vite nell’amministrazione pubblica. La gente protesta e assedia i ministeri, funzionari e studenti occupano. Più di 600 scuole sono già occupate, come tanti istituti professionali e facoltà. Il tempo per le iscrizioni è stato allungato. Come quello per pagare le nuove tasse. Gli scioperi e gli effetti del licenziamento del personale con contratto a termine ha paralizzato le officine del fisco.
Ad Atene vive quasi la metà dei greci e si concentra gran parte della burocrazia di un apparato statale che fino a due anni fa si gonfiava con il voto di scambio. I mercati e la troika hanno firmato il certificato di morte di questo stato. Chi fino a ieri garantiva posti di lavoro per un pugno di voti si ritrova oggi a fare le liste di proscrizioni dei funzionari.
Papandreou e il suo ministro delle finanze Venizelos hanno garantito in parlamento e in tv che il taglio dei primi 30.000 statali nel le prossime settimane avverrà con trasparenza e per meritocrazia. Una presa in giro. Poi ci sarà un secondo giro. Un terzo e chissà quanti altri.
Poche centinaia di metri dal parlamento c’è piazza Clathmonos, la piazza di quelli che piangono. Ha preso il nome perché lì si concentravano piangendo gli impiegati che il governo di turno licenziava quasi un secolo e mezzo fa. Da questa piazza ha cominciato venerdì la marcia degli statali verso il ministero delle finanze, mentre Papandeou vuole alleggerire i conti statali sacrificando 100.000 di loro.
«La direttrice della scuola mi ha detto che prenderò 1110 euro al mese dopo 6 mesi e la liquidazione dopo 4 anni se vado via ora», dice Makis Barbanis, insegnante da 25 anni, che pensa di lasciare per la paura che con il probabile fallimento del paese perderà ancora di più. Le paure, le miserie umane, i bassi istinti si fanno avanti queste ore. L’eterno ricatto.
La maggior parte della gente crede ancora nello sforzo collettivo e lotta con coraggio contro la macelleria sociale di Papandreou e della troika.
«Il governo cerca di spaventarci e di ricattarci perché abbiamo detto che non dobbiamo riscuotere la nuova tassa sulle case attraverso la bolletta elettrica e vuole mettere Deh, la società elettrica, contro i lavoratori», ha detto al manifesto Nikos Fotopoulos, il presidente del sindacato di Denop-Deh, in mezzo alle polemiche per la posizione presa dal sindacato contro le indicazioni date a Deh dal governo di Papandreu (che en passant è anche presidente dell’Internazionale socialista…) di tagliare la luce a chi non paga la nuova tassa per la casa. «Nessun consumatore ha firmato con Deh un contratto che prevede il pagamento di tasse attraverso la bolletta», dice Fotopoulos, mentre aumenta rapidamente il numero di case che restano senza luce e di imprese che chiudono. «E’ disumano tagliare la luce a chi non ha soldi per pagare la tassa. I lavoratori di Deh saranno al fianco di chi soffre», continua Fotopoulos, impegnato anche contro i tentativi del ministro dell’ambiente Papakonstantinou di smembrare e svendere la società.
«Gli ultimi tagli del governo hanno scatenato una rabbia collettiva. Il sindacato cerca di organizzare il malcontento tra la gente. Per il 5 ottobre abbiamo programmato manifestazioni, per il 19 uno sciopero generale di 8 ore e molte altre iniziative tra cui la occupazione dei ministeri e dei comuni da parte dei loro lavoratori», dice al manifesto Giorgos Gabrilis, dell’esecutivo della Gsee, l’unica centrale sindacale del settore privato. Per questo sindacalista di sinistra «il governo perde anche le sue ultime alleanze nei sindacati a maggioranza socialista e ogni legittimità nel paese». «La “mobilità” nel settore pubblico farà crescere la disoccupazione a livelli mai visti. Secondo i calcoli di Gsee la disoccupazione sfiorerà il 30% il 2012: un dato terribile, perché il numero dei disoccupati sarà più alto di quello della gente che lavora» Per Gablilis «ormai c’è uno slogan che unisce tutti, compresi i sindacalisti socialisti nei sindacati: questo governo di deve dimettere».
La Gsee sembra aver sposato la linea della disobbedienza civile contro il pagamento delle inique tasse e ora collabora con il movimento «Non pago-Non pago», mentre la nascita del Comitato di coordinamento di statali, settore privato e studenti può creare le condizioni per l’unificazione del movimento di protesta e lo scontro frontale con il governo e la troika della Ue. Papandreou cercherà nel consiglio di ministri di oggi di convincere l’opinione pubblica che lui «ha salvato la patria» con i suoi viaggi a Berlino e Parigi, ma anche tra i suoi fedelissimi appaiono le prime crepe. Tra il governo e la società, pur così distanti, esiste una convinzione comune: la vera crisi non è ancora cominciata.
da “il manifesto” del 2 ottobre 2011
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