Se ci fosse ancora qualche dubbio su come si intenda costruire l’Unione Europea i drammatici fatti greci si incaricano di chiarire qual è la situazione effettiva: la retorica sui pareggi di bilancio, la falsa etica sui sacrifici, l’ipocrisia sulla missione democratica delle istituzioni europee crollano di fronte alla politica neocoloniale che si sta adottando nei confronti del popolo greco.
Dopo mesi e mesi di trattative, dopo il netto pronunciamento del popolo greco al referendum del 5 Luglio scorso, dopo il cedimento di Tsipras e della maggioranza di Syriza e le dimissioni del governo formato a gennaio, il paese viene ora venduto a pezzi ed ancor più immiserito. La compagnia tedesca Fraport si appropria di 14 aeroporti greci in base alle privatizzazioni imposte, il porto del Pireo va definitivamente ai cinesi ed altri pezzi del patrimonio nazionale si apprestano ad essere venduti per una cifra complessiva di 50 miliardi. Contemporaneamente le pensioni minime vengono ridotte del 25%, andando sotto i 400 euro mentre si attendono le altre misure di rapina che lederanno ulteriormente la stessa dignità del popolo greco come ha denunciato l’ex europarlamentare greco di Syriza Manolis Glezos, di 92 anni, mitica figura della Resistenza greca contro l’invasione nazifascista.
Sta emergendo palesemente quello che da tempo era evidente: la costruzione degli “Stati Uniti d’Europa” si basa sull’approfondimento delle diseguaglianze, sull’impoverimento di interi paesi, dei lavoratori e dei settori sociali più deboli. Ancora una volta la costruzione di una “superpotenza” poggia sullo sfruttamento, sull’espropriazione, sull’impoverimento di chi non sostiene la cosiddetta competizione; che in Europa significa concretamente i paesi mediterranei, cioè i dispregiati paesi cosiddetti PIGS. Ulteriore conferma della malafede e dell’arroganza di chi si sente forte viene dalla vicenda degli immigrati che nel loro esodo si affollano, grazie alle guerre portate anche dalla UE nel Medio Oriente ed in Africa, sulle coste dell’Italia e della Grecia che vengono, però, lasciate sole dalle istituzioni europee ad affrontare questa drammatica emergenza.
L’Unione Europea non è la cura ma è la malattia! Non si può pensare, dunque, che il nostro paese non venga sottoposto alla stessa politica di impoverimento, cosa che già avviene con le cosiddette riforme del governo Renzi, a cominciare dal Jobs Act che degrada le condizioni del lavoro dipendente, e con i continui tagli alle spese sociali. In questo senso va la riforma della scuola che vuole dequalificare il processo formativo nazionale, nè più nè meno come hanno fatto a suo tempo Berlusconi e la Lega al governo. Tutto ciò nell’assenza e nell’acquiescenza di fatto di CGIL, CISL e UIL divenuti ormai sindacati complici. In questo senso, del resto, va anche il disprezzo che il presidente del consiglio ha mostrato verso il nostro meridione ritenuto responsabile del degrado in cui, invece, è stato lasciato dai governi e dalle classi dominanti nei decenni passati. Che sia questa la reale prospettiva lo stanno a dimostrare le continue mistificazioni sull’aumento della disoccupazione e su un’inesistente crescita economica.
D’altra parte lo stesso Renzi, assieme al presidente francese Hollande, ha accompagnato Tsipras al patibolo facendo finta di svolgere un ruolo di mediazione con la Germania ed i suoi alleati, mediazione che ha poi portato al risultato attuale, alla rottura di Syriza ed alle dimissioni di Tsipras. Il Partito Democratico è, infatti, il soggetto politico che con più determinazione sta portando il nostro paese verso una subordinazione totale al progetto reazionario continentale al servizio delle multinazionali e dei poteri finanziari. Ma purtroppo gli stessi partiti di sinistra, dal PRC a SEL, continuano a favoleggiare di “un’altra Europa” che non esiste, sostenuti, in questo, da quell’intellettualità che non vuole prendere atto della propria incapacità di leggere le dinamiche effettive del mondo moderno.
Non è più possibile ignorare questa situazione e queste prospettive. Per questo è necessario costruire anche nel nostro paese un forte movimento popolare, un fronte di lotte politiche e sociali, che sia in grado di affrontare gli attacchi che verranno portati dalla Unione Europea e dal governo nazionale, chiunque sia il presidente del consiglio. Per questo è necessario dare vita ad un movimento che dica chiaramente e senza ipocrisie che l’Unione Europea rappresenta le classi dominanti in guerra contro i propri popoli e che l’euro è uno strumento utile ad impoverire chi, nel nostro come negli altri paesi europei, vive del proprio lavoro.
Proponiamo, perciò, una assemblea nazionale da tenersi nella prima metà del mese di Ottobre per promuovere campagne, iniziative e mobilitazioni unitarie per uscire dall’Euro e per rompere l’Unione Europea.
Per dare coordinamento e comunicazione intorno alla campagna è stato attivato, in più lingue, il sito www.eurostop.info
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