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Tunisia. Si vota per la Costituente

Si sono aperti alle 7:00, in tutta la Tunisia, spesso in un clima festoso, i seggi per le elezioni dell’Assemblea Costituente, le prime dopo la dittatura di Zine El Abidine Ben Ali, durata 23 anni. Già prima dell’apertura ufficiale delle urne, in centinaia erano in attesa davanti alle scuole che ospitano i seggi, tutte fortemente presidiate dal dispositivo di sicurezza (oltre 42 mila uomini tra polizia e Forze armate) approntato per garantire la regolarità delle operazioni di voto. Intorno alle 9:00 nella capitale (dove ha votato, accompagnato da moglie e figlia, in hijab, il leader del partito confessionale Ennahdha, Rached Gannouchi) si erano già formate file lunghissime che stanno defluendo con ordine verso i seggi, dove le operazioni di voto vanno avanti speditamente ma con tempi un pò più lunghi rispetto ai tre minuti canonici che erano stati previsti.

A creare qualche ritardo sono le procedure di identificazione, compiute sulla base della carta di identità, il solo documento valido per essere accettato al voto, ma che non sempre viene esibito dagli elettori. Non vengono segnalati incidenti di rilievo, se non le ripetute violazioni del divieto di campagna elettorale (scattato alla mezzanotte di venerdì), aggirato con la distribuzione di opuscoli ed adesivi.

Ma è sul web che le violazioni sono continue, dal momento che proseguono – con messaggi e mail – gli «inviti» a votare. In alcuni quartieri della periferia della Capitale, peraltro, viene segnalata una iniziativa di un gruppo salafita che, dichiarato fuorilegge, ammonisce gli elettori – che si sono visti recapitare nelle buca delle lettere minacciosi messaggi – a non votare, sostenendo tra l’altro che la Costituzione viola i precetti del corano. Seggi aperti anche a Sidi Bouzid, la città in cui si diede fuoco, morendo dopo una lunga agonia, il commerciante ambulante Mohammed Bouazizi, la cui fine diede inizio alla «rivoluzione dei gelsomini» di cui viene considerato il primo «martire».

 

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da “il manifesto” del 23 ottobre 2011

217 I SEGGI DELLA COSTITUENTE
«En-nahda» bifronte contro i democratici

Su 7,5 milioni di aventi diritto al voto sono 3,8 milioni i tunisini che si sono iscritti alle liste per votare i 217 membri della costituente. 1.428 sono le liste in lizza per 33 circoscrizioni elettorali (27 in Tunisia e 6 all’estero) con 10.937 candidati. 292 sono le donne capilista. Le liste sono composte dal 50 per cento di uomini e 50 per cento donne. L’elezione avviene con metodo proporzionale votando la lista. Una difficoltà nel voto è rappresentata dal fatto che la lista cambia numero in ogni circoscrizione, però saranno riconoscibili da un simbolo. Tra gli oltre cento partiti nati dopo la rivoluzione, pochi hanno veramente la possibilità di contare nella prossima costituente.
En-nahda, il partito islamista legalizzato dopo la caduta di Ben Ali, che aveva imprigionato molti dei suoi componenti. Il leader storico Rachid Ghannouchi ha vissuto in esilio a Londra ed è rientrato dopo la Rivoluzione. En-nahda, secondo le previsioni, dovrebbe essere il primo partito ma non avere la maggioranza assoluta. E’ un partito ben organizzato, che dispone di molte risorse come si evince dalle disponibilità di sedi nuove e di mezzi per aiutare la popolazione indigente. Si è integrato nel nuovo panorama politico con un doppio linguaggio: moderato all’esterno e molto più radicale con i propri militanti.
Il Partito democratico progressista (Pdp), dato come secondo nei sondaggi, esiste dagli anni ’80. L’attuale segretaria è Maya J’ribi, ma il vero leader è il suo fondatore Najib Chebbi. Si colloca in una posizione di centro-sinistra, il che non gli ha impedito di flirtare a turno con gli islamisti e con gli orfani di Ben Ali.
Ettakatol, finora conosciuto come Forum democratico per il lavoro e le libertà figura tra i favoriti. Il suo fondatore Mustapha ben Jaafar, professore di medicina, ha sempre mantenuto una posizione socialdemocratica intransigente. Come il Pdp e Ettajdid esisteva ai tempi di Ben Ali.
Il Polo democratico modernista, costituito intorno a Ettajdid, l’evoluzione socialdemocratica del Partito comunista tunisino, ha difeso le posizioni laiche contro l’islamismo di En-nahda. Se all’inizio questi timori sembravano infondati, le ultime uscite di Ghannouchi hanno invece rafforzato il discorso del Polo.
Liste indipendenti. Sono numerose e al loro interno si trovano diversi leader islamisti come Abdelfattah Mourou, cofondatore di En-nahda che ha divorziato dal partito. E anche esponenti dell’ex regime.
Il Partito comunista operaio tunisino (Pcot) che ha candidato la famosa avvocata Radhia Nasrawi testa di lista a Tunisi, potrebbe raccogliere i voti della sinistra radicale.

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Giuliana Sgrena
Elezioni • ElezioniGli islamisti di Ghannouchi sperano nella maggioranza e puntano su scuola e famiglia. Partiti laici divisi ma pronti a un’alleanza. Agli ultimi comizi stadi strapieni di giovani e speranza alle stelle
Le due Tunisie al voto tra «Bella ciao» e il velo

TUNISI
Le tensioni degli ultimi giorni di campagna elettorale sembrano aver lasciato spazio alla riflessione. Non è facile orientarsi tra le numerose liste che hanno raccolto i candidati di oltre cento partiti nati dopo la rivoluzione. I manifesti elettorali (volantini con le facce dei candidati e il simbolo) sono incasellati in appositi spazi dipinti sui muri, più che annunci elettorali sembrano mortuari, incorniciati come sono da strisce nere.
Ma la campagna elettorale non ha risparmiato colpi, soprattutto dopo la provocazione del leader islamista Rachid Ghannouchi che dopo aver fatto una campagna da primo partito, e non solo per i soldi, ha detto che nelle elezioni ci saranno brogli e se così sarà – ovvero se En-nahda non sarà maggioritario – gli islamisti scenderanno in piazza. La minaccia è stata presa sul serio dai partiti democratici che purtroppo si presentano divisi lasciando spazio agli islamisti, anche se hanno già annunciato di essere disposti ad allearsi dopo il voto.
Negli ultimi giorni si è alzata la tensione e anche la paura degli islamisti che secondo Maya J’ribi, segretaria generale del Partito democratico progressista (Pdp), hanno alla fine mostrato il vero volto. Accusati di avere un doppio linguaggio, uno ufficiale moderato, e uno radicale con i militanti, Rachid Ghannouchi, il leader storico di En-nahda, li ha riunificati alla vigilia delle elezioni. Un passo falso, una minaccia, il tentativo di fare paura ai tunisini – se non ci votate sarà il caos, copiando così la vecchia minaccia di Ben Ali – oppure i timori che il successo sperato non sarà confermato e quindi bisognerà pensare a prendere il potere con altri mezzi? Comunque sia, un gesto di irresponsabilità a tre giorni dal voto. Che certamente non calmerà la violenza dei salafiti che vogliono imporre le donne col velo integrale all’università di Sousse o di quelli che danno l’assalto alla tv Nesma perché trasmette Persepolis.
La vigilia del voto in una Tunisi soleggiata sembra una giornata di vacanza. Dopo gli ultimi fuochi, le due Tunisie sembrano passarsi accanto senza sfiorarsi.
L’una, quella islamista, che ha chiuso la sua campagna elettorale nello stadio di Ben Arous pieno di uomini, donne tutte velate con rare eccezioni, molti giovani e ragazzine che facevano sfoggio di veli colorati. Uno sventolio di bandiere di En-nahda alternate a quelle dei «rivoluzionari» libici e dei palestinesi. Il verde islamico bandito perché En-nahda non si vuole confondere con i partiti fratelli che hanno già dato un’infelice prova dell’islamismo cosiddetto moderato. E per dimostrarlo, in prima fila sul palco, c’era Souad Abdelrahim, unica donna candidata senza velo, che si è presentata però nelle Americhe visto che non vive in Tunisia. Anche se è arrivata per le ultime battute di campagna elettorale. Sul palco appariva con capelli sciolti, tailleur e tacchi a spillo. Nell’unico intervento femminile della parata, ha rivendicato per En-nahda il ministero dell’educazione nel prossimo governo per insegnare ai bambini la propria identità islamica. Epperò tutti gli interventi maschili hanno sottolineato il loro impegno a rispettare lo statuto di famiglia, il più progressista del mondo arabo. Sotto nubi nere che minacciavano pioggia si è concluso il grande raduno del popolo islamista mentre il popolo modernista (Polo democratico modernista, Pdm) cominciava ad affollare un palazzetto dello sport, la Coupole di El Menzah.
Una coreografia da grande spettacolo, del resto una delle capolista di Qotb (questo il nome in arabo che vuole dire orientamento e viene esplicitato nel simbolo: una stella, segno di orientamento dei marinai e dei popoli del deserto) è Salma Baccar, famosa regista. La musica, anche qui assordante come in tutti i meeting, era molto moderna senza trascurare alcuni inni storici come quello palestinese o «bella ciao». Durante il meeting con brevi interventi dei capilista dei cinque governatorati di Tunisi (due donne e tre uomini) è stato presentato il programma della coalizione creata da Ettajdid, la versione socialdemocratica dell’ex partito comunista tunisino. Per il Polo, la Costituente deve sancire una evoluzione moderna del paese attraverso la separazione tra stato e religione, basata sull’uguaglianza tra uomo e donna, con la garanzia della libertà di espressione e di creatività. Il Polo ha puntato molto in campagna elettorale sulla valorizzazione della cultura. Ma non sono mancati altri punti importanti come il lavoro e l’ecologia.
Nel meeting, come del resto in quello organizzato dal Pdp alla Cité di El Khadra, duri gli attacchi alle minacce irresponsabili di Rachid Ghannouchi. Il Pdp e il Pdm, entrambi favorevoli a un’alleanza dopo le elezioni, dovrebbero costituire il principale ostacolo alle imposizioni degli islamisti che se risulteranno il primo partito rivendicheranno il diritto di formare il nuovo governo che, invece, per Brahimi, leader di Ettajdid, dovrà essere ancora costituito di tecnici fino alle elezioni.
Se la folla presente nello stadio di Ben Arous ci aveva dato l’impressione della forza di En-nahda, l’affollamento della Coupole ha ridimensionato i rapporti di forza. Ma soprattutto la presenza di tanti giovani, moltissime donne, il clima di festa, la presentazione per nulla rituale dei candidati, ci hanno fatto dimenticare di essere dal lato sud del Mediterraneo e per un momento il sogno tunisino di libertà e democrazia è diventato anche il nostro.

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