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Le navi per Gaza sequestrate dalla marina israeliana

Le due navi dirette a Gaza- l’irlandese “Saoirse” e la canadese “Tahrir” – salpate dalla Turchia per rompere il blocco della Striscia, a 48 miglia nautiche dalla destinazione finale sono state abbordate dalla marina militare israeliana e condotte al porto di Ashdod. Lì gli attivisti del gruppo “Freedom Waves to Gaza” sono stati consegnati alla polizia e interrogati prima del rimpatrio nei Paesi di provenienza. L’intervento della marina israeliana stavolta non ha causato nessun ferito tra i 27 passeggeri dei due battelli. Israele aveva già ampiamente preannunciato l’intenzione di intercettare la flottiglia che in tarda mattinata era stata contattata via radio da due navi della marina militare. “Qual’è la vostra destinazione?”, era stato chiesto al capitano della Tahrir’ “Il progresso dell’umanità”, era stata la spiazzante risposta degli attivisti – che nel frattempo trasmettevano i loro aggiornamenti via Twitter -, decisi a non cambiare rotta benchè le forze israeliane fossero già all’orizzonte. Quindi, l’abbordaggio. Un commando militare, secondo quanto si vede in un video pubblicato dall’esercito israeliano, si è avvicinato ai due battelli su piccole imbarcazioni, ha messo in azione i cannoni ad acqua e infine è salito a bordo.

L’intervento, però, ha comunque scatenato la ferma protesta degli organizzatori della flottiglia. A finire nel mirino di Freedom Waves to Gaza è stato il blackout delle comunicazioni «manipolato da Israele» che ha impedito ogni tipo di contatto con le due imbarcazioni, in primo luogo con quella irlandese, nelle ore precedenti l’abbordaggio. «È un atto illegale, equivalente a un rapimento. Un ennesimo atto di pirateria di Israele», ha tuonato la portavoce della Saoirse, Claudia Saba, contattata dall’ANSA. «Per quale ragione sono stati arrestati? Navigavano in acque internazionali», ha aggiunto l’attivista irlandese che nel pomeriggio era stata contattata dal Ministero degli Esteri di Dublino, secondo il quale «gli attivisti saranno portati nella prigione di Givon. Il dipartimento ha chiesto che vengano rimpatriati al più presto. Ma fino a questa mattina nessuno potrà incontrarli», ha spiegato. La mini-flottiglia era l’ultima costola rimasta del Freedom Flotilla II bloccata quest’estate nei porti ellenici. L’obiettivo non era mutato: «rompere il blocco disumano di Gaza» e portare «una quantità simbolica di aiuti» ai palestinesi. E l’ingresso dei due battelli in acque internazionali aveva acceso l’entusiasmo fra i palestinesi di Gaza sotto assedio ormai dal 2006.

 

«Hamas condanna fermamente la pirateria sionista contro gli attivisti internazionali», si legge in una nota diffusa dal movimento islamico palestinese, che denuncia un «crimine e una evidente violazione del diritto internazionale, commessa contro attivisti liberi che portavano aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, a sua volta messa sotto assedio in modo ingiustificato».

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