Menu

Grecia. Nuovo governo, con l’uscita dall’euro sullo sfondo

Uno sforzo immane e dai risultati incerti (addirittura impossibili da raggiungere, secondo molti analisti), che potrebbe concludersi male. A quel punto resta solo il “piano B”: ovvero l’uscita dall’euro. Che non è una cosa allegra, in ogni caso.

 

*****

da Il Sole 24 Ore

Atene fa le prove di grande coalizione

Greci indebitati fino al collo mentre i partitti politici non trovano un accordo per un governo di coalizione voluto ad ogni costo dai socialisti di George Papandreou,(idea sostenuta dal 52% dei greci contro il 37% che vuole andare al voto secondo un sondaggio odierno del quotidiano Proto Thema).

Ma i conservatori di Antonis Samaras si riuftano di andare al governo e chiedono elezioni anticipate aumentando il caos politico. “Gli europei non si fidano più di noi, ci butteranno fuori dall’euro” dice Tassos Pagonis, 48 anni, tassista ad Atene. “Spero di non dover vedere il ritorno alla dracma ” La situazione sociale è grave, quella politica peggio.

I greci si preparano al piano B, l’uscita dall’euro perché il vertice del 26 ottobre sul punto del salvataggio della Grecia ha lasciato troppi lati oscuri. Il comunicato finale del Consiglio europeo non è chiarissimo. Sicuri sono 30 miliardi di euro che saranno messi a disposizione dai Governi dell’Eurozona come garanzia per le banche che accetteranno lo swap tra i loro bond greci e i nuovi bond da emettere, con un haircut del 50%. Meno certi sono i 100 miliardi che il comunicato cita come aiuti alla Grecia, in arrivo da Governi e istituzioni internazionali. Secondo alcuni, ma non c’è certezza sul punto, si sommerebbero ai 30 miliardi portando il pacchetto di aiuti a 130 miliardi. In ogni caso, se anche quei 100 miliardi fossero aggiuntivi, non è specificato a chi andranno (governo greco, banche) e in quale misura.

Di sicuro c’è che il governo greco deve approvare le misure di austerità, impopolari, altrimenti non arriverrà niente e i soldi devono arrivare entro il 15 dicembre, dopo non c’è più ninete in cassa. E i greci si chiedono se ne vale la pena o non sarebbe meglio tornare alla vecchia dracma, svalutare magari del 60% e farla finita con questa lenta agonia. I greci non possono trasformarsi in tedeschi in pochi mesi. Per questo i giovani pensano ad emigrare mentre i greci che si sono trasferiti per lavoro in Germania sono aumentati del 6% rispetto all’anno scorso raggiungendo quota 90mila complessivi. Tutta gente che ha detto addio al sole per le brume del nord Europa. Qui ormai i giovani hanno capito che per un decennio non c’è futuro.per loro.La Ue dà soldi al governo per pagre i debiti ma non crea lavoro.

Intanto secondo la Federazione Bancaria Europea l’ammontare medio dei mutui procapite accesi dai greci supera quello dei loro depositi.
L’anno scorso, ogni cittadino greco era debitore alle banche di una media di 22.842 euro a fronte di una media di deposito in banca pari a 18.504 euro procapite. Secondo la Bce, la riduzione del reddito disponibile dei greci, divenuta molto evidente l’anno scorso quanto è sceso a 163,5 miliardi di euro dai 172,6 miliardi del 2009, è destinata ad aggravarsi quest’anno. I negozi chiudono e l’insicurezza sociale, la microcriminalità aumenta nella strade. Aumenta anche la rabbia e la protesta di gruppi anti-sistema che vedono nella crisi un’opportunità per tornare alla ribalta.

NAZIONALIZZAZIONE.
Il comunicato finale del vertice europeo chiede la ricapitalizzazione delle banche sistemiche in modo da portare il core tier 1 al 9%. Si prevede in via prioritaria il ricorso al capitale proprio, poi si potrà battere cassa agli Stati e in fine si potrà chiedere l’intervento dell’Efsf (con i suoi problemi di risorse) se lo Stato in questione non ha la capacità di far fronte alle richieste. Nulla si dice però sul meccanismo da seguire per chiedere l’intervento del fondo salva-Stati né sul modo in cui le risorse saranno eventualmente erogate. L’Authority bancaria europea ha stilato l’elenco delle banche interessate, con tanto di risorse da reperire. In tutto servono 106 miliardi. Ma lo sforzo maggiore è chiesto alle banche dei Paesi del sud Europa, mentre quelle del Nord se la caveranno con poco, anche quelle già portate al fallimento dai loro investimenti speculativi su asset poi rivelatisi tossici.

Così alcune delle maggiori banche greche potrebbero rischiare la nazionalizzazione dopo la ristrutturazione del debito al 50% del valore nominale. Parola del premier George Papandreou dopo il vertice del Consiglio europeo del 26 ottobre a Bruxelles. Le banche elleniche sono ostaggio per circa 45 miliardi di euro di debito pubblico i cui valori sono superiori del 40-50%, a seconda della scadenza, ai prezzi di mercato. Valori ridotti che pesano sui loro bilanci mark-to market così che il loro destino è inestricabilmente legato al risultato della crisi, ora diretto a una ristrutturazione pilotata.

Il 21 luglio i creditori privati, incluse le banche greche, avevano accettato di prendere un 21% di “haircut” – una perdita sul valore nominale del debito in loro possesso – come parte di un secondo piano di salvataggio da 109 miliardi di euro concordato tra la Grecia e i suoi prestatori internazionali. Poi il 26 ottobre a Bruxelles si è convenuto un haircut del 50% e un piano di aiuti di 130 miliardi complessivi per reggere il carico di 353 miliardi di euro di debito, di cui 200 detenuti dai privati. Con questo secondo piano il debito greco tornerebbe al 120% del Pil entro il 2020.
L’impatto sulle banche greche di un default sarebbe pesante al punto che gli istituti di credito dovrebbero rivolgersi a un Fondo statale greco per la stabilità finanziaria (FSF) o al EFSF europeo ed essere nazionalizzate per evitare il collasso.

«Le banche si troverebbero nella necessità di essere immediatamente ricapitalizzata e ovviamente nazionalizzate perché gli azionisti non sarebbero in grado di integrare il capitale fresco», ha dichiarato Yannis Papantoniou, ex ministro delle Finanze greco e l’architetto dell’ingresso della Grecia nell’euro. Ingresso oggi messo sotto accusa del presidente francese Nicolas Sarkozy che ora ne parla come un errore.

FUGA DI CAPITALI.
Colpite dalla fuga di depositi (i depositi a luglio 2011 erano scesi a 187 miliardi, 50,3 miliardi di euro in meno rispetto all’inizio del 2010, pari al 21,2% di perdite) dall’aumento dei prestiti in sofferenza a causa di una prolungata recessione, le banche greche stanno riducendo i costi per proteggere i propri bilanci e soddisfare il 10% minimo dell rapporto patrimonio core richiesto dalla banche centrale.

Se le banche greche dovranno come pare certo affrontare un haircut del 50% su 45 miliardi di euro di titoli di Stato, ciò significherebbe una svalutazione al netto delle imposte di circa 16 miliardi di euro. Sottraendo questo svalutazione da un aggregato di capitale core Tier 1 di circa 24 miliardi per le cinque top bank questo le lascerebbe con soli 8 miliardi di euro di patrimonio netto. Troppo poco.

Gli analisti dicono che, rispetto ai 200 miliardi di attività di rischio, il patrimonio netto residuo si tradurrebbe in una capital ratio di appena il 4%, ben al di sotto del 10% minimo richiesto dalla banca centrale.
Per tornare al rapporto minimo, le cinque banche maggiori del paese necessiterebbero di raccogliere almeno 12 miliardi quando la loro capitalizzazione di mercato è solo 4,3 miliardi di euro, prospettiva impossibile in un mercato così volatile.

Le cinque banche maggiori – National Bank, Eurobank, Alpha, Piraeus e Hellenic Postbank avevano già messo in bilancio 4,3 miliardi di euro di perdite per l’adesione allo swap del debito al 21%, che Atene ora deve alzare al 50% e concludere entro fine anno.

Inoltre le azioni delle banche greche hanno perso il 72% del valore rispetto agli ultimi 12 mesi. Una volta le azioni bancarie erano la locomotiva della borsa di Atene mentre ora sono nettamente in perdita.
Per le cinque big il calo del valore di mercato nell’ultimo anno è stato pari a 10,7 miliardi di euro, quasi il 5% del PIL, un importo che potrebbe essere recuperato solo se le banche si rivolgessero allo Stato.
I soldi necessari a ricapitalizzare diluirebbero il valore delle azioni e annullerebero il valore degli attuali proprietari. Data la quantità necessaria di ricapitalizzazione l’unica soluzione sarebbe rivolgersi al Fondo publico FSF e quindi naz ionalizzarsi o rivolgersi all’EFSF europeo.
La FSF (Financial stability Fund) ha già 10 miliardi di euro pronti per ricapitalizzare e in gran parte nazionalizzare il sistema bancario greco. L’importo è cresciuto a 30 miliardi ora che i parlamenti dell’eurozona hanno ratificato la rete di sicurezza dell’EFSF, il fondo europeo creato per prevenire il contagio in altri paesi.

Il piano di salvataggio delle banche greche prevede l’intervento del Fondo statale greco FSF a cui le banche riserverebbe nuove azioni con diritto di voto, che l’FSF acquisterebbe, dando la maggioranza allo Stato. Le azioni sarebbero acquistate a prezzi nettamente inferiori ai prezzi di mercato in modo che i contribuenti avrebbero la possibilità di fare una plusvalenza quando l’economia tornerà a crescere e il governo privatizzerà di nuovo le banche.

Atene userebbe un sorta di piano TARP come quello usato dagli Stati Uniti in seguito al collasso di Lehman Brothers nel 2008 e alla nazionalizzazione di due banche in Svezia avvenuta nei primi anni 90, episodio a lungo citato dagli economisti come una delle operazioni di salvataggio bancario di maggior successo della storia moderna.
Alternative alla nazionalizzaione? Alfa e Eurobank hanno presentato un accordo di fusione in agosto che prevede un aumento di capitale da parte dell’azionista Qatar Alpha Paramount, che immette mezzo miliardo di euro attraverso un prestito obbligazionario convertibile. Ma altri investitori esteri preferirebbero aspettare tempi migliori e prezzi stracciati.
Ce la farà la Grecia a superare tutti questi ostacoli? Solo un governo di unità nazionale guidato da una personalaità di indiscusso prestigio può riuscire nell’opera. Altrimenti sarà la fine del sogno europeo

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

1 Commento


  • Ipanema66

    La solita manovra anti popolare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *