Dalle rive del Bosforo, il neo ministro degli esteri Giulio Terzi, al termine dei colloqui avuti ieri con suo omologo turco Ahmet Davudoglu, ha ribadito l’appoggio italiano all’«opposizione organizzata» siriana. Più che organizzata, l’opposizione al regime di Bashar Assad appare sempre più armata. Damasco ieri ha ammesso l’uccisione, giovedì in un agguato, di sei piloti dell’aeronautica militare e di quattro avieri. A rivendicare l’attentato è stato il cosiddetto Esercito libero siriano (Esl), che raccoglierebbe migliaia di disertori. L’abilità evidenziata da questi militari oppositori di Assad desta non pochi interrogativi. Nelle ultime settimane l’Els ha attaccato con precisione millimetrica obiettivi militari di primo piano provocando danni e diverse vittime. Appena qualche giorno fa ha colpito una base militare poco fuori Damasco e la sede del partito di governo Baath nella capitale, riuscendo a svanire nel nulla dopo gli attacchi. Un mordi e fuggi talmente efficace che genera il sospetto che i disertori siano assistiti da «specialisti» giunti dall’estero, come i «tawar» libici che sono stati aiutati non solo dai massicci bombardamenti della Nato ma, segretamente, anche da unità militari scelte arrivate dall’Europa.
Gli indizi sono molti, anche perché il Consiglio di cooperazione del Golfo (monarchie ed emirati), che domina la Lega Araba, lavora ad un piano simile a quello preparato per il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, quindi all’abbandono del potere da parte di Assad. Lo ha riferito il sito del quotidiano al Sharq al Awsat, citando le dichiarazioni rilasciate dal ministro degli esteri saudita Saud al Faisal. «Abbiamo elaborato una soluzione che, crediamo, salverà il paese (la Siria) da un intervento esterno, nonchè dalla frammentazione e dal collasso economico», ha detto al Faisal a proposito del piano arabo imposto a Damasco, lasciando intendere che un rifiuto di Assad aprirebbe la strada ad un attacco straniero.
Dietro le quinte si parla di un possibile intervento limitato della Nato, di «corridoi umanitari» in Siria, ma non è detto che l’azione di forza arrivi dai paesi occidentali. La Turchia è pronta ad intervenire, anche senza la copertura della Nato, in accordo con i paesi arabi, ha spiegato ieri il ministro degli esteri Davutoglu durante la conferenza stampa tenuta con Terzi. Quest’ultimo si è spinto a fare notare che «il principio della non ingerenza negli affari interni non può avere un valore assoluto». Il primo passo potrebbe essere l’imposizione di due «zone cuscinetto» dentro il territorio siriano, al confine con la Turchia e a sud alla frontiera giordana.
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