«Non ci sono discussioni su un intervento militare in Siria, non c’è alcun piano di azione militare». Così stamattina il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt, al suo arrivo a Bruxelles per la riunione dei capi delle diplomazie dei 27, ha smentito che sia in preparazione una aggressione militare contro Damasco. Poi però Bildt ha chiarito che «Fintanto che il regime (di Bashar al Assad) resterà al potere, ci sono ovvie limitazioni» alle possibilità di aiutare la popolazione. Il che vuol dire che UE, USA, Turchia e Arabia Saudita si stanno concentrando sul cambio di regime, e che l’unica incognita riguarda il modo in cui arrivarci. La strada per ora intrapresa viaggia su due binari: sanzioni sempre più dure e guerra civile con il sostegno straniero alle milizie dell’opposizione. Milizie che si sono fatte sempre più aggressive. Non passa giorno senza la segnalazioni di sanguinosi attacchi del cosiddetto ‘Esercito Libero Siriano’ contro colonne o postazioni dell’esercito di Damasco. L’ultima in ordine di tempo ieri: 7 soldati sarebbero stati uccisi durante un durissimo scontro a fuoco con disertori nella città meridionale di Dael.
Ieri, dopo i suoi colleghi di altri paesi, anche il ministro degli Esteri di Madrid ha invitato gli spagnoli a lasciare il territorio siriano «immediatamente». Un ulteriore segnale che la tensione sta crescendo. Le parole dure pronunciate ieri dal ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu parlano chiaro. Annunciando ieri mattina un nuovo pacchetto di sanzioni del suo governo contro la Siria, dopo quelle adottate la scorsa settimana dalla Lega Araba, Davutoglu ha annunciato che “il regime è arrivato al capolinea”. Ankara ha deciso tra le altre cose la sospensione del Consiglio di Alto Livello per la cooperazione strategica Turchia-Siria, il congelamento degli asset degli uomini di governo siriani, il blocco completo dell’export di armi e il congelamento dei rapporti con la Banca Centrale siriana.
Ieri invece la Qatari Airways, la compagnia di bandiera del Qatar, ha annunciato la sospensione per un anno dei voli per e dalla Siria.
Contro le sanzioni si schierano i tradizionali alleati di Damasco, Iran e Hezbollah. «La decisione della Lega Araba di adottare sanzioni economiche contro la Siria è un passo pericoloso e senza precedenti, oltre ad essere una misura ingiusta contro il popolo siriano» ha commentato ieri un portavoce del movimento politico libanese. «Le sanzioni adottate contro la Siria – ha aggiunto un comunicato di Hezbollah – colpiscono il popolo siriano, che già sta soffrendo a causa delle violenze dei gruppi armati che da mesi seminano terrore nelle strade siriane». Secondo alcuni media libanesi Teheran, alle prese anch’essa con sanzioni e sabotaggi da parte occidentale, starebbe tentando di aiutare Damasco ad aggirare alcune delle dure sanzioni adottate dalla Lega Araba, da molti paesi occidentali e dalla Turchia. Secondo il quotidiano libanese al-Akhbar, l’ayatollah Ali Khamenei avrebbe ordinato una serie di misure a sostegno della Siria, malgrado l’opposizione di alcuni parlamentari che considerano il regime di Bashar al-Assad «importante, ma non vitale per l’Iran». Il quotidiano cita fonti di Teheran secondo le quali il piano iraniano godrebbe di un supporto logistico iracheno. Khamenei avrebbe avuto un incontro con il vice ministro degli Esteri siriano, Faisal Mokdad, e gli avrebbe fatto sapere di essere pronto a inviare in Siria, via Baghdad, prodotti alimentari e tecnologici e nello stesso tempo ampliare l’import di prodotti da Damasco. Inoltre Teheran sarebbe pronta a fornire alla Siria prodotti petrolchimici, che fino a poco tempo fa comprava dall’Arabia Saudita. Teheran starebbe inoltre cercando di far entrare la Siria nel suo network commerciale, che include anche la Cina. «Essere in questo network – ha detto la fonte – permetterà a Damasco di effettuare transazioni commerciali e operazioni di import-export senza dover trasferire denaro su banche internazionali». Una ardita triangolazione – tutta da confermare – che metterebbe insieme nel sostegno al regime alawita dik Damasco gli sciiti iraniani e libanesi con i sunniti iracheni, grati alla Siria per aver sostenuto la resistenza sunnita di Baghdad e per aver aiutato centinaia di migliaia di profughi iracheni in fuga dagli attacchi dei gruppi sciiti.
Intanto, nel tentativo di allentare la tensione, il governo siriano ha deciso ieri di rilasciare altri 912 oppositori arrestati durante gli ultimi mesi. Lo scorso 15 novembre il regime aveva già liberato 1.180 detenuti e prima ancora, il 5 novembre, altri 553.
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