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Siria. Ex agente FBI: Usa e Nato addestrano miliziani dell’opposizione

Nuova recrudescenza della crisi in Siria, da mesi diventata una vera e propria guerra civile con decine di vittime ogni giorno in entrambi gli schieramenti. Ieri ad Homs un gruppo armato ha attaccato e sabotato un oleodotto, colpito già due volte a marzo. L’attacco stavolta sarebbe stato sferrato nella località di Tal Ashur e pur avendo danneggiato pesantemente l’oleodotto  – Al Jazeera ha mostrato alte colonne di fumo – non avrebbe causato vittime. Mentre il cosiddetto Consiglio Nazionale Siriano parla di sabotaggio ad opera del governo di Damasco per giustificare nuovi interventi repressivi, l’esecutivo parla di un attacco dei ribelli sostenuto da un ‘complotto straniero’. Dichiarazione che il sistema mediatico bolla come propaganda di Assad ma che alla luce di quanto alcuni media internazionali stanno raccontando non sembra così peregrina. “Truppe statunitensi e della Nato stanno addestrando le milizie dell’opposizione siriana nella città di Hakkari, nel sud est della Turchia, vicino al confine siriano”. Lo sostiene un’ex impiegata dell’Fbi, Sibel Edmonds, citando fonti turche e statunitensi. Secondo quanto riporta il quotidiano turco ‘Milliyet’, per la Edmonds l’addestramento dei ribelli siriani, che sotto il colonnello disertore Riad al-Assad hanno formato il cosiddetto “Esercito siriano libero”, sarebbe iniziato a maggio. La Edmonds ha anche aggiunto che gli Stati Uniti sono coinvolti nel traffico di armi verso la Siria tramite la loro base militare di Incirlik in Turchia. Washington, ha aggiunto, provvede anche a fornire un supporto finanziario ai ribelli impegnati a rovesciare l’attuale regime di Damasco.
Rivelazioni – tutte da confermare, naturalmente – che smentiscono quanto i leader politici occidentali vanno ripetendo come un mantra da settimane. «Non abbiamo alcuna intenzione di intervenire in Siria» è tornato a ribadire da Bruxelles il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, in una conferenza stampa al termine della ministeriale di due giorni dell’Alleanza, rispondendo a una domanda dei giornalisti su un possibile intervento contro il regime di Damasco. 
Sul fronte delle pressioni e delle sanzioni il paese più attivo contro Damasco si conferma essere la Turchia, il cui governo è tornato a inasprire di nuovo i toni. Il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, ha avvertito che la Turchia non vuole interferire negli affari interni della Siria, ma non potrà «permettersi il lusso» di restare a guardare se la «sicurezza regionale» verrà messa a rischio. La Turchia, ha affermato ancora il ministro, ha sia «la responsabilità» sia l’«autorità» per dire a Damasco «basta» quando viene messa in pericolo la sicurezza della Turchia combattendo il proprio popolo e spingendo la gente a fuggire dal Paese.
La Turchia è tornata anche ad ammonire Damasco a non far leva sull’indipendentismo curdo per frenare Ankara. «Non penso che la Siria commetta lo stesso errore usando il Pkk», ha detto il ministro degli esteri turco, Ahmet Davutoglu, come riferisce il sito del quotidiano turco Hurriyet.
Anche sul fronte delle sanzioni Ankara è attivissima e accelera i tempi: ammontano a 200 milioni di lire turche, equivalenti a oltre 80 milioni di euro, i fondi siriani congelati nelle banche turche per effetto delle sanzioni imposte finora a Damasco. Sul fronte delle nuove sanzioni annunciate ieri in aggiunta a quelle varate a fine novembre, i media turchi precisano che oltre alla tassa del 30% sui beni in ingresso dalla Siria la Turchia non permetterà l’ingresso ai veicoli siriani vecchi di oltre 20 anni.

Alle sanzioni turche la Siria ha risposto sospendendo l’accordo di libero scambio raggiunto nel 2004 con Ankara, imponendo una tassa sulle importazioni di prodotti turchi e bloccando ieri alla frontiera centinaia di mezzi turchi con la scusa che doveva chiudere alcuni valichi per esigenze di manutenzione.

Ma la Turchia ha minacciato di bypassare completamente la Siria, avvalendosi dell’Iraq per i commerci in Medio Oriente, e dell’Egitto, passando per il mar Mediterraneo, per i commerci verso l’Africa. 

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