Riportiamo qui di seguito un resoconto – quasi stenografico – di Marinella Correggia sui due dibattiti tenutisi al recente forum di Firenze 10+10.
Il 10 novembre a Firenze nell’ambito dell’incontro del Social Forum europeo dieci anni dopo (Florence 10/10) si svolgevano due incontri sulla Siria organizzati da gruppi e Ong italiani ed europei. Come Rete No War abbiamo partecipato. Il Social Forum, ricordiamo, è rimasto completamente silente sulla guerra in Libia (alcuni suoi aderenti anzi caldeggiavano la no fly zone).
Non nomino tutti i gruppi organizzatori perché alcuni erano scarsamente presenti e altri – o almeno, parte di essi – si sono rivelati perplessi sulle dinamiche prima, durante e dopo. Meglio rendere lo spirito generale dell’evento e nominare singoli interventi.
Nota. Negli stessi giorni si svolgeva a Doha la kermesse di petromonarchi, potenze occidentali e opposizione armata siriana con le sue sponde “politiche”; opposizione che si è unificata per essere riconosciuta copme unica rappresentante del popolo siriano, in primis dalle petromonarchie ma presto anche dall’Unione Europea premio Nobel della pace. Questo apre la possibilità di mandare armi legalmente…fomentando la guerra, più guerra…e chiude del tutto le prospettive di dialogo visto che queasta opposizione unificata non lo vuole (proprio come il fece sempre il Cnt in Libia)
L’Incontro della mattina
La mattinata – poi sviluppatasi in un clima avvelenato – è stata introdotta e condotta per circa un’ora e mezza da tre esponenti siriani tutti apertamente schierati con la linea del Cns (per chi conosce il Feisal Mohammed: stesso registro). Gli esponenti erano già seduti fin dall’inizio al tavolo dei relatori (a differenza delle persone che sarebbero poi intervenute dalla sala, fra cui una siriana e vari italiani ed europei) e lo sono stati tutto il tempo insieme all’esponente dell’Ipam. Avevano un intervento preparato in precedenza, a differenza di chi – siriani o italiani – è intervenuto alzandosi dal pubblico.
Eppure, in precedenza era stato convenuto- vista la disparità di vedute in materia – che non ci sarebbero stati relatori veri e propri. Ci sono stati, invece, e tutti sulla stessa linea. Senza condannare né richiamare minimamente gli atti criminosi dei gruppi armati, i tre relatori e anche quello dell’altro relatore hanno più volte sottolineato le loro denunce: un popolo inerme che protesta massacrato, aerei che bombardano con centinaia di morti ogni giorno, bambini torturati, oppositori imprigionati e torturati a decine di migliaia, i primi sei mesi interamente pacifici e poi il popolo costretto ad armarsi per sola autodifesa. Con una lamentela surreale per l’indifferenza della comunità internazionale nei loro confronti… Pur senza evocare interventi militari (che peraltro già ci sono), comunque tutti chiedevano “un intervento”.
Fra il “pubblico” e anche fra gli organizzatori, c’erano invece dei sostenitori del progetto Mussalaha per la riconciliazione , che pone come precondizione la fine degli scontri e dunque il dialogo.
Intervenendo successivamente dal pubblico, varie persone hanno fatto presente che altri siriani avrebbero detto esattamente il contrario e che quindi occorre fare attenzione a non prendere tutto per buono oppure si finisce per aiutare il mostro bellico. Abbiamo anche spiegato che per i siriani che si discostano dalla narrazione ufficiale lì ripetuta, le minacce fioccano ed è per questo che non possono esporsi più di tanto. E’ poi intervenuta una ragazza siriana che vive adesso a Parigi. Ecco i suoi appunti circa l’odio settario che si è sviluppato fin dall’inizio, altro che manifestazioni pacifiche con canti “Fin dall’inizio le marce erano divise in due, chi pro e chi contro il governo, e non si sopportavano. La gran parte della gente vuole solo vivere in pace, e prima dell’anno scorso non avevamo problemi etnici o settari, ma già agli inizi di marzo 2011 in certe marce si sentiva ‘gli alauiti e i cristiani vanno fatti fuori’. Vi sembra un discorso per la democrazia e pacifico? Gli attivisti fanno un doppio discorso. Quelli fuori dal paese, tipo in Occidente, sono pacifici, quelli dentro no. Una attivista che pure era perseguitata dal governo ha osato scrivere su FB “se ci fosse Dio”, e subito è stata attaccata da fanatici come blasfema e c’è chi ha chiesto di ucciderla. Sono pessimista. Abbiamo bisogno di riconciliazione davvero! Non credo che la crisi finirà presto. Non abbiamo più l’idea di accettazione dell’altro. Io sono trattata come traditrice da entrambe le parti per questo mio discorso”.
A riprova di questo fatto, quando poi lei si è proposta come traduttrice dall’arabo per Michel Kilo, dell’opposizione non armata (vedi oltre), uno dei siriani intervenuti all’inizio ha cercato di impossessarsi della cosa e di voler lui tradurre il “suo amico” (?) Kilo, sostenendo pubblicamente di non fidarsi di lei.
Da diverse persone sono state evocate situazioni precedenti e analoghe di ingerenza che alimenta l’intolleranza. Da diverse persone sono state evocate situazioni precedenti e analoghe di ingerenza che alimenta l’intolleranza. In Jugoslavia, dice Jasmina di Belgrado, “il fulcro della guerra civile era che non ci si ascoltava più. “Esiste un detto serbo che dice “Ciascuno pulisca il proprio giardino”. Questo significa che noi qui in Occidente non dobbiamo prendere posizioni in una guerra civile, ma dobbiamo fare il possibile affinché il nostro giardino si mantenga pulito. Significa fare le azioni di denuncia contro i nostri governi occidentali che finanziano, armano e addestrano le opposizioni ovunque nel mondo per sovvertire gli stati in una guerra ormai permanente. Se finisce l’ingerenza, si aiuta il processo di riconciliazione. Se le dittature reprimono i diritti umani, il neocolonialismo uccide gli stati. Le manipolazioni mediatiche oscurano metà della verità. e se ci battiamo per i free media nei paesi dittatoriali, ci dobbiamo altrettanto battere per i free media nei paesi occidentali che oscurano le voci che non gli piacciono togliendo la possibilità ai suoi cittadini di avere una informazione obiettiva e completa.. E’ una nota tecnica della propaganda bellica: il nemico che non conosci e non senti la sua voce facilmente trasformi in mostro da annientare(…). Questa è una guerra civile, non è una rivoluzione partigiana!”.
Alberto L’Abate ha chiesto: “Vogliamo che la Siria diventi un’altra colonia con basi nato come il Kosovo? In Kosovo domani ci potrà essere guerra di nuovo perché il conflitto è stato affrontato con le bombe della Nato, un gioco creato dall’esterno, insolvibile. Le potenze del mondo sembrano essersi messe d’accordo: il conflitto non deve alzarsi troppo, sennò si rischia una guerra mondiale, ma nemmeno abbassarsi, sennò gli interessi dei costruttori di armi e dei profittatori di guerra ne soffrono”.
Esponenti di Rete No War e Statunitensi per la pace e la giustizia, come in molte altre occasioni hanno sottolineato le ingerenze internazionali nella situazione siriana, fin dai documenti di Wikileaks, e come queste allontanino la fine della guerra.
Al contrario, per gli organizzatori, Piero Maestri, di Milano, di Guerre & pace (che nel 1991 avviò il Comitato Golfo per la verità sulla guerra”) ha detto letteralmente: “Il movimento contro la guerra deve sostenere il cambio di regime se possibile nelle forme meno violente o magari nonviolente” (sottolineato nostro). Spiegherà in seguito Maestri (in una lettera di protesta al manifesto per alcune righe di un articolo), che l’incontro “si proponeva di trovare possibili iniziative comuni per contribuire a una riduzione della violenza in Siria e per sostenere le forze della società civile siriana che lavorano in questa direzione, senza alcuna equidistanza fra le forze in campo, ma la ricerca (come ha sintetizzato efficacemente un esponente dell’Ipam) di una via pacifica al regime change”. (L’Ipam è una rete francese).
Dunque, la priorità almeno di questo gruppo di organizzatori, e sicuramente dei siriani relatori, non sembrava essere “la fine della guerra” (e la possibilità per i siriani di decidere in pace del proprio destino), ma piuttosto un cambio di regime e una “riduzione della violenza”.
NB. Una mutazione genetica? I pacifisti diventano sostenitori di cambiamenti di regime anche a mano armata, indipendentemente dagli atti e dagli appoggi che caratterizzano e (s)qualificano le opposizioni armate, ieri in Libia oggi in Siria (è avvenuto grazie certo a una propaganda mediatica alla quale non resistono, e grazie alla confusione indotta dalle sollevazioni popolari, però quanto diversificate!, nei paesi arabi.
Un cambiamento di paradigma
Conferenza del pomeriggio con Michel Kilo del NDF, opposizione non armata
Nel pomeriggio le organizzazioni Campo antimperialista, Movimento popolare di liberazione, Comitato internazionale di educazione alla pace, Rete austriaca Gaza must live, hanno organizzato la conferenza “Fermare la guerra. For democracy, social justice, peace and national sovereignity”.
Gli organizzatori inoltre stanno promuovendo un appello per fermare la guerra e una delegazione internazionale per incontri negoziali con tutte le parti interessate. Cfr il sito del Campo antimperialista (http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2251:appello-internaziona). L’appello ha raccolto firme autorevoli come Cardenal, Hack, Maguire, Zanotelli ecc. Le parole d’ordine sono ampiamente condivisibili e per una volta non sembrano schierarsi a beatificare una parte e demonizzare l’altra.
Avrebbe dovuto intervenire Haytham Mennaa del National Coordination Body for Democratic Change, insomma l’opposizione non armata e antingerenza (tanto che uno dei relatori siriani della mattina, qui già citato, ha detto a una persona che Mennaa è praticamente un venduto al governo). Ricordiamo che questa opposizione NON ha partecipato all’incontro a Doha e NON fa parte della Coalizione unificata dell’opposizione.
Non c’era Mennaa, in missione in Sudafrica. C’era Michel Kilo, del National Democratic Front. Forse un po’ deludente. Comprensibile forse che non possano tagliare del tutto i ponti con il resto dell’opposizione…
Nel suo intervento, Moreno Pasquinelli del Campo antimperialista ha evocato la “guerra civile in Siria, sbocco di una rivolta legittima contro profonde ingiustizie sociali”, e il rischio di guerra religiosa (all’europea). Ha poi chiesto: “Si può chiedere il negoziato senza prima far cadere Assad? O prima va fatto cadere? E con chi si negozia?”. Non si è risposto.
A questo punto Kilo ha svolto il suo intervento.
Kilo ha subito precisato che gli Usa non sono interessati alla democrazia in Siria. Vedono solo l’interesse di petromonarchi e Israele e vogliono distruggere la Siria.
Non ha però detto con chiarezza che l’intervento c’è già. Né ha condannato le violenze degli armati dell’opposizione.
Sostiene che il regime pensa che alla fine gli americani se devono scegliere fra Assad e opposizione democratica, sceglieranno Assad.
Ha rievocato le rivendicazioni avanzate dal suo gruppo al governo nel 2001, con successiva repressione, ha ricordato che nel paese “ci sono tre milioni di iscritti al partito Baath, 1 milione nei servizi segreti, il resto del popolo sta in organizzazioni di donne, giovani, lavoratori. Dove erano quelli che potevano fare la rivoluzione? L’opposizione era debole”.
Dopo aver sottolineato il carattere nonviolento delle prime manifestazioni (NB. Alla osservazione, dal pubblico, che c’erano stati morti anche fra i poliziotti, secondo testimoni, fra i quali anche una giornalista italiana di importante testata la quale ultima censurò la notizia, e che dunque forse c’erano cecchini che cercavano di spargere zizzannia, non ha davvero risposto se non ribadendo che a Deraa ci furono molti morti il 14 marzo).
Ha detto che “per la prima volta c’è stata unità fra intellettuali e masse popolari per realizzare gli ideali del mondo moderno” (?); “per la prima volta nella nostra storia si chiedono democrazia e stato di diritto”; “Nel nostro pensiero arabo non c’è la tradizione dello stato di diritto, dell’autodeterminazione, della società civile, degli individui, dei cittadini, della libertà”: per la prima volta questo si realizza in Siria”. “L’approccio del governo siriano era sempre stato quello di tenere separati gli intellettuali dal popolo”.
Secondo Kilo, “il regime cercava di spingere alla lotta armata e incoraggiava la confessionalizzazione”. “Dal primo giorno il regime ha parlato di bande armate”. “Sono stati l’annientamento e la violenza a obbligare le persone a difendersi e cercare le armi”. “Cinque volte Assad ha detto che il peggio è passato ma oggi il paese è distrutto, la società lacerata”. “Sì, si parla di combattenti stranieri fra i ribelli. Abbiamo protestato presso il governo libico per i duecento libici presenti in Siria. Ma se parliamo di mercenari: il governo siriano spedì a combattere a fianco di Saddam contro gli americani in Iraq 25mila fra siriani, sudanesi e libanesi. Si parla di 13mila siriani che combattono in Iraq, combattenti jihadisti contro il governo iracheno. Mille siriani sono rientrati nel paese”. A questo discorso molto confuso (il regime siriano avrebbe pagato jihadisti per andare in Iraq? E ce ne sarebbero tuttora a migliaia?) qualcuno e lo stesso Pasquinelli ha cercato di capire meglio ma Kilo ha cambiato di colpo argomento: “E poi ci sono 2.500 consiglieri iraniani in Siria e militari russi”. Aggiungendo: “Certo siamo contro l’intervento militare usa in Siria: ma quanti militari usa ci sono in Siria? Nessuno. Mettetevi nei panni di un cittadino siriano: come fa a spaventarsi con la minaccia della presenza di statunitensi quando questi non ci sono e ci sono invece gli iraniani?”. Kilo in effetti come molti altri minimizza il fatto che l’intervento esterno c’è già in molti modi: finanziario, diplomatico, in armi ed esperti…
“Sappiamo che gli Usa hanno un interesse strategico a distruggere la Siria. Non vogliamo vendere la Siria. Obama ha detto che vuol fare in Siria la stessa cosa che in Iraq. Sappiamo che vogliono distruggere duemila infrastrutture in Siria”. (? Ndr)
“Tutte le formazioni dell’opposizione sono pronte a discutere con quelli che nel governo siriano non hanno le mani macchiate di sangue”. Proprio tutte? Finora il Ncb si è tenuto ben distinto dalle opposizioni etero dirette, ma innvari punti in effetti Kilo ha dato l’idea che un cammino di convergenza fra le forze dell’opposizione si stia facendo o si possa fare…
Alla domanda dal pubblico “ma come farete a riconoscere chi le ha pulite e chi sporche in questa situazione di guerra?”, ha tagliato corto: “quando il regime sarà indebolito ci contatteranno loro”. Come criterio lascia a desiderare. “C’è un nuovo rapporto di forze, una diversa atmosfera”, senza precisare in che senso.
Due principi: “Occorre cambiare il rapporto di forza per imporre al regime una soluzione politica. Assad se ne può andare anche subito, ma il regime va destrutturato, con gente che è del regime ma accetta di destrutturare” (non chiaro).
Anche Kilo ripete che “il regime bombarda con gli aerei facendo molti morti” (senza specificare se bombarda siti di oppositori armati o aree civili).
Alla domanda dal pubblico “cosa pensa dei gruppi armati sostenuti da interferenze straniere, e del loro operato?” non ha condannato l’operato e le violenze ormai evidentissime, ma comunque ha detto: “l’opzione militare ha messo il conflitto siriano nelle mani di potenze straniere”, mentre la Siria va riportata in mani siriane. “Ecco perché non siamo andati a Istanbul e in Qatar con il resto dell’opposizione. Anche nei giorni scorsi il ministro del Qatar mi ha telefonato: ti mando un aereo a Parigi. Ho detto di no”.
Alla domanda dal pubblico “ma quanto potreste contare elettoralmente?” non ha voluto rispondere ma ha sottolineato che “fino a due anni fa non c’erano islamisti a protestare, solo forse progressiste. E per i primi sei mesi non c’è stato nessuno slogan islamico. Poi loro, e il regime, hanno trasformato la lotta per la libertà in lotta interconfessionale. Al momento delle elezioni, i siriani non dimenticheranno chi c’era già”.
Alla domande dal pubblico se il veto russo sia stata una cosa buona, Kilo risponde: “No. Si sta facendo una guerra per procura. Ho detto ai russi: se volete scartare gli Usa dalla Siria noi possiamo lavorare con voi a una ristrutturazione e cambio di governo”.
Ha anche spiegato che in Siria ci sono 4 raggruppamenti armati: “1) Esercito siriano libero, che ha il controllo di 5 zone. Ora sta cercando di organizzarsi per creare un comando centrale unico separato dai civili armati; 2) civili che si difendono a casa loro, gente non politicizzata; 3) gruppi islamisti; 4) jihadisti”.
Alla domanda (gliel’ho posta quando già era finito tutto e dunque entre nous). “Ma come sperate di convincere i gruppi jihadisti con la vostra delegazione per il dialogo?”, la risposta è stata: “Se l’Esercito siriano libero si unifica davvero, ci penserà lui a estrometterli”. Osservazione: Kilo non è troppo tenero, con questo Esl? Dopotutto non sono solo i gruppi jihadisti a occupare intere città (trasfornandole in campi di battaglia).
Ed ecco le impressioni ricevute da Tiziano, di Sempre contro la guerra: “La mia impressione è stata che l’opposizione che ho sentito in quella sala è molto deludente: per fortuna dicono apertamente che non vogliono interventi Nato, non hanno fatto parte della sceneggiata nel Qatar, ma hanno altre posizioni molto deboli. La più debole mi è parsa la loro strategia e il loro obiettivo tattico: si propongono di indebolire e disarticolare il regime per poter discutere con ‘i rappresentanti che non hanno le mani sporche di sangue’.
A parte il fatto che durante una guerra civile vorrei capire come si fa a riconoscere chi ha le mani sporche o pulite, se si vuol dialogare e trattare lo si fa con l’avversario che si ha, non se ne cerca un altro. Si pongono ovviamente condizioni, ma se non sono realistiche o si è incapaci o non si vuol arrivare davvero a una tregua. Una cosa negativa che ho trovato ancora in quel dibattito è che si pone sempre in primo piano che quella è una lotta contro un dittatore. Il problema non mi pare tanto Assad, ma il regime di cui è espressione; soprattutto non vedo la consapevolezza che dietro lo specchietto di una guerra ad un dittatore si cela una vergognosa guerra coloniale, che questa guerra non è solo crudele e sanguinosa, ma potrebbe essere un preludio alla deflagrazione del MO!!! Non c’era tempo, ma avrei voluto dire questo: come Italiani non siamo in grado di entrare dentro il conflitto siriano, possiamo sostenere esperienze come quelle della “riconciliazione”, ma soprattutto dobbiamo denunciare la posizione del nostro governo che per bocca del ministro Terzi si sta dimostrando il più bellicista e colonialista che abbiamo mai avuto, non si pone più nemmeno un velo di ipocrisia ai comportamenti sfacciatamente filo USA, Arabia (i loro soldi sono molto ambiti). Nemmeno Berlusconi era arrivato ad essere così vergognoso!”.
Marinella Correggia
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