La Cina ha superato la Banca Mondiale come principale investitore nei paesi in via di sviluppo, in particolare di quelli africani, secondo un rapporto dell’Asia Society ripreso oggi dalla stampa di Pechino.
Lo studio ricorda che la Cina ha firmato un gran numero di accordi della portata di miliardi di dollari con numerosi paesi africani nei quali ha investito in ospedali, centri commerciali, strade, ferrovie, centrali elettriche e nell’estrazione delle materie prime delle quali ha bisogno per la sua crescente industria. Solo in Angola, gli investimenti cinesi dal 2003 ad oggi sono stati di 15 miliardi di dollari. Nel 2010, la Banca Mondiale ha elargito a paesi africani prestiti per 11,4 miliardi di dollari ma la Cina – che è il principale partner commerciale del continente – ha prestato al solo Ghana 13 miliardi. Alcuni commentatori ricordano che gli investimenti cinesi hanno una particolarità: essenzialmente i soldi restano in Cina, l’ attenzione è concentrata sui progetti e non sull’effetto degli investimenti sull’economia locale. Spesso il denaro rimane all’ interno dei circoli legati al progetto.
La presenza della Cina sulla scena economica internazionale è ancora relativamente contenuta (230 miliardi di dollari di investimenti diretti nel 2009, contro i circa 4 trilioni degli Usa) ma sta crescendo ad un ritmo molto sostenuto. Orville Schell, direttore del centro sui rapporti tra Cina e Usa della stessa Asia Society, ha valutato che entro il 2020 gli investimenti diretti della Cina all’estero saranno tra l’uno e i due trilioni di dollari. Questo senza tenere conto del ruolo finanziario della Cina che si ritiene abbia almeno un terzo dei suoi 3,2 trilioni di riserve in valuta pregiata investiti in titoli del Tesoro degli Stati Uniti, mentre la quota investita in titoli europei è valutata intorno al 20% del totale. Tornando all’ Africa, il governatore della banca centrale dello Zimbabwe Gideon Gono ha sostenuto che lo yuan cinese è la valuta “più stabile” del mondo e che potrebbe un giorno non lontano sostituire il dollaro e l’ euro come valuta internazionale di scambio e riserva.
Oltrechè in Africa, la Cina ha investimento massicciamente, nell’ ultimo decennio, nei vicini paesi asiatici come il Pakistan, la Birmania (soprattutto infrastrutture) e più recentemente in Mongolia, paese povero di capitali e tecnologia ma ricchissimo di materie prime, e in America Latina. Il rallentamento del ritmo di crescita dell’ economia del Dragone – previsto per i prossimi mesi – non dovrebbe intaccare il processo di espansione della Cina all’ estero, dato che le previsioni parlano per il 2012 di un rispettabile tasso dell’8%.
Uno sviluppo e una ‘modernizzazione’ che non sempre va d’amore e d’accordo con i diritti dei lavoratori o dei cittadini di alcune aree del paese e che a volte generano scontento e vere e proprie rivolte popolari.
Nuove proteste si sono verificate nelle ultime ore nel villaggio di Wukan, nella provincia del Guangdong, dopo la morte di uno degli abitanti del villaggio avvenuta mentre era detenuto dalla polizia. L’uomo, Xue JInbo, era stato nelle settimane scorse uno dei leader della protesta di migliaia di persone che affermano di essere state espropriate delle loro terre ricevendo un indennizzo inferiore a quello dovuto. Dopo una serie di manifestazioni di piazza, alcune volte sfociate nella violenza, la polizia la scorsa settimana ha fermato Xue e altri residenti di Wukan, un villaggio inglobato nella città di Lu Feng. Lunedì la polizia ha annunciato che Xue Jinbo era morto «dopo aver avuto dei problemi di cuore». La famiglia ha chiesto che gli venga consegnato il cadavere ma la polizia ha rifiutato, accentuando così i sospetti sulle cause della morte di Xue. Testimoni affermano che i residenti hanno bloccato le vie d’accesso a Wukan e impediscono alla polizia di entrare nel villaggio.
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