I Fratelli Musulmani egiziani non riconosceranno l’esistenza dello Stato di Israele. Lo ha chiarito il leader della Confraternita (che in realtà è una consolidata forza politica), Rashad Bayoumy, in un’intervista al quotidiano pan-arabo al-Hayat. «Riconoscere Israele è una precondizione per governare? – chiede Bayoumy -. Questo non è possibile, le circostanze non hanno importanza. Non riconosciamo Israele per niente. È un nemico criminale occupante». Bayoumy, numero due dei Fratelli Musulmani, ha quindi sottolineato che nessuno esponente della Confraternita si siederà mai allo stesso tavolo con un israeliano. «Non permetterò a me stesso di sedermi con un criminale. Non faremo mai accordi con loro», ha detto Bayoumy riferendosi agli israeliani. Bayoumy ha quindi annunciato l’intenzione dei Fratelli Musulmani di indire un referendum nazionale per testare l’opinione pubblica prima di prendere una decisione sul Trattato di pace firmato nel 1979 tra Egitto e Israele. «Prenderemo tutte le misure legali corrette rispetto al trattato. Il popolo si esprimerà in merito», ha detto Bayoumy, aggiungendo che normalmente il suo partito rispetta i trattati internazionali, ma che tutti hanno il diritto di riconsiderare un trattato e che al popolo egiziano non è mai stata data la possibilità di esprimersi a proposito.
Una presa di posizione che arriva mentre il lungo e complesso processo elettorale in Egitto, ancora in corso, sta concedendo ai Fratelli Musulmani una percentuale di voto tra il 40 e il 45%. Proprio oggi la giunta militare al potere in Egitto ha deciso di ridurre da tre a due le fasi attraverso cui si svolgeranno le operazioni per eleggere la Camera Alta del parlamento egiziano, noto come Consiglio della shura. Lo riferisce il sito web del quotidiano ‘Ahram’ secondo cui, in base alle nuove disposizioni, il voto si svolgerà tra il 29 gennaio e il 22 febbraio. Le operazioni di voto per eleggere la Camera Bassa del parlamento si concluderanno invece l’11 gennaio con i ballottaggi della terza ed ultima fase. Le presidenziali, invece, dovrebbero tenersi come previsto a giugno.
La stampa egiziana è intanto concentrata, oltre che sul futuro assetto politico del paese, anche sul tentativo di capire se e quando il dittatore Mubarak sarà punito per i suoi crimini. Stamattina al Cairo è ripreso il processo al deposto ‘presidente’ che è arrivato in aula in ambulanza. Formalmente l’83enne Mubarak potrebbe rischiare anche la pena di morte per l’accusa di aver dato l’ordine alle forze di sicurezza di sparare sulla folla durante le rivolte dello scorso inverno, causando la morte di 850 persone. Mubarak è entrato nell’aula di tribunale, nella scuola di polizia alla periferia del Cairo, in barella, proveniente dall’ospedale militare, dov’è detenuto. Nel processo, iniziato lo scorso 3 agosto, interrotto per tre mesi e ripreso il 28 dicembre scorso, Mubarak è imputato insieme al suo ex ministro dell’interno, Habib al-Adli. È anche accusato di corruzione: accusa estesa anche ai suoi due figli Alaa e Gamal e all’uomo d’affari Hussein Salem, che però è fuggito in Spagna.
Nel frattempo è polemica tra il ‘nuovo’ Egitto e la ‘nuova’ Libia: l’emittente televisiva libica ‘al-Jamahiriy’ il cui logo apparteneva alla tv pubblica libica durante il regime di Muammar Gheddafi, ha ripreso da alcuni giorni le sue trasmissioni. Alcuni sostenitori del vecchio regime libico – o semplicemente oppositori di quello nuovo – residenti all’estero sono riusciti a ridar vita all’emittente, chiusa dopo la conquista di Tripoli lo scorso agosto da parte delle milizie del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) e dei commandos della Nato, trasmettendo attraverso la piattaforma satellitare egiziana ‘Nile Sat’. La semplice esistenza nell’etere di un’emittente il cui nome si richiama alla Jamahiriya ha fatto andare su tutte le furie i leader del governo fantoccio libico che ieri, attraverso il giornale ‘al-Sharq al-Awsat’, hanno chiesto alle autorità del Cairo di oscurare il nuovo canale. «Nile Sat ha consentito la rinascita della vecchia tv di Gheddafi – ha spiegato Abdullah Nakir, capo delle milizie di Tripoli del Cnt – che è finanziata da alcuni uomini d’affari vicini alla sua famiglia». La ‘nuova’ televisione, che rimanda in onda i vecchi discorsi di Gheddafi, sta provocando una vera crisi diplomatica tra Tripoli e il Cairo. A tal punto che i capi delle milizie libiche hanno minacciato di chiudere i confini tra i due paesi e di cacciare l’ambasciatore egiziano a Tripoli se non verrà subito oscurata la nuova emittente. Intanto la società che gestisce ‘Nile Sat’ spiegato che «l’emittente ‘al-Jamahiriya’ non trasmette sulla nostra piattaforma, ma su un’altra piattaforma gestita anche da altre società».
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