La Commissione Europea ha deciso di sospendere i negoziati per la concessione di un prestito di 15 miliardi di euro a Budapest in collaborazione con l’Fmi. Al centro della polemica la nuova costituzione approvata dal Parlamento ed entrata in vigore qualche giorno fa, che prevede una diminuzione dell’ indipendenza della Banca Centrale di Budapest.
Decine di migliaia di ungheresi sono scesi in piazza ieri sera a Budapest contro la nuova costituzione entrata in vigore con il nuovo anno. Critiche da sinistra ma anche da parte degli Usa, del Fmi e della Ue. A migliaia stavolta hanno protestato davanti all’Opera, chiedendo le dimissioni del primo ministro conservatore Viktor Orban. Orban e i suoi ministri erano all’interno dell’edificio, a celebrare l’entrata in vigore della Costituzione che sostituisce la Carta del 1989 e che è stata approvata in aula dove il partito Fidesz ha la maggioranza dei due terzi. Secondo i critici, la nuova costituzione minaccia la democrazia perchè ha eliminato il sistema di controlli ed equilibri nato nel 1989 con la dissoluzione del regime socialista. Si è trattato stavolta di una mobilitazione che non ha precedenti ed a cui hanno risposto partiti di sinistra, ecologisti, movimenti della società civile. I precedenti appelli alla mobilitazione, avevano mobilitato solo qualche migliaio di persone. Stavolta invece migliaia e migliaia di cittadini sono scesi in piazza per protestare contro la nuova Costituzione ungherese, giudicata come una violazione della democrazia. La nuova carta costituzionale dell’Ungheria ha suscitato – curiosamente – anche le critiche dell’Unione Europea, del Dipartimento di Stato statunitense, del Fondo monetario internazionale (Fmi) e di numerose organizzazioni non governative, tutte istituzioni che non brillano certo per il rispetto della sovranità popolare. In modo particolare, le istituzioni finanziarie internazionali sono preoccupate del controllo statale sulla banca centrale.
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«La crisi ha portato il mondo al 1930», l’affermazione non è di un commentatore estremista del manifesto, ma della presidente del Fmi, Christine Lagarde. Una data, il 1930, che tra l’altro evoca gli spettri populistico-nazionalisti, fino ai movimenti della destra nazifascista. Se c’è un paese dove questi spettri non sono, a quanto pare, solo una evocazione, questo è l’Ungheria. Dove, dal 1 gennaio, è entrata in vigore una nuova Costituzione d’impianto fortemente autoritario, nazionalista e populista. Mentore del nuovo assetto statale il premier Viktor Orban (nella foto Reuters) leader del partito conservatore Fidesz che, forte della schiacciante maggioranza dei due terzi in parlamento, ha fatto approvare la nuova Carta. Un leader alla guida del paese da due anni nei quali l’Ungheria è stata anche presidente di turno dell’Unione europea.
L’aspetto più sostanziale del nuovo assetto istituzionale dell’Ungheria – ma sembra scomparire anche la dicitura «Repubblica d’Ungheria», con l’aggiunta di un riferimento americano «Dio benedica l’Ungheria» – sembra essere proprio quello di una risposta da destra alla crisi finanziaria della stessa Ue. Essa prevede infatti la riforma della Banca centrale nazionale, che viene a perdere la sua indipendenza tanto che ora sarà possibile dimissionare l’attuale governatore Andras Simor che al nuovo ordinamento e allo stesso Orban si è fortemente opposto; poi la riforma dei media, della giustizia e della legge elettorale. Con l’introduzione di una legge sulla «stabilità finanziaria», che fissa un’aliquota fiscale unica al 16% modificabile solo con i voti di due terzi del parlamento, praticamente impedendo ad un futuro governo di intervenire sul bilancio. La nuova Carta inoltre rende retroattivamente «responsabili dei crimini comunisti» commessi fino al 1989 i dirigenti dell’attuale partito socialista (ex comunista), i quali hanno denunciato «l’instaurazione di una dittatura» da parte di Orban e gridano: «È la fine della terza Repubblica ungherese», proclamata nel 1989. Va ricordato che solo una settimana fa i leader socialisti, l’ex primo ministro Ferenc Gyurcsany e l’attuale leader socialista Attila Mesterhazy, sono stati arrestati per essersi incatenati ai cancelli del parlamento per protesta contro i provvedimenti di Orban. Anche scuole ed ospedali vengono nazionalizzati, in base alla nuova legge su comuni e province parte della riforma costituzionale. Con forti timori dei sindacati che temono riorganizzazioni e licenziamenti in massa.
Ma non mancano i contenuti «culturali», religiosi e privati. Centralizzazione degli istituti culturali ungheresi, a partire dai teatri, già abbondantemente assegnati a «personalità« di destra anche antisemita e con l’avvio di licenziamenti di giornalisti ostili al potere da molti media pubblici. Il 20 dicembre scorso il Consiglio dei media, legato al governo, ha ritirato le frequenze a «Klubradio», l’unica emittente dell’opposizione. Per quanto riguarda la religione, la nuova Costituzione riduce da 300 a 14 le comunità che possono beneficiare di sovvenzioni pubbliche. E come se non bastasse si stabilisce, per Costituzione, che l’embrione è un essere umano sin dall’inizio della gravidanza e che i matrimoni possono avere luogo solo tra un uomo e una donna.
La nuova Costituzione autoritaria, soprattutto con l’abolizione di fatto dell’indipendenza della Banca Centrale ungherese, condiziona negativamente le possibilità che l’Ungheria ottenga il salvataggio internazionale per evitare il fallimento. Fmi e Ue avevano infatti interrotto i negoziati sulla crisi finanziaria del paese proprio nel tentativo di bloccare la misura che invece è stata approvata. Orban ha avviato la nuova Costituzione cercando proprio di allontanare il fallimento con leggi autoritarie e apertamente liberticide, per prendere tempo sul precipitare della crisi globale. Ma finora questa deriva eterodossa, da piccola patria, ha dovuto subire solo sconfitte, come il taglio del rating da parte di Standard & Poor’s a livello di «junk», spazzatura, mentre i titoli di stato ungheresi sono stati collocati con un rendimento di oltre il 9%. E le tasse su banche, compagnie elettriche e telecomunicazioni, la nazionalizzazione dei fondi pensione privati, la decisione di aumentare l’Iva al 27% (la più alta nell’Ue) fin qui hanno prodotto una svalutazione del fiorino ungherese del 20% verso l’euro in tre mesi.
Ora l’Ungheria è sotto osservazione della Commissione europea con Jose Barroso che, «preoccupato», valuta la «portata legale delle nuove leggi», ma anche degli Stati uniti che – dimentichi di avere accreditato la «democrazia atlantica» in tutto l’Est – con Hillary Clinton si dicono «preoccupati per lo stato della democrazia in Ungheria». Anche per Guy Verhofstadt, ex premier belga e presidente dei Liberali al parlamento europeo, la nuova Costituzione ungherese è il «cavallo di Troia di un sistema politico più autoritario basato sulla perpetuazione del potere di un solo partito». A tutti Orban risponde che «nessuno può intervenire sul processo legislativo ungherese».
Ieri sera una grande manifestazione di protesta è stata indetta da organizzazioni civiche al teatro dell’Opera di Budapest, dove il governo celebrava in una serata di gala l’entrata in vigore della nuova Costituzione. Mentre scriviamo la polizia ha chiuso ermeticamente tutta l’area e organizzazioni di estrema destra razzista si sono date appuntamento nella zona con l’intento di provocare scontri con i manifestanti dell’opposizione.
da “il manifesto”
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