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Grecia: 3 milioni di poveri. In arrivo altri tagli ai salari

Ogni giorno che passa si aggrava la già drammatica situazione in Grecia. Di oggi la notizia che oltre tre milioni di greci (cioè il 27.7% su una popolazione totale di 11 milioni, ovvero più di un abitante su quattro) nel 2009 vivevano al di sotto della soglia di povertà o in condizioni di esclusione sociale. Un dato allarmante se si calcola che negli ultimi due anni la crisi si è ulteriormente aggravata e che al fallimento di migliaia di aziende si sono aggiunti i licenziamenti nel settore pubblico decisi dai governi Papandreou e Papademos e gli aumenti delle tasse e delle tariffe. Provvedimenti mirati a ripianare un debito galoppante ma che hanno gettato sul lastrico altre decine o centinaia di migliaia di greci. I dati riferiti al 2009 sono stati pubblicati oggi dal quotidiano Kathimerini citando i risultati di uno studio condotto dall’Istituto statistico ellenico Elstat. Per soglia di povertà si considera il reddito minimo che una famiglia di quattro persone deve guadagnare mensilmente per pagare affitto e generi di prima necessità come alimenti, trasporti, vestiario e istruzione. Nello stesso periodo, inoltre, in base alla ricerca, un quarto (25.5%) di coloro che pure erano al di sopra della soglia di povertà vivevano comunque in abitazioni non adeguate alle loro necessità, mentre il 27.8% avevano difficiltà ad arrivare alla fine del mese con i loro redditi. Il numero delle persone residenti in famiglie senza lavoratori a tempo pieno è passato da 488.200 nel 2008 a 544,800 nel 2009 mentre il 50% di coloro che vivevano al di sotto della soglia di povertà avevano un reddito annuale di poco più di 5,498 euro. Quest’anno il governo di Atene ha introdotto la tassazione anche per i redditi inferiori ai 5000 euro, prima esentati.

Intanto i farmacisti greci sono stati chiamati a sospendere lo sciopero-serrata iniziato due giorni fa dopo che il ministro della Sanità Giorgos Koutroumanis ha dato rassicurazioni che il debito di 400 milioni di euro che lo Stato ha verso le farmacie sarà estinto entro la fine del mese di marzo. Il Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Farmacisti ellenico, dopo un incontro avuto con il ministro, ha infatti invitato i propri iscritti a sospendere la protesta, almeno quella legata al mancato pagamento da parte dello Stato del debito verso le farmacie, lasciando mano libera agli Ordini regionali, di decidere in base ai problemi locali con gli altri Enti previdenziali. Prosegue, invece, in tutto il Paese per il terzo giorno consecutivo lo sciopero di tre giorni proclamato dai medici dell’Istituto dell’Assistenza Sociale, (Ika, l’Inps greco) e dei medici liberi professionisti e l’astensione dal lavoro dei medici dei centri sanitari pubblici. I medici liberi professionisti chiedono la sospensione temporanea dell’attività dell’Ente per il Servizio Sanitario Nazionale e l’immediato pagamento da parte dell’Ente stesso dei 350 milioni di euro dovuti ai medici convenzionati, mentre gli ospedalieri – che stanno garantendo oggi solo i servizi in caso di reale emergenza – chiedono che il loro stipendio non venga ulteriormente ridotto in quanto è già stato tagliato del 35% nei mesi scorsi.

Proprio oggi il primo ministro greco Lucas Papademos sta incontrando i rappresentanti dell’Associazione degli Industriali di Grecia (Seb), della Confederazione Nazionale del Commercio Greco (Esse) e quelli della Confederazione Generale dei Lavoratori di Grecia (Gsee, il sindacato che raggruppa i lavoratori del settore privato). I colloqui mirano a ottenere dalle parti sociali un «congelamento» degli aumenti degli stipendi già fissato nell’accordo collettivo di lavoro per il 2012. Un risultato che Papademos vorrebbe ottenere prima del 15 gennaio, data della visita nel paese dei rappresentanti della famigerata troika (Fmi, Ue e Bce).  Ma oltre ai congelamenti salariali, tra le questioni in ballo ci sono anche la riduzione dei sussidi pensionistici, la riduzione dello stipendio minimo garantito (il salario base) previsto dall’Accordo Collettivo del Lavoro, la riduzione degli stipendi dei lavoratori di alcuni settori (ad esempio quello bancario) e della tredicesima e della quattordicesima mensilità per tutti i lavoratori pubblici. Naturalmente i rappresentanti dei lavoratori si oppongono a queste misure, visto che i lavoratori già tartassati non potrebbero sopportare una ulteriore decurtazione delle retribuzioni. Già oggi lo stipendio minimo garantito è fissato a soli 600 euro e nel caso dei giovani al di sotto dei 25 anni può essere ancora più basso (sino al 20%) a causa della nuova legge approvata per incentivarne l’assunzione .

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