La logica dell'elemosina per riconquistare qualche consenso. Non si può dire che ci sia molto altro dietro le chiacchiere di Matteo Renzi sulla lotta alla povertà, ovvero sul programma chiamato «Sostegno per l’inclusione attiva».
Lo “sforzo” è infilare qualche misura nella legge di stabilità, sperando che passi l'esame dei cerberi di Bruxelles; o anche semplicemente farne parlare i giornali mainstream ora e poi magari giustificarsi incolpandone i tecnoburocrati.
Di cosa stiamo parlando? Di briciole, nel migliore dei casi, di truffa nel peggiore. I due temi più gettonati sono l'estensione della platea di pensionati che prendono la “quattordicesima” percependo la “minima” (501,89 euro al mese) e le misure di “contrasto alla povertà”, delegando ai Comuni il compito di selezionare i “meritevoli” tra quanti presenteranno la domanda per il “bonus”.
Sul primo punto si sa molto poco. I pensionati poveri sono moltissimi, quindi anche un aumento di pochi euro si moltplica all'istante diventando una spesa di miliardi. Attualmente la “somma aggiuntiva” erogata a luglio riguarda soltanto i pensionati al di sotto dei 750 euro mensili; che sono 2,2 milioni. L'ipotesi fatta filtrare e mai confermata ufficialmente (alzare la soglia due volte la “minima”, ossia 1.000 euro) riguarderebbe un altro 1,15 milioni di pensionati, con una spesa tutto sommato esigua (meno di 300 milioni).
Sulla lotta alla povertà, invece, qualche numero c'è. Il “target” prioritario sarebbero le famiglie povere con figli minorennni, per un totale di un milione di persone di cui 500.000 bambini. La dotazione accantonabile è di circa 600 milioni per il prossimo anno. Dunque si fanno presto i conti: 600 euro a testa, 50 euro al mese, poco più di 1,6 al giorno. Un caffè ci scappa, ma il cornetto no…
Un “segno”, insomma, non un qualcosa di concreto. Qualcosa di utile per arricchire lo storytelling governativo, non certto per migliorare le condizioni di vita dei diretti interessati (lavoro, servizi, welfare, che intanto vengono sforbiciati alla grandissima).
Nel conto vengono compresi anche i costi dell'Ape (anticipo dell'andata volontaria in pensione a partire dai 63 anni). Tecnicamente, per l'Inps e quindi per lo Stato sarebbe un'operazione a costo zero, visto che l'Ape prevede l'accensione di un mutuo ventennale che il lavoratore pensionando dovrebbe ripagare con una trattenuta sull'assegno mensile aggiuntiva rispetto alla penalizzazione prevista – un 3% l'anno per ogni anno di anticipo rispetto a quanto previsto dalla Fornero.
Avevamo fatto qualche esempio, alcuni mesi fa, quando se n'è cominciato a parlare: un lavoratore che andrebbe in pensione con 1.000 al mese, se scegliesse di uscire tre anni prima di ritroverebbe con un assegno mensile di circa 730 euro (vedi https://contropiano.org/news/politica-news/2016/08/09/nuova-truffa-sulle-pensioni-ramazzare-un-po-consenso-082436). E questa è la truffa di cui parlavamo all'inizio.
Riassumendo: 300 milioni circa per le “quattordicesime”, 600 per un caffè al giorno ai “poveri” e 1 miliardo, o poco più, per l'Ape. Che finirebbe per intero alle banche che dovranno erogare “l'anticipo pensionistico”, visto che gli interessi sul “mutuo” verrebbero pagati con soldi pubblici.
Alla fine della fiera, la povertà resta, anzi aumenta (quei neopensionati a 730 euro, mica saranno “ceto medio”, no?). Ma le banche ci guadagnano…
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