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Fiscal compact. La Ue accetta la follia “rigorista”

da Il Sole 24 Ore

Consiglio Ue: accordo (a 25) su fiscal compact e fondo salva-stati permanente. Draghi: l’accordo rafforza la fiducia nella zona euro. Monti: Italia soddisfatta

A cura di Enrico Marro e Stefano Natoli

Il vertice informale dell’Ue svoltosi oggi a Bruxelles è riuscito a ottenere la firma del nuovo trattato Patto di Bilancio, voluto dai tedeschi, che impone una ferrea disciplina di bilancio ai paesi dell’Eurozona, e ha approvato un piano per la crescita e l’occupazione, con misure per promuovere il lavoro dei giovani, le Pmi e il completamento del mercato unico nei servizi, ma ha ‘perso pezzi’ strada facendo.

La Repubblica ceca (come la Gran Bretagna), non ha messo la sua firma al Fiscal Compact, che per ore è rimasto appeso a una controversia fra Francia e Polonia (appoggiata dalla Repubblica ceca e da altri paesi dell’Europa dell’Est) sulla partecipazione degli Stati non membri dell’euro ai vertici dell’Eurogruppo. La polemica si è risolta con un compromesso: i Diciassette dell’euro potranno riunirsi da soli almeno due volte all’anno, ma almeno una volta all’anno (e tutte le volte che si discuteranno argomenti legati all”architettura’ istituzionale) dovranno aprirsi agli altri Stati membri. La Svezia, invece, non ha sottoscritto la dichiarazione su crescita e occupazione perché considera che sulla questione debba prima pronunciarsi il proprio parlamento nazionale.

Il pareggio di bilancio diventa una «regola d’oro»
Il pareggio di bilancio diventa una «regola d’oro» per i 25 paesi della Ue che accettando il nuovo Patto hanno accettato di inserire l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si sono impegnati a fare scattare sanzioni ‘semi-automatichè in caso di violazione. I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnati inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l’anno, tenendo però conto -come chiesto dall’Italia – dei fattori attenuanti già previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica.

Accordo politico sul nuovo salva-stati permanente
I leader riuniti a Bruxelles – paralizzata dalla prima neve e da uno sciopero generale contro l’austerità – hanno anche dato il via libera alla creazione del fondo salva-stati permanente Esm, che dal primo luglio sostituirà quello provvisorio Efsf, rinviando però al vertice del primo di marzo la decisione sulle risorse (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi).

Grecia convitata di pietra
La difficoltà della Grecia a raggiungere un accordo con i creditori privati e le polemiche suscitate dal documento tedesco che chiede un commissariamento di fatto di Atene, sono stati i convitati di pietra: la questione è stata discussa «informalmente» a cena, dopo voci non conferemate che si sono rincorse per tutto il pomeriggio su un nuovo summit dell’Eurogruppo l’8 febbraio interamente dedicato al caso greco.
Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha detto che ci sono “buone speranze” che un accordo sulla ristrutturazione del debito della Grecia possa essere raggiunto entro qualche giorno e che “una tutela” del budget di Atene è fuori questione.
A ricordare che non c’è solo la strada dell’austerità, ci hanno pensato i sindacati belgi che hanno presentato simbolicamente il primo eurobond ai capi di Stato e di governo. Mentre il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, ha reiterato la richiesta di Strasburgo di introdurre subito una Tobin tax sulle transazioni finanziarie.

Draghi, l’accordo rafforza la fiducia nella zona euro
La Bce «accoglie con favore l’adozione del trattato fiscal compact che rappresenta un primo passo verso un’unione fiscale e che certamente rafforzerà la fiducia nella zona dell’euro» e anche «l’applicazione del Fondo Esm entro luglio». Così il presidente della Bce Mario Draghi al termine del Vertice Ue

Monti: vertice fruttuoso, Italia soddisfatta
Un vertice «fruttuoso che ha concluso una pagina importante della storia europea con il trattato sul fiscal compact» e ha aperto una pagina altrettanto importante su crescita e occupazione». Lo ha detto Mario Monti al termine del Consiglio Ue di Bruxelles. Il premier ha sottolineaot inoltre che la conclusione del vertice «è sulla linea che il Parlamento e il governo italiano auspicavano e cioè che non ci sono ulteriori appesantimenti o aggravi sul fronte del rigore per quanto concerne il debito».

 

da “il manifesto”

Euronervi a fior di pelle
Anna Maria Merlo PARIGI

Il Consiglio mette mano all’ultima stesura del trattato della discordia, che impone la disciplina di ferro sui bilanci pretesa dalla Germania. Repubblica ceca e Polonia minacciano di non ratificarlo

PARIGI
Nella lettera di invito che il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha inviato ai 27 capi di stato e di governo per il vertice informale di ieri pomeriggio a Bruxelles la situazione doveva tornare a una relativa normalità nell’Europa sempre saldamente ancorata all’ortodossia neoliberista: dopo l’austerità, nell’agenda del summit c’erano la riforma del mercato del lavoro e l’occupazione giovanile, con il corollario della flessibilizzazione del mercato del lavoro.
L’allarme occupazione è difatti enorme e se ne sono accorti anche nelle varie capitali: in Europa la disoccupazione è complessivamente al 9,8%, una cifra storica, ma per i giovani siamo a una media del 22%, con 15 paesi al di sopra di questa percentuale (tra cui la Francia) e otto paesi, (Italia, assieme a Spagna, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Portogallo e Slovacchia), che superano il 30% (il record è spagnolo, con il 45%). E la recessione minaccia l’Europa. Van Rompuy voleva discutere della destinazione di 82 miliardi di euro che sono nelle casse, pronti per gli aiuti regionali e per la piccola e media impresa, che negli ultimi dieci anni ha creato nella Ue l’85% dei nuovi posti di lavoro.
I governi che, stando alle affermazioni di Sarkozy, pensavano che «con prudenza, si può dire che gli elementi di una stabilità finanziaria siano posti», sono stati accolti dallo sciopero generale del Belgio, una mobilitazione che non si vedeva da vent’anni. E la crisi greca ha messo fuoco alle polveri. La Grecia non è arrivata a Bruxelles con in mano l’accordo con la lobby delle banche private, come invece era stato previsto (e sperato). Anche se pare che l’accordo, a piccoli passi, si avvicini, con le banche che dovrebbero accettare oltre a un pesante hair cut superiore al 50% anche dei tassi inferiori al 4% per le nuove obbligazioni che sostituiranno i vecchi crediti svalutati.
Ma i nervi sono a fior di pelle, su un fronte e sull’altro. Atene non riesce a rispettare gli impegni presi e già si profila un aumento del secondo piano di aiuti della Ue e dell’Fmi, che da 130 miliardi dovrebbe salire a 145. Ma Germania e Francia in testa non vogliono sentir parlare di sborsare nuovi soldi. In ogni caso, il varo del secondo piano è sospeso all’accordo con le banche private. Ma senza aiuti, la Grecia non potrà rimborsare i 14,5 miliardi di debiti che arrivano a scadenza il 20 marzo e lo spettro del default si avvicina se non verrà trovato un accordo entro l’eco-fin del 13 febbraio. Forse un vertice sulla Grecia si terrà l’8 febbraio.
In questo contesto, sabato è arrivata la proposta-bomba della Germania (appoggiata da Olanda e Svezia): mettere chiaramente sotto tutela Atene, intensificando la sorveglianza, al punto di nominare un commissario con l’incarico di vegliare sul bilancio greco, con poteri di veto per imporre la purga messa a punto a Bruxelles (diminuzione dei salari, tagli alla sanità e ai servizi pubblici, maggiore flessibilità del lavoro). Il governo greco ha reagito con forza: «Chiunque ponga a un popolo il dilemma tra aiuto finanziario e dignità nazionale ignora gli insegnamenti storici fondamentali», ha affermato il ministro delle finanze, Evangelos Venizelos. La proposta tedesca è stata criticata da molti partner. «Inaccettabile» per il premier lussemburghese e capo dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. «Non molto sana», per il ministro degli esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, che suggerisce a Berlino di «fare attenzione a non ferire più del necessario». Per il cancelliere austriaco Werner Faymann «nessuno in politica ha bisogno di essere offensivo». Di fronte a queste reazioni, la Germania ha fatto un mezzo passo indietro: si tratta solo di «una riflessione generale» per «vedere cosa è possibile fare quando un programma di riforme continua a slittare», spiegano i portavoce del governo Merkel. Preoccupazione anche per il Portogallo, in piena recessione, che potrebbe aver bisogno di un nuovo aiuto nel 2013 per evitare il default, mentre i tassi sono saliti al 14%. Mario Monti, invece, continua ricevere felicitazioni. Oggi ritirerà a Parigi, all’Assemblea nazionale, il premio di «Politico europeo del 2011».
Il Consiglio informale ha messo mano all’ultima stesura del nuovo trattato definito «inutile» dal nuovo presidente dell’europarlamento e rifiutato dalla Gran Bretagna, il socialdemocratico Marin Schultz, il super-Maastricht che incide nel marmo la “regola aurea” della disciplina di ferro dei bilanci: deficit strutturale massimo dello 0,5% del pil (contro il 3% del deficit congiunturale di Maastricht), con multe semiautomatiche per chi deroga (0,1% del pil), che la Germania vorrebbe estendere dal deficit al debito eccessivo (Francia e Italia sono i principali oppositori). La Polonia, con la Repubblica ceca, minaccia di non ratificare il nuovo trattato, se i paesi non-euro non verranno invitati ai due vertici annuali dell’eurozona. Ma chi non ratifica non potrà ricevere aiuti dalla Ue. Il Fondo monetario preme perché l’Europa aumenti la forza del firewall (parafiamme) Mes, che entrerà in vigore a metà anno ed è dotato, per ora, di 500 miliardi. Ma la Germania non ne vuole sapere. Una decisione verrà presa al Consiglio europeo di marzo. Sul tappeto c’è l’idea di un consolidamento dei bilanci «intelligenti», che significherebbe non imporre tagli alla cieca, evitare di colpire gli investimenti per l’avvenire, come la scuola, la ricerca, le energie rinnovabili. Schultz ha insistito sull’opportunità della tassa sulle transazioni finanziarie, difesa anche dalla Francia.

 

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